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Numero 2 del 2009

Se 60 anni vi sembran pochi provate voi a lavorar...


Foto: Se 60 anni vi sembran pochi provate voi a lavorar...
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Testi pagina 6

febbraio 2009 noidonne6
L'anno che è appena trascorso ha se-gnato molti anniversari - la Costitu-
zione, la Carta dei diritti dell'uomo, il
Sessantotto...- ma ha registrato anche i
trenta faticosi anni della 194. Il tempo
corre veloce e le più giovani non hanno
l'idea di quanto fosse difficile solo tre
decenni fa perfino pronunciare la paro-
la "aborto".
Ce lo ricorda in un prezioso libro ap-
pena edito da Bruno Mondadori (L'a-
borto in Italia, storia di una legge)
Giambattista Scirè, già autore lo scorso
anno per lo stesso editore de Il divorzio
in Italia. Partiti, Chiesa, società civile
dalla legge al referendum.
Anche a me ha rievocato il senso di
un grande conflitto di cui sono stata te-
stimone molto coinvolta. Anch'io mi so-
no trovata del tutto più che imprepara-
ta, sorpresa da quell'emergere di una
questione sommersa per secoli. Perché
per secoli si è abortito nel silenzio e nel-
la colpevolizzazione delle vittime. così
come oggi in tutto il Sud del mondo. Ov-
viamente anch'io conoscevo il significa-
to della cosa, ma non la sua spavento-
sa entità: non nel senso che, forse, una
mia compagna di scuola aveva avuto
quel problema senza che nessuna di noi
ne sapesse nulla...
Il congresso del Movimento di Libe-
razione della Donna del 1971 fu la pri-
ma manifestazione nazionale che sve-
gliò l'opinione pubblica più di quanto
non avessero fatto le denunce che, gra-
dualmente, erano venute evidenziando
l'ipocrisia di una situazione insostenibi-
le. Già nel numero di febbraio del 1961
Noi Donne aveva pubblicato i risultati
di una coraggiosa inchiesta con cui si
testimoniava che ogni cento gravidanze
regolari cinquanta venivano interrotte
con pratiche che spesso portavano alla
morte. E dall'ambiente medico venivano
le denunce della gravità di una situa-
zione che copriva con il silenzio (e, per
i casi di complicazioni che arrivavano
agli ospedali) con pietose certificazioni
false quello che il codice registrava co-
me reato. Anche la Chiesa aveva perce-
pito l'allarme della pubblicizzazione del
gravissimo "peccato", ma la sua reazio-
ne passava letteralmente sopra il corpo
delle donne: anche il clero più sensibile
- quello che praticava le confessioni -
trattava questa materia senza sentire in
alcun modo la responsabilità che coin-
volgeva l'uomo e, senza percepire la
gravità della doppia morale per cui la
legge che reprimeva a parole un "crimi-
ne" non veniva quasi mai applicata per
una tacita liberalizzazione di fatto del-
la sua pratica, ripeteva le condanne.
Vale la pena di ricordare che, - un altro
anniversario - l'enciclica Humanae vitae
nel 1968 aveva condannato la contrac-
cezione.
Anche nel resto dell' Europa occiden-
tale - pur con numeri indubbiamente in-
feriori - i nodi della questione erano ar-
rivati al pettine e aveva fatto scalpore a
Parigi l'autodenuncia di Simone de
Beauvoir e di altre femministe. Altrove,
tuttavia, si era arrivati a legiferare e,
comunque, si ammetteva la contracce-
zione. L'Italia politica si venne scon-
trando con un problema che avrebbe
volentieri voluto rimuovere. La destra
perché la DC doveva adeguarsi al Vati-
cano e il Movimento sociale era d'ac-
cordo con il "suo" codice Rocco, la sini-
stra perché il problema era scomodo e si
preferiva attaccare il Partito Radicale e
Pannella per la loro gridata richiesta di
"aborto libero". Tuttavia radicale era
anche Adele Faccio che, da donna, alzò
il livello della denuncia con l'apertura
di centri per l'aborto e promosse l'ade-
sione, anch'essa rumorosa, di gran par-
te dei movimento femminista. Nel feb-
braio 1973 il socialista Fortuna (ma
con la firma anche di Craxi) presentò la
prima proposta di legge e il Parlamento
dovette prendere atto dell'alzarsi del li-
vello di necessario impegno richiesto
dal problema. Di fatto, tuttavia, la pres-
sione più forte, dentro e fuori dai parti-
ti, fu la scesa in campo delle donne, di-
venute "movimento" a prescindere dalle
sigle delle associazioni a cui appartene-
vano. La raccolta di firme dell'Udi rac-
colse in breve ottocentomila firme. Ven-
nero le proposte anche delle altre parti
politiche e il PCI, pur contrastato dalla
sua parte femminile, avanzò l'infausta
proposta della "casistica" delle situazio-
ni in cui si poteva autorizzare la donne
all'interruzione volontaria di gravidan-
za: il partito che dettava "la linea" alla
sua base ubbidiente vide per la prima
volta cortei di donne che facevano mo-
stra di stracciare la tessera in movimen-
to verso le federazioni.
Pierpaolo Pasolini espresse la con-
traddizione morale fra "la furibonda, to-
tale, essenziale volontà di vita" del feto
e la difficile condizione della donna. Po-
lemizzò con la Chiesa che definiva la
pratica abortiva "strage degli innocenti"
perché dimenticava la "strage delle in-
nocenti" e sostenne che il problema do-
veva restare sociale e giuridico. Gli in-
tellettuali di sinistra reagirono varia-
mente, ma in particolare si rafforzò la
divisione del mondo cattolico: la parte
conservatrice, escludendo i liberali e i
repubblicani, "ubbidiente" seguiva il Va-
ticano, ma molti sostenevano pubblica-
mente la necessità di affrontare seria-
mente il problema riprendendo le tesi
sull'animazione del feto solo al terzo
mese espresse nel Medioevo da san To-
maso e sostenendo l'autonomia della
donna. Tuttavia non fu facile intendersi
neppure all'interno del gruppetto di cat-
tolici progressisti che erano stati eletti
dal PCI. Io dovevo l'elezione alle donne,
ma, essendo cattolica, mi trovai sola
rappresentante di genere tra "i maschi
del compromesso storico". Non fu facile
e riconosco che fu debolezza aver la-
sciato la mia firma su una proposta di
legge dei "cattolici democratici" che a
me era subito sembrata una sciocchez-
za in linea di principio: che differenza
c'è, infatti, tra un cattolico e un non cat-
tolico? In teoria nessuno pensa che
abortire sia una bella cosa e, se i catto-
lici lo definiscono "peccato", non è gran-
L’aborto, trent’anni dopo
Legge 194
Giancarla Codrignani
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