Numero 6 del 2010
Spot! Pubblicità & dignità
Testi pagina 7
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vrebbero, da entrambe le parti, coniu-
gare tempi di lavoro e tempi di vita, bi-
sogno di lavoro a tempo pieno e deside-
rio di pagarsi ore ridotte, diritti di ma-
ternità e diritti di paternità. "Se una
donna decide che le va bene il part time,
che è disposta a rinunciare a una parte
del reddito, perché non attenersi a que-
sto dato?...
Nella pubblica amministrazione si
potrebbe già oggi fare molto: forse che
una persone che fa 30 ore anziché 36
non riesce a coordinare un ufficio?". An-
che i congedi parentali avrebbero biso-
gno di attenzione: in Italia vengono pa-
gati meno che in altri paesi perché da
noi non sono, anche nella denominazio-
ne, veri "congedi di paternità" a fianco
dei "normali" congedi di maternità. I
quali ultimi sono un diritto sempre più
a rischio: "su un totale di forza lavoro
femminile con età inferiore ai 40 anni,
un terzo, se decide di avere un figlio,
non accede alla maternità con tutti i di-
ritti, perché i loro contratti non lo pre-
vedono. E questa percentuale, per le
donne minori di trent'anni, è pari quasi
al 50%".
Comprendiamo davvero che siamo
nel pieno di una fase di transizione, an-
che se non capiamo molto del modello
che avanza. Tuttavia, intanto, sarebbe
bene evitare di andare indietro: "le vec-
chie tutele non reggono più e non ce ne
sono di nuove". Intanto cresce la preoc-
cupazione sul grado di tenuta delle
donne, soprattutto giovani, che, in
quanto donne e in quanto lavoratrici, si
ritrovano sole, anche se molte non se ne
accorgono neppure. "Parliamo di giova-
ni donne che hanno studiato, che sono
brave nel loro lavoro, che quando resta-
no incinte non pensano affatto di la-
sciare il loro posto. In un certo senso è
come se questa nuova generazione pro-
ponesse un altro modello, quello di sa-
nare la cesura tra la responsabilità e il
desiderio di esserci e trasformare il mon-
do, e la voglia e la responsabilità di
prendersene cura".
Se fosse vero, bisognerebbe cercare di
snidare le precarie, le "partite iva" e tut-
te le marginali. Nella solitudine (che
non percepiscono), sono loro, forse,
quelle che possono farci (e farsi) venire
idee su come sarà, sperando che ci sia,
il futuro. Ma intanto loro, che se ne ac-
corgano o no, sono a rischio.
P.S. Non c'entra nulla con il proble-
ma della compatibilità lavorativa delle
giovani mamme, ma sullo stesso nume-
ro della rivista trovo un'altra intervista
interessante, a Sara Manzoni, una fem-
minista cattolica che è un vero piacere
conoscere. È una che si è scandalizzata
del rito matrimoniale preconciliare in
cui la moglie promette sottomissione al
marito e, quando si è sposata, ha modi-
ficato tutto quello che riteneva maschi-
lista. Suo marito vorrebbe essere ordina-
to "diacono": occorre il consenso forma-
le della moglie, che lei gli negherà per-
ché l'estraneità della donna dallo stesso
rituale rende la professione di fede "una
cosa che ci separa". Sempre lei ha ri-
mandato al mittente un contratto di as-
sunzione particolarmente appetibile di-
cendo che non lo firmava se non glielo
riscrivevano "al femminile". Glielo han-
no riscritto...
le nuove generazioni, che ne siano consapevoli o no,
sono a rischio. E sono molto più sole di quanto non credano
Storia di una giornata trascorsa a Piazza Affari, in Borsa Italiana. I commenti degli astanti pas-
sato lo stress dell'imminente lancio di quotazione, sono per le poche, asciutte donne in tail-
leur nero che voleggiano imperturbabili tra listini e comunicati. Le uniche due ad attrarre l'at-
tenzione di due illustri uomini d'affari sono due donne segaligne, dall'aspetto puntuto e arci-
gno, rossetto ostentato e sigaretta tra le labbra che incrociano le gambe ossute e nervose. Non
so chi siano ma è certo che "hanno le palle" come dice uno di loro. Quella di sinistra, accenna
l'energumeno, è un vero uomo. Denaro, guerra, caccia agli investitori sono affari maschili. Una
sconcertante logica addita l'affinità nella prevalenza maschile, al punto di ignorare la differenza nella condizione femmini-
le. Differenza enorme, come quella che separa una donna manager italiana o americana da una donna afgana o saudita:
donne prigioniere, che non possono decidere di sé, della propria stessa visibilità, e donne libere di disporre di sé, cioè del
proprio corpo e della propria gonna. Ma è l'Iran - temo - il vero banco di prova del rapporto fra islam e modernità. Il regi-
me degli ayatollah ha riportato il paese indietro di secoli, ha rinnegato la sua storia e ha rimesso sottochiave le sue don-
ne: donne libere di cultura, viaggi, abiti metropolitani, come a Teheran, o di tradizione popolare, come fra qashqai e altre
genti di villaggi che non avevano mai conosciuto l'impaccio del chador. Oggi le donne iraniane hanno trasformato via via
la separatezza loro imposta in separatismo coltivato e orgoglioso. Nei loro mondi a parte, si sono guadagnate l'istruzione,
giornali fatti da loro per loro, responsabilità politiche delegate, partite di calcio giocate da donne per un pubblico di sole
donne: e intanto rosicchiavano lo spazio dei bastonatori. Non ho visto un film che consiglierei a tutti: Kandahar. Ho visto
però il viso della Niloufar sua protagonista e ho sentito anche lei abbinare Bush e Bin Laden "ambedue fascisti". Mi ha col-
pito che si racconti una storia di sorelle: Antigone che sempre ritorna. Fra le sue mille letture, Antigone può confermare
l'idea della contesa tra uomini, e della pietosa estraneità femminile. Ma qui non è questione di fratelli fratricidi e insepol-
ti. Qui c'è un'Antigone scampata in Canada e un'Ismene prigioniera a Kabul. No?
Lettera alle donne invisibili