Numero 6 del 2015
Cibo ribelle - Speciale donne arabe
Testi pagina 7
5Giugno 2015
non verranno riconosciuti né l’apparte-
nenza alla lotta di Liberazione né i gra-
di e a chi chiede spiegazione il compa-
gno dell’Anpi risponde «ma tu sei solo
una donna!». «I gradi li ho voluti per
giustizia, ma non ho preso né le 9.000
lire che davano né, dopo, le 70mila» e
anche Vittoria, che aveva ospitato gli
inglesi, rifiuta l’assegno e dice alle au-
torità britanniche che la decorano, che
conosceva gli inglesi per i bombarda-
menti, ma ha rischiato la vita per loro
per far capire che l’Italia antifascista
era “la vera Italia”.
Arrigo Boldrini, esperto militare, ritene-
va che, essendo il rapporto tra combat-
tenti e addetti ai servizi di 1 a 7 (e nella
guerra partigiana da 1 a 15), il numero
ufficiale delle donne partigiane fosse
fortemente deficitario. D’altra parte la
scelta di tante donne non è di diventare
soldate: la guerra è orribile, la si fa per
porvi fine, ma è gratis. Dopo si lavora
per la pace: «quando abbiamo parlato
dal balcone del municipio avevo detto:
Quello che è stato è stato. Dobbiamo
ricostruire insieme e perdonare» (Lu-
cia). È un’altra idea del vincere.
Dopo, le partigiane riconosceranno che
«allora le donne non hanno saputo farsi
valere, prendendo magari posti chiave
nell’organizzazione» (Laura). Perché
loro sarebbero «formidabili». I com-
pagni non portano la moglie ai dibattiti
perché “tanto non capisce”: «Non capi-
sce niente perché a te fa comodo che
non capisca» (Vittoria). Eppure, anche
se “nei rapporti all’interno della famiglia
c’è ancora una mentalità vecchia….«la
donna è riuscita a scoprire se stessa,
la forza che ha» (Cecilia). Trottolina,
diciotto anni, era la sola donna del di-
staccamento maschile e aveva «ac-
cettato tranquillamente che dicessero
che facevo la puttana. Ma non ho mai
fatto un peccato perché la morte pote-
va venire da un momento all’altro e non
avrei potuto confessarmi e non andare
all’inferno… i commissari politici veniva-
no a indottrinarci (uso la parola brutta,
cattiva), avevano studiato e parlavano,
parlavano…ci facevano venire un po’ di
barba… Adesso quando parlo con una
persona dico “se quella viene con me,
mi dico, costruiremo un mondo miglio-
re”. Purtroppo c’è molto da fare anche
all’interno del Pci per emancipare i no-
stri maschi…. anche noi femmine ab-
biamo un po’ dentro il male del padrone,
ma i maschi ce l’hanno proprio, legato al
fatto di forza». A Trottolina si aggiunge
Matilde: «sono stata per un po’ segre-
taria di zona e di sezione e mi sentivo
dire “una donna non deve figurare…
(cioè) devi esserci, devi lavorare, ma
abbia pazienza, capisci com’è il mon-
do… Io imperterrita, ho continuato, e il
resto cosa importa? Speranze realizzate
dopo la Liberazione? realizzate in pieno,
no». Anzi, «niente: andavamo bene solo
per rischiare la vita» (Lucia).
Non erano donne eccezionali. Era la
ragazza sposata dai genitori perché lui
“tiene un’azienda”, mentre in realtà era
lo scansafatiche violento e ubriacone
che la famiglia voleva scaricare ad una
sposina a cui il marito avrebbe fatto “an-
che fisicamente orrore”. Era la piccola
borghese che in collegio sentiva la suo-
ra inveire contro Mussolini (“cretino, cre-
tino”) ascoltando la radio. Era l’ostetrica
“la sola donna pubblicamente scomuni-
cata in provincia di Cuneo”. Donne fiere
e felici di quello che facevano, consa-
pevoli di contribuire al bene della socie-
tà intera che non doveva mai più finire
nelle dittature che portano sempre alle
guerre. Ad alcune il marito non ha poi
permesso di fare politica e sono piene
di rimpianto per il passato. Come dice
Anna Bravo, hanno agito con la “logica
del dono”, con un’idea del rapporto con
l’uomo fondato su scambio, reciprocità,
progettazione comune e magari con un
po’ del disprezzo femminile per l’infanti-
lismo e la vanità maschile che rende vul-
nerabili le donne davanti al potere. Se
fossero state “compagne” anche dopo
la Liberazione avrebbero messo corpi e
cuori nelle istituzioni organizzando “una
quotidianità dove ci sia posto per la po-
litica e una politica che non devasti la
quotidianità”.
Solo che a “loro ha fatto comodo” che
le donne non avessero rappresentan-
za del loro diritti diversi; molte hanno
tradizionalmente accettato le ragioni
del potere unico e quell’ “essenziale
funzione familiare”, come dice la Costi-
tuzione, che le rende un ammortizza-
tore sociale. Potranno accettare anche
il modello unico, quello in cui le donne
sperdono la differenza del gender?
Intanto, mentre Hillary si candida, Sa-
mantha Cristoforetti rientra dal volo or-
bitale indicando percorsi di futuro da
riempire di senso e non solo di robot.
Per individui da rendere tutti uguali?
tutti paritariamente “maschi”? b
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