Numero 5 del 2009
La nuova Europa
Testi pagina 7
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rebbe ugualmente risolto? Lo so. Ma da-
temi intanto due aerei: e vedrete come si
schiarirebbe. E quale speranza nascereb-
be allora in milioni di poveri cuori che
non saranno soltanto quelli dei lebbro-
si…!". Ragionamenti da prete alla vigi-
lia di una Pasqua in mezzo ai terremo-
tati? Lasciamo perdere: a noi bastava
utilizzare le spese risparmiate unifican-
do la data del referendum al 7 giugno.
Ma il ragionamento più vero è un altro:
se si fanno i conti in momenti di trage-
dia nazionale, perché non incominciare
a ragionare sugli sprechi? Ma sul serio,
da casalinga che ha perduto la casa e
sa bene quali sono le priorità dei bisogni
umani. Ed è ragionare di vita quotidia-
na e di ruoli.
Quanto è accaduto dovrebbe ricon-
durci fuori dall'antipolitica e imporci un
ridimensionamento dei nostri desideri.
Non è così: la gente meno sprovveduta
non vuole essere individualista, ma ha
incominciato da tempo a usare - come
se fossero categoria del "politico" - le
espressioni che un tempo si sarebbero
dette qualunquiste del mi piace, non mi
piace. E anche del con queste posizioni
non vado a votare. Certamente le situa-
zioni in cui siamo immersi erano inim-
maginabili vent'anni fa; tuttavia si ha
la conferma vissuta che la storia non
serve a nulla. Anche in Parlamento l'a-
stensione dovrebbe essere un caso limite
formalmente identificabile perché scelte
già discusse e, quindi, definitive non
consentono altro che un voto favorevo-
le o contrario. La scelta dell'Aventino fu
nobile, ma non esemplare. Tuttavia og-
gi c'è una cultura ideologica del voto: se
si desse il caso di un ballottaggio tra
due personalità di destra con esclusione
della sinistra. Un caso-limite dell'asten-
sione, ma più politico il voto al candi-
dato, anche non "proprio", migliore: il fi-
ne è il bene della città, anche se "non mi
piace".
Tuttavia non possiamo votare contro
i terremoti. Oppure non è così vero che
dobbiamo solo subire, anche negli scon-
volgimenti naturali?
La nostra lenta evoluzione storica ci
consente ambiti sempre più ampi di pre-
venzione. La globalizzazione vieta l'i-
gnoranza, "naturale" anche pochi de-
cenni fa giustificava l'ignoranza di un
Giappone e dei suoi sommovimenti quo-
tidiani. Invece i costruttori italici non
solo non si aggiornano sulle tecniche
antisismiche, ma anzi pensano che il ce-
mento migliora se integrato con la sab-
bia: qui le difficoltà si fanno enormi, per
l'impossibilità dell'architetto che firma
progetti o del sindaco che assegna gli
appalti di farsi responsabili dei subap-
palti. E' cronica la carenza nel nostro
paese non solo di un sistema di control-
li e collaudi, ma anche della consape-
volezza della loro vitale (vedi il caso
Abruzzo) necessità. Per questo la scelta
di partecipare alle scelte dei candidati
amministratori è un dovere politico del-
l'elettorato, che, anche quando dice "mi
piace", non sa bene "per fare che cosa".
Se il terremoto distrugge gli edifici mo-
derni, gli amministratori debbono sen-
tirsi in colpa.
Anche nei soccorsi dovremmo essere
esperti: siamo il paese europeo che ha
avuto il numero più alto di terremoti de-
vastanti e, di conseguenza, il recupero
più "patriottico" della solidarietà socia-
le tragica. La "fierezza" di farcela da so-
li è un atteggiamento poco sensato.
Quando Berlusconi ha invitato gli altri
governi a non mandarci cibi e coperte,
ma a vendersi tali derrate casa loro per
mandarci i soldi, ha espresso la solita
cafonaggine; ma ha rivelato involonta-
riamente la necessità di riformare la co-
operazione con i paesi poveri scambian-
do il piano dell'assistenza con quello dei
diritti. Sono, infatti, sempre i ricchi ad
avvantaggiarsi, da un lato producendo
prodotti e vendendoli agli stati e agli en-
ti assistenziali, dall'altro lasciando ai
poveri il malfunzionamento della mac-
china produttiva e dei servizi. Ma il no-
stro Primo ministro ha ancora alimenta-
to consenso servile invitando ad andare
al mare "dove ci sono tanti alberghi bel-
li che aspettavano gli sfollati a spese
dello stato" (con gli albergatori dubbio-
si dei tempi del rimborso); mentre la
stampa estera pubblicava articoli feroci
sulla "vergogna" del nostro presidente.
Punti di vista. Ma anche altri terremoti
culturali.
le catastrofi naturali potrebbero essere pretesto per
ripensare le priorità della spesa pubblica, invece prevale la
retorica e il populismo. E anche questa volta...
Un antico romano... eccentrico
Amulio Vulso è scelto dal console Tito
Manlio Torquato per educare alla masco-
linità e alla guerra Marco, il più giovane
dei suoi figli, ragazzo dotato di fantasia,
animo sensibile e fondamentalmente uno
spirito libero estraneo alla disciplina ri-
chiesta dalla cultura del suo tempo. Mar-
co è tanto la disperazione del padre,
quanto la gioia della madre Vibia, che lo
considera "un frammento miracolosa-
mente recuperato della cerbiatta che era
stata prima di inoltrarsi in quella parte
della vita che così tanto l'aveva cambia-
ta". Il racconto di Ivana Zomparelli è am-
bientato nell'antica Roma repubblicana e
intreccia il conflitto coniugale e la ricerca
di autonomia di Vibia ad un incalzare de-
gli eventi che a tratti si tinge di giallo e in
cui i cavalli - simbolo di forza e libertà -
sono co-protagonisti e accompagnano l'evoluzione e la crescita interiore
delle varie vicende umane narrate. Fantasia e storia vera si mescolano in un
insieme gradevole che cattura l'attenzione e suscita l'urgenza di conoscere
l'epilogo. (La Storia strana di Marco e Amulio nell'antica Roma, ed Associa-
te, pagg 173, Euro 14,00)