Numero 10 del 2009
RU 486: la pillola ideologica
Testi pagina 46
Come la ninfa Eco, perdutamente in-namorata di Narciso, si consuma
costretta a ripetere se stessa nelle sue ul-
time sillabe pronunciate e perdute nel
vento, così le poesie di Disincanto, una
breve sequenza di testi inediti di Gine-
vra Brandi, ruotano intorno all'asse del-
l'abbandono, del tradimento, dell'amore
perduto; un amore che si ripete nel suo
negarsi aprendo ferite, improvvise lace-
razioni del ricordo, profezie dannate
("ridicoli presagi e gli
aùguri che tacciono
per viltà"), disertate
dalla speranza e dal-
la passione, come
l'immagine di un
Narciso riflesso nel-
l'acqua che si trasfor-
ma nella condanna
di una ripetizione ste-
rile: "Io ogni giorno
più magra/ in un deli-
rio d'amore/ che non
esiste più". Si tratta
di un amore fra don-
ne, una delle quali
sposata, che abban-
dona l'amante poe-
tessa per rimanere
con il marito. Ne sca-
turisce una frantumazione, una rabbia
presto calcificata in linguaggio, che fini-
sce per travolgere il passato, sbarrando
il passo al ricordo e al rimpianto, tra-
sformando l'amata in carnefice di sen-
so: "Ti volevo regina e eternità/ ti sei fat-
ta amante e boia/ per passione e per la
mia bellezza". Tale metamorfosi muta
segno all'amore, lo polarizza in negati-
vo, trasforma l'incanto nel suo opposto,
nel disincanto. Il titolo di questa picco-
la, quanto densa raccolta, racchiude in
sé un proposito antilirico, di negazione
del 'canto' come forma codificata dell'e-
saltazione del sentimento. Si potrebbe
pensare all'invettiva, nei tratti maggior-
mente dominati da un dolore venato di
rabbia, dove a volte la versificazione si
sgrana per la tensione emotiva, e invece
è l'antiliricità di versi secchi e puntiti,
lavorati come punte di frecce al tornio
di una poesia plasmata con perizia, a
colpire in pieno petto chi si accosta a
questi testi. Ecco una versificazione ca-
pace di toccare gli estremi del verso lun-
go, narrativo, e di quello brevissimo
composto da una sola brillante parola,
attraverso un andamento sinuoso, rit-
mato senza affanni ma ostinatamente
contrario alla misura di endecasillabi o
settenari. È una metrica frastagliata, in
più punti rocciosa, che si impone con un
effetto di eco nella mente di chi legge.
Questa poesia ha una sua memorabilità
- che è ciò che più
manca ai versi con-
temporanei - una sua
icasticità dal sapore
sacro, orientale, che
sfugge da una dimen-
sione 'confessionale'
per tendere invece a
quel luogo, infero e ce-
leste insieme, dove
anima e corpo sono
cosa sola. L'anima
(dis)incantata preci-
pita nel corpo diserta-
to dall'amata e questo
implode nel verso,
fonde il linguaggio in poesia, con un'in-
candescenza naturale e dolorosa.
Una volta, ad un giovane che chie-
deva cosa fosse necessario per scrivere
buona poesia, Umberto Saba suggerì di
"procurarsi un grande amore o un gran-
de dolore". Non vi è dubbio che Ginevra
Brandi ha attraversato entrambi, con il
corpo e lo spirito.
ottobre 2009 noidonne46
Ginevra Brandi
Naufraghe di un gioco degli dei
Luca Benassi
abbandono, tradimento
e ricordi si intrecciano in versi
densi d'amore e rabbia
Il caldo si è rubato la primavera
e per un gioco delle parti
dove le ombre si allungano
immagino un amore
che arrivi come un cambio di stagione
una coloritura in più
un'improvvisazione
una malìa
che spezzi l'anatema del tuo abbraccio
e mi invada di respiri
correnti alte che sradichino il cuore
dalla sua follia
una liberazione
che sia getto
e tornado
un'altra vita
un altro amore
Sbiadisce il male
ma l'amore urla
e si cuce alla vita
perché una bocca
mi svergini
di nuovo
e mammelle piene
siano presagio favorevole
al cuore
Mistificatrici
dee
donne
il nostro amore si è diviso
Non seguo più i tuoi deliri
né i miei sogni
Bevo alla vita
lucida
e scaltra
Ho perso il
Paradiso
Mi è rimasto attaccato
l'odore di maggiorana
che ti incornicia il lato sinistro del cuore
rogo della fenice e della sua discendenza.
Me ne vado così con questa spezia
che sia presagio di un'altra stagione
un riflesso d'acqua
che ci sposi di nuovo
Stanca del sacerdozio
torno alla guerra
Per te una pena che ti estingua la follia
e ti vesta di lacrime
Per me il trionfo
di chi prende e vince
e non si volta indietro