Numero 12 del 2007
Un anno di notizie a colori
Testi pagina 6
dicembre 2007 noidonne6
Facciamo i conti
Giancarla Codrignani
La giovane generazione è tornata aparlare di bilancio di genere. Molto
opportunamente. Infatti le donne non
hanno più alibi, se vogliono fare politi-
ca: o restano al palo anche con le rego-
le paritarie inaugurate dal nuovo PD,
oppure avanzano proposte convincenti
a dimostrare che il genere può contri-
buire positivamente non soltanto con le
teorie o con le denunce, ma con politi-
che che, a partire dalle donne, siano di
beneficio dell'intera società.
La politica, infatti, come tutte le di-
scipline e i saperi è rimasta "neutra", va-
le a dire impostata sulla logica e sugli
interessi di un "soggetto unico" rappre-
sentativo delle molteplici esigenze uma-
ne, spesso destinate a restare astratte se
non diversificate. E nessuno può negare
che quella "uomo/donna" sia la prima
delle differenze che si squadernano in-
numerevoli sulla tavola dei diritti e che
esigono di essere rappresentate. La poli-
tica fa riferimento primario all'econo-
mia e alla finanza, argomenti normal-
mente estranei agli inconsistenti "poteri"
femminili, anche se sono
attive non poche economiste femmi-
niste ed esiste perfino una loro associa-
zione internazionale. Per questo appare
significativa la ripresa e, possibilmente,
l'agibilità della questione "bilancio",
una delle meno duttili alla diversifica-
zione, in senso formale e sostanziale. Si
può partire dal bilancio famigliare: la
tradizione delle nonne voleva che il "ca-
po della famiglia" - che prima del 1975
(anno del nuovo diritto di famiglia) era
esclusivamente l'uomo - passava alla
moglie la "busta paga" (allora il lavora-
tore era pagato settimanalmente dal da-
tore di lavoro) che la donna (quasi sem-
pre casalinga) amministrava secondo il
ruolo di cura assegnatole dal destino,
che consentiva all'uomo, perché lavora-
va, di trattenerne una parte per il fumo,
lo sport e le serate con gli amici. La don-
na per il parrucchiere o per piccole ne-
cessità, spesso non solo sue, faceva la
cresta sulla spesa perché non aveva di-
ritto a pensare a se stessa.
Si tratta di un mondo che non c'è più,
almeno nei paesi ricchi; ma che resta
nell'impostazione logica dei bilanci del-
lo stato, struttura immodificata nei se-
coli se non per la crescita di complessi-
tà via via
aggiuntesi.
Tutti conoscono le priorità dei bilan-
ci delle nazioni. Non sono certo quelle
dello sviluppo umano, che pur ha una
sua voce nelle statistiche degli organi-
smi internazionali. Nella famiglia il da-
naro gestito dalla donna ha come prio-
rità la sopravvivenza e la convivenza:
si parte dal cibo da mettere in tavola
ogni giorno, dagli indumenti e dalle spe-
se per casa, luce, gas e si può arrivare
all'investimento culturale di libri, cine-
ma, feste con gli amici.
Lo stato non parte, in nessun paese,
dalla sopravvivenza e dalla conviven-
za, bensì dalle necessità tradizional-
mente accolte come tali per le collettivi-
tà, che vanno dalla produttività e dal
prodotto interno lordo agli investimenti
per la difesa. Si tratta di un'impostazio-
ne legittima, ma riformabile.
Si potrebbe finirla di ritenere priorita-
ria, a beneficio della famiglia, l'esenzio-
ne fiscale e non la moltiplicazione dei
servizi? Sì che si potrebbe; ma si è sem-
pre scelto l'altro modo, quello della gra-
tifica in busta paga per consentire il rin-
novo del guardaroba invernale dei
bambini.
La politica dei servizi sarebbe più
funzionale a quei diritti della famiglia
che partono dall'interesse femminile: le
donne che lavorano e per giunta sono
soggette ai "doveri" di cura, non hanno
risorse per esaudire tutte le esigenze fa-
migliari, dei bambini e, soprattutto, de-
gli anziani più o meno autosufficienti.
Gli investimenti nei servizi accrescereb-
bero, non solo il tempo di vita delle don-
ne, ma il benessere generale e l'occupa-
zione.
Nella seconda metà degli anni '90
(del secolo scorso) il sindaco di Bologna
Walter Vitali nominò una "Consigliera
per i problemi di genere" a cui diede fa-
coltà di nominare un "Comitato di don-
ne per il governo della città": istituzioni
davvero "storiche", a partire dalla deno-
minazione degli incarichi. Nell'ambito
dei propri compiti, tra l'altro, furono or-
ganizzate quattro "lezioni di donne alle
istituzioni"- pubblicate in quattro corri-
spondenti "Quaderni di donne"- sulle
forze dell'ordine pubblico, sulla sanità,
sul Comune e, ultimo, sul "bilancio di
genere". La presentazione ricordava che
non vi era ormai Comune che non aves-
se un Comitato di pari opportunità o un
Consiglio delle elette, ma che non per
questo si avvertivano cambiamenti nel-
le regole e nelle direttive delle politiche
civiche, che restavano "genderblind, cie-
che sulle conseguenze che derivano dal-
l'applicare, oltre a dichiararla legittima,
la politica di genere". Infatti, "nei mec-
canismi istituzionali non basta la pre-
Tempo di bilanci. Di genere
Daphne Maugham, Natura morta sull'Unità (1948)