Numero 3 del 2008
Otto marzo da 100 anni: 1908 - 2008
Testi pagina 55
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Eccolo il grande teatro, quello che con"Le Serve" di Jean Genet mette in luce
tutto il fascino e la poesia della materia
sciagurata e cruda dell'enfant terribile,
ribelle e trasgressivo della letteratura
francese. Lo ha riproposto a Torino la
Fondazione Torino Piemonte Europa,
che ha inserito nel suo interessante car-
tellone questo dramma rappresentato
nel 1947 e oggetto di numerose traspo-
sizioni su schermo e palcoscenico.
Quest'ultima versione, nella limpida
traduzione di Franco Quadri, è davvero
da cogliere nella ripresa della sua tour-
née, per l'interpretazione magistrale di
due attrici di lungo corso, Franca Valeri
e Annamaria Guarnieri, per l'appuntita
regia di Giuseppe Marini, che mantiene
vivissima la tensione di una storia ispi-
rata ad un crimine vero, per i costumi
sontuosi e la scenografia conturbante,
che evoca imperiosamente i peccati e le
morbosità di una trama nera come la
pece. Quando la loro padrona è assente,
le sue domestiche, le sorelle Solange e
Claire, dominate da un groviglio di sen-
timenti di devozione e invidia, sfogano
in un gioco di imitazione tutto il ranco-
re dissimulato verso l'odiata Signora,
sfavillante di bellezza, dolcezza e fasci-
no. Sprofondate in un mondo fittizio, re-
citano a turno i ruoli della padrona e
della serva, indossano abiti e gioielli di
Madame, ne imitano voce e gesti, so-
gnando l'eleganza e lo stile che contem-
plano con rabbia ogni giorno. Solo che
al colmo della esasperazione per il fare
autoritario della padrona, hanno messo
in atto la vendetta: con una lettera ano-
nima ne hanno denunciato e fatto arre-
stare l'amante. Ma quando lui si fa vivo
per telefono dopo essere stato rilasciato,
le due sorelle sono prese dal terrore di
essere scoperte. Progettano così di avve-
lenare la padrona con una tazza di ti-
glio corretto con barbiturici. Ma la bel-
la dama, asciugate le lacrime, preferisce
lo champagne e rifiuta l'infusione prima
di recarsi da lui. Si consuma così nel de-
lirio l'ultima imitazione: Claire (Guarni-
rei) si identifica talmente nella futura
vittima che finisce con l'inghiottire lei la
pozione, lasciando Solange (Valeri) sola
davanti al suo destino di assassina.
Inutile dire che siamo davanti ad un
superspettacolo, dove dietro a un vivi-
do, grottesco tripudio di gesti e voci si
intravede la disperazione e nelle tristi
sfumature di ridicolo affiora il destino
segnato delle differenze sociali. Di una
bravura surreale e da ovazione le due
attrici storiche. È eccellente anche Patri-
zia Zappa Mulas nel ruolo di Madame,
una femme fatale d'epoca, smagliante
di smagliante di giovinezza di fronte al-
la penosa decadenza della coppia di
domestiche, che goffe e rinsecchite, tro-
vano lampi tragicomici di elasticità e di
stile quando cercano di incastrarsi nel-
l'involucro prezioso della loro Signora.
Mirella Caveggia
Le serve di Genet
Torino
protagoniste di un grande teatro,
Franca Valeri e Annamaria
Guarnieri sul palcoscenico sono
le domestiche e assassine di un
crimine veramente accaduto
concetti e autori di Emanuela Irace
Donne, Madonne, Amazzoni
"E chi non vuole morire di sete tra gli uomini,
deve imparare a bere in tutti i bicchieri; e chi vuole
rimanere puro tra gli uomini deve sapersi lavare anche con l'acqua sporca"
F. Nietzsche
Un Cristo sacrificato e una madre dolorante. E' la Pietà Rondanini. L'ultima opera di
Michelangelo fatta uscire dal marmo a novant'anni. Spoglia e modernissima. Immagine della
maternità che accompagna l'uomo. E' la madre. Simbolo della vita cui ci si aggrappa nel
momento della morte pronunziandone il nome: l'ultima parola uguale alla prima. E' la
Madonna. Madre di tutte le madri che segnala la strada senza entrare nella Storia. Immobile
nella sua perfezione che accoglie senza discutere, partorisce senza sporcarsi, ama senza
sedurre. Dando la vita senza viverla e innalzando senza cadere. Utopia della Cristianità.
Specchio di un femminile che dona agli uomini il potere consolatorio di guardare alle donne
per quello che non sono. Ma la purezza non da scambio, ne commercio con la vita. Non
pone insicurezze e allontana dalla realtà. Appartiene al mito, mondo del sogno o della fede,
salvifica e utile. Per i greci, l'archetipo della verginità esce dalla testa di Zeus, splendente e
già completamente armata. Terribile a vedersi. La sapiente Atena, al pari della dea Fortuna,
della Vittoria, di Artemide, delle Vestali romane, incarna il corpo femminile puro e immu-
ne da passioni. Autonomo e completo in sé. Per sé. Senza obiettivo generante.
Indipendente dall'uomo con cui non crea né si accoppia. Spaventevole nel progetto di non
proiettarsi oltre la propria vita. Vergini. Madonne. Oppure madri di sole figlie. Guerriere.
Come le Amazzoni il cui sogno si incarna nelle scoperte di una scienza ancora da speri-
mentare. Tremilacinquecento anni di attesa per far scendere il mito nella storia. Potente e
simbolico. Dirompente. Tanto da ribaltare il paradigma della procreazione sostituendo al
due, l'uno. Il singolo alla coppia. La natura sbrana e la società uccide. Ricavare sperma dal
midollo femminile, generando unicamente figlie, è una possibilità scritta nel nostro corpo.
Presente in natura. Scoperta dalla scienza. Per la società è un atto di terrorismo. Una rifon-
dazione di genere che scippa potere ai maschi. Inanna e Psiche hanno attraversato gli Inferi
per scoprire i segreti della vita. Il corpo della donna può dispiegarsi nella donna. Non più
"pubblico" né "sacro", fuori dal controllo della legge degli uomini e di Dio. Aberrazione o
possibilità dipende dai punti di vista. La partita è appena iniziata.