Numero 10 del 2015
Madri
Testi pagina 47
45Ottobre 2015
DALLE OTTOBRATE ROMANE
ALL’INDIAN SUMMER
Roma e l’America dei nativi, luoghi lontani per
cultura, lingua e distanza chilometrica eppure
incredibilmente legati da un filo verde forte
come quello della terra e dell’agricoltura. Infatti
eventi come le ottobrate e l’Indian Summer,
in autunno, trovano le radici nella fine della
vendemmia e nel raccolto presumibilmente
di cereali. Nella Roma pontificia, in un tempo
in cui - da Testaccio a Ponte Milvio, da San
Giovanni a Monte Mario e Monteverde - orti e
vigne partecipavano alla fine della vendemmia,
a ottobre, di domenica e talvolta di giovedì, si
faceva gran festa. Su carri e carretti i romani
si preparavano per la scampagnata fuori
porta alla ricerca delle fraschette, sorelle delle
osterie e antesignane delle enoteche dell’oggi,
che costituivano luoghi di bevuta, svago e
allegria. Le donne si ornavano di fiori e, grazie
al cibo e alle bevute, esplodeva il saltarello
che le coinvolgeva con gli uomini in un ballo
liberatorio pieno d’allegria. La tradizione vedeva
ripetersi gli appuntamenti della giornata come
riti consolidati: la danza, gli stornelli , il gioco
a mora, gli alberi della cuccagna e il cibo
che, protetto nei canovacci legati coi quattro
pizzi del quadrato, comprendeva di base:
gnocchi, funghi gallinacci, trippa, abbacchi e
maccaroni. Tutti piatti sostanziosi che andavano
accompagnati al vino, anche novello, quale
punteggiatura della festa. Infine il ritorno a
casa firmato da quel chiasso e fermento che
il nettare di Bacco garantiva a coloro che ne
avevano fatto abbondante uso. Dei quartieri
citati, tipici della festa, sicuramente Testaccio
- e più precisamente Monte di Testaccio,
discarica degli antichi romani dove i cocci di
anfore formano una vera collina - costituiva il
punto più significativo. Il montarozzo dei cocci,
appunto, veniva usato per scavarvi delle grotte
e conservarvi, al fresco, botti e damigiane di
vino. Le feste, che qualche ricercatore collega
a un ricordo degli antichi baccanali, sono
proseguite fine alla fine dell’Ottocento circa,
per lasciarci poi un messaggio legato alla
bellezza delle giornate d’ottobre. L’ottobrata
oggi evoca un cielo terso, il tempo tiepido, un
tramonto dal rosa acceso e sfumature della
natura che vanno dal giallo oro al marrone
all’arancione al rosso vinaccio e ancora verdi
intensi e sbiaditi; un tripudio e armonia di colori
che Ottorino Respighi, il compositore che tanto
amò Roma e le sue fontane, ha tradotto in
musica. Una musica che chiudendo gli occhi
come in un film ci racconta l’originale tavolozza
delle ottobrate. Una musica che potrebbe
fare anche da sottofondo a quelle immagini
d’autunno che arrivano dagli Stati Uniti per
la loro celeberrima “Indian Summer”, dove
vediamo le foglie intrecciarsi in un sublime
armonico rincorrersi di colori che emanano
serenità e dolcezza e che staccandosi dai rami
volano fino a posarsi per formare tappeti soffici
e ricamati. Colori e tepori autunnali segnati poi
alla vigilia dell’inverno da uno sprazzo d’estate,
secondo la leggenda di San Martino, che divise
il suo mantello con un povero per proteggerlo
dal freddo ,determinando il miracolo del ritorno
di sole, luce calore.
RICETTE
GNOCChI DI pATATE
ispirandoci alle scampagnate. Bollire le
patate di buona qualità, passarle fredde e
mescolarvi farina (quanta ne assorbono,
come dicevano le nostre madri) ottenendo
un impasto compatto e morbido. Qualcuno
ci aggiunge un uovo. Fare dei mucchietti,
trasformarli in budelli col gioco delle mani
e tagliare a quadratini facendo una fossetta
col dito che, una volta cotti, aiuterà ad
accogliere il sugo o di pomodoro semplice
o con carne o guanciale. Aggiungere
parmigiano o pecorino.
GNOCChI ALLA ROMANA.
Semolino cotto nel latte col sale; versato
il tutto sulla” spianatora”, fatto freddare
e tagliare a tondi, usando un bicchiere,
mettere al forno con parmigiano e un po’
di burro.
ABBACChIO.
Alla cacciatora, a scottadito, braciolette a
cotoletta, al forno, brodettato (cotto come
uno spezzatino e alla fine ripassato per uno
o due minuti in due o tre uova sbattute col
succo di limone).
di Paola ortensi
sPiGolando tra terra, tavola e tradizioni
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