Numero 3 del 2009
Una festa nella crisi: lotta marzo
Testi pagina 62
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Valentina Cavalli aveva 29 anni enon è riuscita ad andare oltre. Non
è riuscita ad andare oltre la paura, l'an-
goscia, la vergogna. Non è riuscita ad
andare oltre nella ricerca di una vita
normale senza l'orrore del ricordo, una
vita fatta di una quotidianità semplice
e giusta. Non è riuscita ad andare oltre
a sopportare che i due stupratori, non-
ostante fossero stati condannati in pri-
mo grado e poi in appello, non avessero
scontato neanche un giorno di prigione
perché incensurati.
Ci aveva provato, alta bionda cari-
na intelligente, determinata nel fare de-
nuncia e sostenere le indagini fino al-
l'arresto dei responsabili, di quei giova-
notti della Milano bene che avevano
abusato e infierito ferocemente su lei,
sorprendendola mentre era in macchina
col proprio ragazzo. Si era poi trasferita
a Torino, aveva ripreso gli studi in me-
dicina, iscrivendosi a neuropsichiatria
forse per comprendere quali nebbie si
agitassero nella mente sua e dei suoi as-
salitori; aveva trovato una nuova casa
nel centro, vicinissimo alla Mole Anto-
nelliana che buca la nebbia con la sua
eleganza liberty, nuovi amici. Ci aveva
provato, gettando la calce viva di una
nuova esistenza sull'abisso insondabile
del trauma scavato dall'abuso. Ci ave-
va provato e l'11 luglio 2008 non ce l'-
ha fatta, si è impiccata nella sua casa
torinese, sei dopo lo stupro.
Lucianna Argentino è una poetessa
romana dallo sguardo limpido, l'animo
forte e temprato dalla vita, il verso ta-
gliente e pulito.
Infaticabile orga-
nizzatrice di
eventi poetici e
culturali ha pub-
blicato "Gli argini
del tempo" (Totem, 1991), "Bio-
grafia a margine" con la prefa-
zione di Dario Bellezza (Fer-
menti, 1994), "Mutamento"
(Fermenti, 1999), "Verso Pe-
nuel" con la prefazione di Dan-
te Maffìa (Edizioni dell'Olean-
dro, 2003), "Diario inverso"
(Manni, 2006). Quella di Lu-
cianna è una delle voci più sen-
sibili e originali nel panorama poetico
nazionale, capace di nettare il verso e
farlo risplendere di una precisione e una
bellezza senza sbavature. L'inesausta
indagine della realtà contemporanea,
dell'essere donna, dei difficili e instabili
equilibri nei rapporti fra maschile e fem-
minile (il bianco e il nero di una sua no-
ta poesia) sono il terreno d'indagine di
una percorso poetico e umano maturo e
personale.
L'Argentino prende spunto dalla vi-
cenda di Valentina Cavalli, per un poe-
metto inedito "Gestazione dell'addio"
del quel si propongono alcuni frammen-
ti. Si tratta di un monologo (ma meglio
sarebbe definirlo un Lamento) nel quale
il personaggio Valentina si introietta
nella sua anima ferita, nelle lacerazioni
di un corpo irrimediabilmente offeso e
usato, per poi urlare al mondo la dispe-
razione irrefrenabile, l'oblio della cadu-
ta verso un fondo nel quale l'unica pos-
sibilità sembra essere la morte. La mate-
ria è difficile e delicata, e Lucianna ri-
esce a manovrarla con rara maestria,
spandendo sulla pagina un verso denso
ed epigrafico, capace di fondere accenti
lirici con un andamento dal tono epico.
Ne emerge un piccolo poema nel quale
un paesaggio d'anima fuoriesce come
sangue caldo e mai rappreso dalle ferite
del corpo violato, per poi essere cantato
in versi limpidi e precisi.
Abituati a una poesia che sembra
non avere più la capacità di scuotere la
coscienza, questo piccolo gioiello della
poetessa romana batte l'alto palpito di
una letteratura civile, in-
dispensabile perché un
fatto di cronaca feroce e
terribile non duri lo spa-
zio minimo di un trafilet-
to di giornale; una poesia
della quale abbiamo
estremo bisogno.
Lucianna Argentino
Un poema per Valentina
Luca Benassi
Segni fragili siamo
vulnerabili e per questo belli
non salvi no ma condannati
dall'irrevocabile sacramento
di essere stati terreni
eppure, e questo è il mio ultimo pensiero,
nonostante tutto
è possibile che Lucifero un giorno
torni ad essere un angelo.
C'è solo quella notte che era bella sì
le stelle quelle le ricordo
anche se poi ho chiuso gli occhi
li ho chiusi forte troppo forte forse
perchè il buio è sceso nero nero
e m'è rimasto dentro, non è più andato via
e la terra s'è aperta e sono sprofondata
e Pan e Ade insieme mi spezzavano
mi smembravano e più mai più sono tornata intera
e più mai più sono tornata dagli inferi.
La colpa di essere stata vittima per caso
ma forse quando sei donna
non è mai per caso. Vittima per nascita,
per genere che io o un'altra era lo stesso.
M'hanno negata al senso e alla pietà
disprezzo e disgusto
di non sapermi altro che questa carne
che tocco per necessità, questo volto
che non riesco quasi più a guardare.
Non mi sono mai saputa immaginare
diversa o altra da ciò che ero e ora non mi riconosco,
non l'ho saputo per questo non mi perdono
né perdono loro che perdono non me l'hanno chiesto.
"perché un fatto di cronaca
feroce e terribile non duri
lo spazio minimo
di un trafiletto di giornale"
Trovarla adesso nella caduta perpendicolare
della luce la parola giusta
che mi raschi dalla pelle tutto il male,
che mi scavi le ossa e mi faccia cava
per galleggiare almeno in quest'aria
che non riesco più a respirare.
Trovarla negli otto minuti di travaglio
dell'aurora la parola giusta
ora che sto come il cielo
dismesso dalle rondini,
come l'ombra dimenticata dalla luce,
come le lenzuola sui davanzali, al mattino,
prostrate a vomitare la notte.
Trovarla la parola giusta e difficile
ora che il mondo è tutto e solo visibile,
la parola che è segreto e mistero di te ed io,
quella che dice l'amore
quella che m'è rimasta dentro muta
perchè non ho più un te
e nemmeno un io e sono metallo gelido
campana che suona
tamburo che rimbomba.