Numero 3 del 2008
Otto marzo da 100 anni: 1908 - 2008
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I secoli passano. Per definizione. Laconstatazione postuma delle scadenze
secolari serve a misurare i percorsi. Che
non sono mai lineari, mai facili, mai al-
l'altezza non solo delle aspettative di un
tempo (o di oggi) - anche perché spesso
le donne non si aspettano niente - ma
anche delle fatiche e dei dolori.
Le cronache dei media hanno parla-
to, attualmente, anche se poco e male,
delle traversie post-elettorali e della vio-
lenza in Congo. Sul portale internet Cor-
responsal de Medio Oriente e Africa -
tradotto su Adista del 22 dicembre con
il titolo Cronache dall'inferno - trovia-
mo informazioni sulla condizione delle
donne congolesi.
Secondo le Nazioni Unite solo nel
Sud Kivu si sono registrate nell'ultimo
anno non meno di 26.000 violenze ses-
suali e il vicesegretario per gli affari
umanitari afferma che "la violenza ses-
suale nel Congo è la peggiore del mon-
do: per quantità, brutalità indiscrimi-
nata e cultura dell'impunità risulta de-
vastante".
Il ginecologo Denis Mukwege confes-
sa che "non ce la fa più ad ascoltare le
storie delle sue pazienti. Ogni giorno
dieci donne e bambine violentate arri-
vano al suo ospedale: molte hanno sof-
ferto violenze così selvagge, anche con
baionette e bastoni, che i loro apparati
riproduttivi e digestivi nonpossono esse-
re salvati. I letti sono pieni di donne che
devono coricarsi supine a motivo delle
sacche intestinali che sono state loro
applicate per i danni interni subiti. Al-
cune delle bambine dalle viscere distrut-
te sono così giovani che non capiscono
che cosa sia loro successo".
C'è guerra e crisi politica ed etnica,
ma il paese non è selvaggio: ha ospeda-
li modesti, ma attrezzati, ci sono le uni-
versità che preparano i medici, ci sono i
cooperanti internazionali, c'è perfino
meno povertà che in altre regioni, ma
ribelli e miliziani imperversano. Può
darsi che abbiano subito alterazioni
della personalità dopo le violenze del
Rwanda; comunque la pazzia o l'odio
etnico o politico si sfogano sul corpo
delle donne in forme crudeli che "vanno
oltre il conflitto".
Ci ricordiamo del Kosovo, quando
per la prima volta le donne hanno de-
nunciato le pratiche sessuali di guerra
riservate al genere femminile.
In Uganda, come in molti altri paesi
africani, imperversa l'aids: ci sono ra-
gazze violentate da familiari o da estra-
nei che le hanno rese sieropositive, altre
che vengono sposate bambine a uomini
infetti che le lasciano vedove con figli
contagiati, altre che, contagiate dal ma-
rito, si ritrovano sole con i loro bambini
perché l'irresponsabile se ne è andato.
La società, che conosce la minaccia del
male, conserva il pregiudizio che colpe-
volizza sempre le donne: le famiglie le
scacciano come disonorate e disonoran-
ti. Maria G. Di Rienzo ("la nonviolenza
in cammino" n.1368) ci racconta del
"Mama Club", un gruppo femminile
ugandese, che offre sostegno psicologico
e sociale a madri e incinte sieropositive.
Due volte al mese, le donne si incontra-
no, discutono anche di come guadagna-
re qualche soldo, ma imparano di aver
bisogno di antiretrovirali, a non allatta-
re i loro piccoli per non trasmettere loro
il virus e, soprattutto, si ricordano l'un
l'altra che non sono sole.
"L'idea principale era di un forum, in
cui si potesse parlare di queste situazio-
ni", dice Lydia Mungherera una medica
che lavorava in clinica durante gli anni
'90 e con piccole donazioni private fon-
dò il gruppo, per battere l'ignoranza e il
pregiudizio. In Uganda - e ovunque -
molte donne, quando sono incinte e
vanno in ospedale per il test, se risulta-
no positive, ricevono il consiglio di non
avere altri figli e di usare il preservativo.
"E' più presto detto che fatto", notano
al Mama Club. "Nel nostro paese, una
donna non ha il diritto di dire no al ses-
so o all'avere bambini", "L'uomo è quel-
lo che conta. Se vuole fare sesso, protet-
to o no, è una decisione solo sua". La
discriminazione viene anche dai lavora-
tori della sanità: infermiere ed ostetriche
al reparto maternità del Mulago Hospi-
tal, la clinica pubblica più grande di
Kampala, hanno insultato le pazienti
dopo aver saputo che erano sieropositi-
ve ed hanno negato loro le cure.
Un gruppo di avvocate ugandesi ha
tenuto incontri con le donne per infor-
marle sui loro diritti legali rispetto alle
proprietà matrimoniali ed al trattamen-
to medico negli ospedali pubblici. Perfi-
no in Uganda il direttore sanitario di
Taso, ha tenuto una conferenza pubbli-
ca sulla necessità che gli uomini siero-
positivi siano più collaborativi con le
loro partner, ed ha lanciato l'idea di un
"Tata Club" di padri. Con quale risulta-
to non si sa (www.tasouganda.org).
In Italia, i risultati delle inchieste di
governo hanno accertato che ogni due
marzo 2008 noidonne8
Giancarla Codrignani
Non sono rose né mimose
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