Numero 4 del 2007
Al centro dell'attenzione
Testi pagina 6
aprile 2007 noidonne6
Le agenzie internazionali hanno ancherecentemente quantificato i numeri
milionari della quotidiana violenza
contro le donne e i media si sono soffer-
mati un giorno o due sui dati relativi
agli stupri e alle botte in famiglia. In-
tanto on-line documenti, articoli, mes-
saggi femminili circolano da sempre in
continuazione.
E' apparsa una pubblicità allucinan-
te di Dolce e Gabbana che rappresenta
uno stupro simbolico, violenza per qua-
lunque donna la guardi che merita il
boicottaggio del marchio esecrabile. A
Milano la tragedia dell'aborto ha as-
sunto i toni del macabro per la decisio-
ne di seppellire i feti e per la relativa
pubblicazione di foto penose, arrivate
dalla Polonia, con cortei di soli uomini
che portano tra le mani piccole bare in
processione.
Non si tratta, dunque, soltanto di
violentare e picchiare: è necessario non
trascurare tutte le violenze "di genere"
che le donne subiscono.
Scriviamo dopo una crisi grave di go-
verno, che ovviamente
penalizza tutti e tutte,
ma che denuncia con
forte stridore la nostra
insignificanza politica.
I "dodici punti" di Prodi
passano sopra la nostra
testa, come se il pro-
gramma dell'Ulivo non
fosse stato appoggiato
dalle donne e le prima-
rie avessero ricevuto vo-
ti solo da uomini. Il Va-
ticano ha ottenuto la
caduta, quanto meno
momentanea, dall'a-
genda dei Dico, in cui
erano presenti diritti
formali e sostanziali
che riguardano la vita
soprattutto delle donne.
Infatti, il costume è con-
nivente con le libertà
maschili e un marito
può crearsi una secon-
da famiglia perfino con
l'indulgente complicità
di una consorte a cui è
conforto morale ma so-
prattutto materiale lo
status di "legittima". Se
l'uomo è un cattolico, può essere assol-
to da un confessionale in cui un altro
maschio, in totale omertà di genere, ha
più indulgenza per lui che per la donna
che fosse ugualmente peccatrice. Se vive
con la sua compagna in libera convi-
venza, non ha i problemi che toccano
alla donna in materia di tutela dei figli,
di diritto alla casa e alle norme che be-
neficiano la famiglia. Solo se è omoses-
suale è senza protezione di legge, pur es-
sendo anche lui/lei cittadino/a di pieno
diritto.
La donna giuridicamente vale in
quanto essere umano e le norme che ri-
guardano la maternità o la parità o la
violenza le ha conseguite dopo lunghe
lotte e rappresentano più erogazioni di
benefici che diritti acquisiti. La sesta se-
zione penale della Cassazione ha assol-
to tre mesi fa l'uomo denunciato dalla
moglie per maltrattamenti, sostenendo
che, poiché lo ha fatto per motivi reli-
giosi, non è reato. Nel resto d'Europa
non va meglio e in Germania Angela
Merkel, per essersi impegnata a portare
i nidi da 9.000 a 30.000, si è trovata
contro la Chiesa che l'accusa di indurre
le donne a privilegiare il lavoro e a di-
ventare macchine riproduttrici come ai
tempi della DDR comunista. Del Sud del
mondo non parliamo, perché le situa-
zioni sono ancora più gravi.
D'altra parte la cultura di cui siamo
portatrici non si identifica nel potere co-
me dominio, perché già questo è violen-
za. Anzi, vorremmo che, per tutti, altro
diventasse il senso della convivenza so-
ciale.
Perché è proprio la convivenza socia-
le che sta andando male, a partire dal
giudizio sulle relazioni umane. Al primo
posto dobbiamo denunciare il limite e il
conseguente disagio della famiglia o,
per dir meglio, delle famiglie. La storia
di questo istituto non è la storia di una
forma statica. E, forse, con le violenze
c'entra davvero molto.
Come donne, le antropologhe ci indi-
rizzano a pensare a un'origine in cui uo-
mini e donne si congiungevano senza
avere ragione del rapporto che legava il
sesso alla riproduzione: l'uomo adorava
la donna come divinità perché dal suo
corpo nasceva la vita. Quando si com-
prese come andavano le cose, fu certa-
mente l'uomo che, dicendo "questa don-
na è mia, questi figli sono miei", inventò
la famiglia. Da quel momento gli uma-
ni fecero cultura e lasciarono ai conigli
il coito "secondo natura". Si istituziona-
lizzò il matrimonio come contratto, che
prescindeva dall'amore, dando per
scontato che, se non c'era, sarebbe ve-
nuto con l'abitudine. La donna (matri-
monium) era contrattualmente la parte
debole in quel regime patriarcale (patri-
monium) che era stato fissato dagli dei
(Zeus è padre e re degli dèi e degli uo-
mini). Il cristianesimo fece del matrimo-
nio un sacramento nel XIII secolo, la-
sciando immodificate le finalità tradi-
zionali: la procreazione e il remedium
concupiscentiae. Squallido, ma l'amore
non era un requisito essenziale. A causa
del tabù del corpo, un tempo solo pro-
fano e mai santo nonostante fosse crea-
to da Dio, non ci fu scomunica per lo
jus primae noctis, anche perché la pri-
ma notte era sempre, di fatto, uno stu-
pro. I giovani potevano aspirare all'a-
more, ma subivano il costume che non
dava loro la possibilità di scegliersi
Il ricatto del modello unico
Famiglie contro
Giancarla Codrignani
Manet, La prugna, 1877-1878