Numero 6 del 2015
Cibo ribelle - Speciale donne arabe
Testi pagina 5
3Giugno 2015
Le donne sono molto coinvolte nelle scelte salutiste
per tante ragioni. Hanno una particolare attenzio-
ne per il proprio corpo, che ascoltano e osservano
nelle varie fasi della loro esistenza. Poi c’è l’ascolto
della dimensione interiore, altro capitolo immen-
so. E il cibo nutre anche l’anima, o compensa di-
sequilibri. Sono le donne che possono muovere e
cambiare la cultura dominante, certo a partire da
se stesse, ma con il potere che possono esercitare
anche nell’ambito della loro sfera di competenze,
nella famiglia o nella scuola. È una consapevolez-
za che sta crescendo, se
si considera l’aumento
costante del consumo di
cibi biologici, il prolifera-
re dei gruppi di acquisto,
l’incremento dell’organiz-
zazione di orti condivisi e
anche urbani o delle pic-
cole coltivazioni sui bal-
coni. E non sono poche le
famiglie che fanno il pane
in casa, cuocendolo nel
forno elettrico della cu-
cina. Più che risparmio, è
un ritorno al saper fare e
al gusto di scegliere ingredienti e di sperimentare.
Ecco, di nuovo, un’autodeterminazione del voler
essere anche altro.
Con il piacere di riuscirci e di scoprire che, in fondo,
non è per niente difficile e che il tempo - incredibile
- si riesce anche a trovarlo. Decostruzione del cibo
quale via per una possibile dis-omologazione cultu-
rale? Chissà, forse... intanto accendiamo il forno e
cominciamo ad impastare. Dare valore politico ad
un gesto antico non può che produrre un nuovo
pane, saporito e con un valore aggiunto.
Tiziana Bartolini
C
ontinua il nostro originale percorso dentro
all’alimentazione intesa come veicolo di
messaggi, come contenitore di idee e vis-
suti, come espressione di modi di essere.
Dopo il ‘cibo malato’ del numero di aprile/mag-
gio, questo mese ragioniamo sul ‘cibo ribelle’ in
quanto espressione di una contestazione alle mo-
dalità delle produzioni e dei consumi, all’organiz-
zazione degli ingredienti o della cottura.
Dietro e dentro la ribellione ci sono scelte di vita, fi-
losofie esistenziali, studi e sperimentazioni. Però c’è
anche una sete di sapere e
una manifestazione di au-
todeterminazione. Rifiutare
le tradizioni, anche quelle
alimentari e culinarie, vuole
anche essere una presa di
coscienza di sé con una au-
tentica riprogettazione che
passa anche attraverso il
cibo. Siamo esseri abitudi-
nari e cambiare, lo sappia-
mo, è faticoso e assai poco
agevole. Chi abbandona
carni e salumi, ha anche la
forza di sostenere poi un’e-
sposizione pubblica rispetto ad una scelta che è spesso
strettamente connessa a motivazioni personali, persi-
no intime. Se poi tali scelte sono inflessibili, rendono
difficile la vita di comunità, visto che lo stare insieme è
sinonimo di condivisione di cibo e di convivialità.
Dalla macrobiotica al crudismo, chi si ciba in modo
alternativo è mosso da convinzioni profonde e salde
in grado di sorreggere l’impegno quotidiano e l’orga-
nizzazione che questa scelta richiede. Ben oltre una
moda, dunque, il mangiare fuori dagli schemi conso-
lidati rappresenta e racconta qualcosa che viene da
lontano e le cui potenzialità non sono ancora espres-
se compiutamente.
IL VALORE POLITICO
DI GESTI ANTICHI
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