Numero 9 del 2008
Stampa: libertà vigilata
Testi pagina 8
Ai tempi del mitico '68 uscì negli Sta-ti Uniti un libro sulla scuola ameri-
cana intitolato "Su per la discesa": mi è
sempre rimasto in mente come metafora
politica, vista l'esperienza costantemen-
te pagata a quell'ottimismo della volon-
tà che ci fa credere meno faticoso del
reale il prezzo di andare contro corren-
te. Esperienza così prevalentemente fem-
minile da far pensare che la quotidiani-
tà ci faccia sempre e solo pedalare in sa-
lita. Esempio? Hillary Clinton: soprat-
tutto le ragazze debbono tenerla presen-
te per la (loro) storia. La chiamiamo
"Clinton", come se non si chiamasse
Rodham. Le "mogli" in carriera ritengo-
no che sia una furbata fare le coniugate
dell'uomo importante e anche Hillary ha
scommesso sul consenso di cui godeva
Bill. La cosa era discutibile: il Presiden-
te, che è pur stato il miglior statista del-
la recente storia americana, non solo ha
pagato cara la debolezza di aver menti-
to in tribunale, ma ha lasciato nell'opi-
nione pubblica, in particolare femmini-
le, la sgradevole memoria di un com-
portamento miserando e dell'umiliante
indulgenza a cui costrinse la moglie.
Decisa a correre in proprio, Hillary fu
connivente con lo staff del partito e si
avvalse dell'assidua presenza dell'illu-
stre consorte nella campagna elettorale.
E' vero che il sostegno maritale va bene
per le americane che fanno le torte, so-
stengono le opere caritative della par-
rocchia e seguono le telenovelas (e vo-
tano repubblicano); ma attraverso le
democratiche era possibile dare a tutte
le americane l'orgoglio di poter, final-
mente, governare. Non era prevista la
sfida genere/razza, per giunta compren-
siva di quella generazionale: e così con
la moglie sessantenne del presidente
bianco le donne si sono fatte sconfigge-
re da un giovane Obama nero, a pre-
scindere dai contenuti dei programmi,
all'interno dei quali il popolo nero
avrebbe trovato di che guadagnare più
con lady Rodham che con il leader po-
pulista di colore.
Continueremo, dunque, ad essere tut-
te delle "vice" e a fare la seconda parte
nella coppia universale simbolica, sen-
za aver neppure esercitato pressioni a
favore del nostro genere e di una mai
realizzata parità. Di fatto negli Usa ab-
biamo confermato il modello unico e il
ruolo femminile si è fatto di nuovo in-
castrare da quello di moglie.
Su per la discesa...
Al ritorno dalle ferie toccherà anche
a noi sperimentarci. In Italia va ancora
peggio, visto che non siamo certo esal-
tate nelle prestazioni istituzionali. Le ve-
line non saranno ontologicamente ripro-
vevoli, ma costituiscono un ruolo fem-
minile non proprio degno di essere "rap-
presentativo" in un Parlamento. Neppu-
re ai tempi di "Cicciolina" (per chi se ne
ricorda) ci trovavamo a così basso li-
vello, perché la Staller era stata eletta,
sia pur da gente antipolitica che voleva
irridere l'istituzione. E neppure ai tempi
della Pivetti, che cercò di recitare una
parte quasi edificante su uno scenario
che non prevedevamo dovesse ospitare
farse e tragedie.
Purtroppo dietro ogni questione d'im-
magine è in gioco la sostanza. Una so-
stanza fatta di penalizzazioni che toc-
cano e toccheranno soprattutto gli inte-
ressi delle donne che da sempre definia-
mo non corporativi, ma, al contrario,
fonte di vantaggi sociali comuni. Sareb-
be grave, proprio nel corso di una crisi
che già ora - e ancor più nel prossimo
inverno - è destinata a colpire duramen-
te, perdere una risorsa (così ci chiama-
no con terminologia ipocrita) utile per
guidare con minor danno le trasforma-
zioni. Saranno in gioco in primo luogo
lavoro e famiglia.
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu
ha votato all'unanimità nel giugno scor-
so la condanna dello stupro come "tatti-
ca di guerra". La dichiarazione è impor-
tante, anche se le Nazioni unite hanno
appena scoperto le dimensioni "inespli-
cabili" delle violenze "degli ultimi con-
flitti" (che per la nostra conoscenza del-
la storia sono pratica secolare).
Comunque, si tratta di un riconosci-
mento importante. Tuttavia, se lo stupro
diventa atto e crimine di guerra, il rico-
noscimento non significa sicurezza per
le donne perché la guerra è più vasta e
investe la famiglia.
Il governo italiano indica nell'immi-
grazione "la" causa dell'insicurezza di
vita attuale e produce paura indotta.
L'immigrazione, infatti, fa parte del
quadro, ma sono le società "del benesse-
re" che hanno investito nel denaro e nel
successo e, nel momento dell'impoveri-
mento, reagiscono con la regressione
nella violenza, sempre latente nella sto-
ria e costante soprattutto nell'istituzio-
ne famigliare a danno di donne, anzia-
ni e minori. Le donne vengono picchiate,
violentate e uccise da mariti, compagni
e amici e nessuna autorità li colpevoliz-
za e prende loro le impronte digitali pre-
ventivamente.
Ma "la famiglia" è oggetto di rinno-
vata attenzione: tutti chiedono aiuti per
settembre 2008 noidonne8
Resistere, resistere, resistere
Su per la discesa
Giancarla Codrignani