Numero 4 del 2016
Europa (in)difesa. Barriere politiche e culturali
Testi pagina 6
4 Aprile-Maggio 2016
solo romane altri fogli di controinformazio-
ne femminista (tra cui “Lilith”, “Zizzania”,
“Tutte le donne”) che per ovvie ragioni
pratiche non riuscirono ad impegnarsi in
continuità. Tre testate, comunque, diverse
tra loro, hanno rappresentato l’esperienza
femminista di quegli anni: “Differenze”,
“Quotidiano donna” ed “Effe” che, per la
Paoli, rappresentò la testimonianza più si-
gnificativa. Nasce all’inizio degli anni ‘70,
dalle volontà di giornaliste e intellettuali
che furono delle “maestre”. Oltre a Danie-
la Colombo, da non dimenticare: Adele
Cambria, Grazia Francescato, Gabriella
Parca, Alma Sabatini, Adele Teodori, Van-
na Vannuccini. In dieci anni, tra debiti e di-
visioni interne al movimento, la volontà di
contrapporsi ai giornali femminili del mer-
cato e di fornire alla donne non solo roma-
ne, ma dell’intero paese l’informazione su
ciò che “direttamente o indirettamente le
riguardava” si scontra con le diverse scuo-
le di pensiero femministe che contrappo-
nevano emancipazione a liberazione. La
rivista diventa mensile e tira fino a 30mila
copie; pubblica i documenti femministi
in circolazione, aspira ad essere il punto
di riferimento nazionale, non vuole finan-
ziamenti pubblici, non cerca egemonie,
ogni articolo deve essere condiviso dalla
redazione, l’obbligo di una direttrice non
IL GENERE
DELLA
STAMPA
Le donne non hanno mai avuto un buon rapporto con l’informazione: le “suffragette” non sono mai riuscite
a farsi chiamare suffragiste sui giornali né
le “staffette” ad essere, come furono, par-
tigiane. Anche le giornaliste ci giudicano
strane se diciamo che voteremmo la Clin-
ton per paura di Trump e per femminismo
quasi quasi preferiremmo Sanders.
Quando diventiamo editrici, entusia-
smiamo le affiliate, ma viviamo di re-
sistenza: in settant’anni di libera Repub-
blica abbiamo visto molte pubblicazioni
nascere e morire per esaurimento delle
redattrici e incostanza delle lettrici. C’en-
trano certamente le crisi e, anche oggi,
la gente che per risparmiare si informa
solo per tv (e se ne vedono i risultati!);
ma non è così vero.
Di fatto, da un lato c’è il dato oggettivo di
non avere “mecenati” di genere, ma conta
soprattutto il cedimento a rabbie e scorag-
giamenti indotti dal sistema che invade
specificamente le donne, quelle che si di-
sperano ma dopo i crolli tirano su le case.
Finisce che non vanno a votare. Della se-
rie come farsi ancor più male.
Un numero di Genesis del 2008 riesa-
minava, in un articolo di Federica Paoli,
la stampa femminista romana degli anni
Settanta (del secolo scorso), nata dal bi-
sogno di “partire da sé”, senza fermarsi
solo al piccolo gruppo e senza condan-
narsi all’oralità: bisogno di avere un luogo
del problematico e del non risolto. Noi
Donne dal 1944 aveva aperto la strada;
Adriana Seroni (sezione femminile Pci) nel
‘69 fece uscire “Donne e politica”, il Filf
(Fronte di Liberazione Femminile) “Quarto
mondo” e l’Mld (Movimento di Liberazione
della Donna) “La nuova luna”; di “Compa-
gna” uscirono solo quattro numeri; “Mezzo
cielo” e “Se benche siamo donne” fecero
parte dell’extrasinistra proletaria. Nel 1975
uscì DWF, cultural-accademica, che è an-
cora su piazza, mentre sono state meteore
La vivacità e i Limiti
deL giornaLismo
femminista e Le
numerose testate
che hanno avuto vita
breve. un focus suLLe
esperienze romane
degLi anni settanta
deL secoLo scorso
e non soLo. La capacità
di “noidonne”
di mantenere Lo
sguardo a LiveLLo
nazionaLe
di Giancarla Codrignani
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