Numero 1 del 2009
Verso un nuovo mondo?
Testi pagina 7
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guerra dell'Africa gli strazi si moltipli-
cano: in Congo, nel solo Kivu, ci sono
stati (e proseguono) oltre 26.000 stupri
e gli ospedali operano in continuazione
corpi straziati e bisognosi di ricostruire
le sacche intestinali. In Pakistan una ra-
gazza stuprata può essere condannata
a morte. In Arabia Saudita le violentate
ricevono anche 300 frustate. In Somalia
si pratica l'infibulazione. In Polonia i
parroci continuano a dire alle donne
che in confessione denunciano i mal-
trattamenti, le botte, le violenze dei ma-
riti che debbono sopportare per l'unità
della famiglia. In tutti i paesi poveri le
donne mangiano meno dei maschi e le
bambine sono più analfabete. In Italia
muoiono o diventano invalide nei can-
tieri o in casa, senza che nessuno ne fac-
cia menzione.
Eppure ovunque le donne cercano di
mettere in tavola la minestra.
Facciamo un po' di conti. Se più di
metà dell'umanità - le donne - subisco-
no rapporti di forza non istituiti dal lo-
ro genere e rimediano a caro prezzo i
danni operati da quel sistema che le ha
fatte estranee e subalterne, perché i po-
teri non dovrebbero - appunto nei tempi
di crisi - domandarsi come imparare da
quel potenziale positivo che sostiene le
nazioni perché dà da mangiare a tutte
le famiglie? Ormai tutte le diverse scuo-
le economiche dicono che sono necessa-
rie riforme e trasformazioni niente meno
del sistema. Signori politici, sarebbe mi-
ca il caso di cambiare di 180 gradi l'a-
nalisi? Partire dal pensiero femminile si-
gnificherebbe cambiare lo sguardo sul
mondo, rifare l'ottica del potere. Dovre-
mo ripensarci anche noi donne, spesso
ignare di essere così "diverse". Non si
tratta solo di liberazione del proprio ge-
nere dall'oppressione, ma di contributo
alla salvezza generale. Abbiamo un'e-
sperienza autonoma, che contiene ele-
menti di una forza uguale e contraria a
quella tradizionale. Mettere in tavola
ogni giorno la minestra è una grossa
metafora. Sarebbe interessante partire
da lì e rifare i conti dell'uguaglianza a
partire dalla differenza: fare morire di
fame e mandare a fare i soldati bambi-
ni che non abbiamo partorito noi, ma
altre mamme come noi oppure fare una
politica internazionale di cura? Nel bi-
lancio degli stati la cooperazione deve
venire prima o dopo la difesa? La pre-
venzione delle nascite indesiderate, l'u-
so dei contraccettivi, la scelta dell'inter-
ruzione volontaria della maternità sono
norme neutre dettate da governi e centri
religiosi oppure strumenti dell'autono-
mia femminile? Le soldate israeliane
non vogliono andare a distruggere le ca-
se dei palestinesi stanno bene in carcere
o interpretano al meglio i diritti di citta-
dinanza?
"non avevamo ancora finito di temere la Cina e l'India per il
loro peso nell'economia internazionale e siamo a domandarci
che cosa succederà se falliscono anche loro. E l'Africa?
Sarà più brava di noi o si trasferirà ancor di più al nord?"
Io non so perché noi donne quando parliamo della nostra vita affannata non sentiamo tutta l'impor-
tanza e il valore di avere qualcosa di speciale. E' come se per alcune di noi fosse una maledizione sa-
crosanta, quella di accorgersi di giorno in giorno che siamo solo noi ad essere capaci di "posto" per l'al-
tro. Uscendo dagli stereotipi che ancora ci condizionano e che ci hanno accompagnato sin qui, se so-
lo fossimo consapevoli di quanto l'uomo abbia bisogno di noi, guadagneremmo in rispetto di noi stes-
se e in benevolenza nei confronti della nostra vita. Nulla più della politica che è fatta di relazione e a
lungo andare non di solo potere, abbisogna del femminile perché la donna "contiene", sa rispondere alla vita e quindi ai problemi. Per-
chè per natura è responsabile. L'uomo è in genere più distratto da se stesso. La donna attrae, non si distrae. Simon Weil affermava
che la donna nella propria solitudine fa crescere la sua attenzione per l'altro. Ed è di questo che ogni essere umano sente sempre più
il bisogno. Non si ama qualcuno perché è bravo, o buono, o simpatico, o generoso e neppure necessariamente perché è bello ma per-
ché è lui. Questo è il sentire l'altro: noi potremmo dire il suo esserci. Semplicemente. In quanto studente, lavoratore, giovane preca-
rio, anziano depresso, compagna violentata.
Questa politica così lontana dall'ascolto dei cittadini è figlia della psiche maschile tutta fragilità e orgoglio fine se stessa. La creativi-
tà della donna invece è il connubio tra immediatezza e mediazione, tra attimo e durata nel tempo, tra forma pura e forma ragionata.
In questo senso la donna è luogo, ambito, involucro, contenitore dello stesso avvenire della relazione. La donna in quanto involucro
non è mai chiusa in se stessa. Il suo luogo non è mai recintato. Nella relazione con l'altro, con la vita o con il prossimo noi donne
sappiamo dare aria alle nostre stanze. Sappiamo far muovere l'altro all'interno di un vitale allontanamento. Noi donne conteniamo
perché abbiamo innati pensieri di attesa. Ecco perché il futuro appartiene a noi, non contro l'uomo ma insieme all'uomo riconoscen-
dosi reciprocamente bisognosi e mancanti di qualcosa che altrimenti non si riesce a realizzare. Anche questo credo faccia parte del
nuovo messaggio di Obama che incarna davvero un nuovo modo di sentire. Al di là del pregiudizio, dell'arcano, dell'insperato.
Donna colei che sa contenere