Numero 5 del 2010
Non solo madri
Testi pagina 8
maggio 2010 noidonne8
In Italia, a differenza che in Francia,non viene posta la questione del velo,
piuttosto si solleva il diritto di indossa-
re il burka, che rende irriconoscibile la
persona. Ma se volessimo affrontare se-
riamente (lo vogliamo?) le problemati-
che della società multiculturale, forse
dovremmo anche interrogarci sulla con-
dizione delle donne immigrate all'inter-
no della comunità di appartenenza, a
cominciare da quelle che vivono in una
famiglia poligama, dalle mogli bambi-
ne, ultimo caso quello della quattordi-
cenne Amina: comprata, violentata, se-
gregata, schiavizzata. Poi ci sarebbe il
caso, in Francia, dello sposo marocchi-
no il quale, avendo scoperto che la mo-
glie non era vergine, ha chiesto il divor-
zio, così come è previsto dalla legge is-
lamica, la sharia. E allora quale linea
guida adottare, quale principio valoria-
le mettere a fondamento di una politica
dell'accoglienza che cerchi di dare una
soluzione equa a questioni che nascono
da posizioni di partenza inconciliabili?
Nel Regno Unito lo stesso Lord Phills, il
giudice più alto d'Inghilterra, ha dichia-
rato recentemente che la sharia "può
avere un ruolo nel sistema giudiziario
britannico". In effetti il Regno Unito ha
adottato da tempo un multiculturali-
smo inclusivo che
prevede per i resi-
denti provenienti
dai paesi del Com-
monwealth il dirit-
to di voto, l'assi-
stenza sanitaria, la
previdenza sociale,
la scuola. La politi-
ca di ospitalità e ri-
spetto verso la di-
versità culturale ha
arricchito la socie-
tà britannica, ne
ha fatto un mondo
di straordinaria vi-
talità, e tuttavia
non ha evitato la
formazione di co-
munità chiuse nella
difesa del loro stile
di vita tradiziona-
le. Così che, accan-
to a varie e interes-
santi forme di cultura ibrida e meticcia,
vedi il mondo musicale e dell'arte, la so-
cietà si è frammentata in diverse comu-
nità, fortemente omogenee al loro inter-
no dal momento che il singolo non gode
di una condizione di piena autonomia
nella costruzione della propria identità.
Questo perché si parte dal presupposto
che l'appartenenza alla comunità sia
una specie di estensione dell'io, che l'i-
dentità di un individuo appartenga alla
comunità in cui nasce, e dunque venga
a dipendere in primo luogo dall'etnia e
dalla religione. E accade così che nel Re-
gno Unito le scuole religiose per bambi-
ni musulmani induisti e sik, siano il pri-
mo passo verso una società disarticola-
ta dove la giusta preoccupazione di ri-
spettare le culture tradizionali non fa-
vorisce l'integrazione "collocando i
bambini nell'ambito di affiliazioni uni-
che ben prima che arrivino ad avere la
capacità di scelte razionali riguardo ai
diversi sistemi di identificazione"
(Amartya Sen). Da qualche anno infat-
ti anche in Occidente ci si riferisce alla
religione come espressione di una diffe-
renza culturale che andrebbe salvaguar-
data anche a costo della violazione dei
diritti umani fondamentali sanciti dalle
convenzioni internazionali, a comincia-
re dai diritti delle donne. Anche perché
un malinteso multiculturalismo, trascu-
rando il nesso cultura-genere, ha sotto-
valutato quanto gravano le norme so-
ciali comunitarie sulla vita personale,
sessuale, riproduttiva della donna, sot-
tomessa a regole culturali che frequente-
mente impongono pratiche violente:
mutilazioni sessuali, reclusione negli
spazi domestici, codici di famiglia op-
pressivi e così via.
Concludendo: nell'urgenza di pro-
durre discorsi contrastanti il montante
razzismo, si è finito talora con lo sposa-
re visioni totalmente acritiche nei con-
fronti di aspetti deplorevoli presenti
presso alcune comunità, anche perché
spesso gli immigrati, nello smarrimento
identitario, si aggrappano alla tradizio-
ne nativa per trovare un ancoraggio,
per superare il senso di vuoto e di ir-
realtà; e così può accadere che nelle nic-
chie comunitarie venga riproposto un
costume consuetudinario che in patria
sta ormai tramontando (vedi la poliga-
mia in Marocco). Ma il rispetto delle
tradizioni culturali non autoctone non
deve assecondare le pretese di autorita-
rismi politici e religiosi che si arrogano
il diritto di parlare a nome di un gruppo
sociale compatto, quando invece all'in-
terno di ogni cultura, per quanto coesa
e omogenea, non mancano opposizioni
e resistenze. Non
solo: se è fonda-
mentale che la co-
munità non
schiacci l'indivi-
duo, è altrettanto
fondamentale che
la comunità, la-
sciando gli indivi-
dui liberi di espri-
mersi, di fare espe-
rienze, di evolversi,
non si chiuda in sé
stessa ma manten-
ga un guscio poro-
so attraverso cui
avere uno scambio
con l'esterno: solo
così potremo avere
quel miscuglio di
voci, di culture, da
cui può nascere
una lenta faticosa
fusione di mondi.
Il sessismo è uguale per tutti
Multiculturalità
Stefania Friggeri
il nesso cultura-genere è un termometro che misura il grado di
"fusione dei mondi" e la capacità di gruppi e individui a vivere
in equilibro tra meticciato, identità e differenze
foto E.R.