Numero 8 del 2009
Ozio pigrizia tempo libero
Testi pagina 46
luglio/agosto 2009 noidonne46
Ci sono scritture che sembrano nasce-re direttamente dalle ferite della car-
ne viva, dal sangue, dalla pelle; paiono
prendere il ritmo dal battere del cuore,
dal respiro affannato dall'emozione, dal
gusto metallico del dolore. Sono scrittu-
re che accorciano disperatamente la di-
stanza fra letteratura e vita, si abbeve-
rano all'istinto per donarci versi sinceri
e palpitanti, testi nei quali più che al-
trove si percepiscono sapori, odori, im-
provvise lacerazioni. Dona Amati pos-
siede una vena lirica feconda e sincera,
capace di spaziare dalla sottile ironia
dei versi in dialetto romanesco alla sen-
sualità umorale e inquieta di quelli ero-
tici. Si tratta di un'eroticità che pare ri-
versarsi sulla carta direttamente dal
corpo, dal calore nascosto della propria
femminilità, dal sussurro, dal gemito;
sono poesie nelle quali umori, odori, sa-
pori si mischiano con il dolore dell'as-
senza, con la ferocia della passione che
scuote e lascia stupefatte e prive di for-
ze. Come una moderna baccante, la
poetessa ruota in una danza sfrenata
attorno all'asse dell'essere donna,
amante e madre capace di donare la vi-
ta. Ogni sentimento, ogni pulsione, ogni
scuotimento è vissuto fino alle sue estre-
me conseguenze, nella vita come
nella poesia, penetra nel lin-
guaggio rendendolo liquido,
curvilineo come un corpo, so-
noro come un gorgoglio di sor-
gente pronto a farsi torrente e
poi cascata. Anche quando il
verso si fa duro e il dolore col-
pisce come uno schiaffo, non
manca mai il senso di una so-
norità che regala a questi testi
una musica dal ritmo circolare
e ipnotizzante, ricca di asso-
nanze e rime interne. Si tratta
di una ricerca formale che spes-
so sfocia in endecasillabi e set-
tenari, o nella forma chiusa del
sonetto manovrato con perizia.
Chi ha avuto l'occasione di ascoltare
Dona Amati leggere in pubblico i suoi
versi, ha sentito la forza di una poesia
capace di evocare, stupire, emozionare,
trovare la sua misura nel graffio e nel
sussurro, nel silenzio della pausa, nel
battere delle consonanti. Sono versi che
danno il meglio nella vocalità della de-
clamazione, trascinando chi ascolta in
un mondo primordiale fatto di voce e
danza, battito e suono, attraversando
l'aria e facendola vibrare.
Ecco dunque una poesia coraggiosa
e tesa, che non sconta nulla, da assa-
porare e ascoltare, sapendo che in essa
palpita una vita, un inquieto cuore di
donna.
Dona Amati è nata a Roma nel 1960
nel quartiere Testaccio, vive e lavora a
Viterbo. Ha pubblicato "Il pomo e la me-
la" (insieme a Michele Caccamo Lieto-
colle 2006), "Emisferi - Al nudo delle vo-
ci" (insieme a Davide Pelizzari, Enrico
Folci 2006 "Il dito del diavolo - Op. 71",
musicato da Marco Pietrzela (Ed. Musi-
cali Berben 2007). È presente in nume-
rose antologie tra le quali: "Ti bacio in
bocca" (Lietocolle 2003), "Fotoscritture"
(Lietocolle, 2003), "Versificando" (Per-
rone, 2004), "Navigando nelle parole"
(il filo 2004) e "Scritture urbane" (Lieto-
colle 2007). È stata assistente del regi-
sta cinematografico Roberto Faenza.
È attiva, oltre che come poetessa, co-
me lettrice di testi in reading e presenta-
zioni di libri, moderatrice in rassegne
poetiche.
Dona Amati
L’ingordigia avida del cuore
Luca Benassi
Ti chiedo per me un momento
un frutto del tempo che lussureggi
su una storia che mi
preme tempesta
soliloquio di incanti spontanei
un obelisco di sete
incuneato nel cuore e
nella valle avida
alla fine del ventre
- scioglimi gli occhi -
Ti desidero la linea
l'eruzione della pelle
farti tramontare la lingua
all'orizzonte del seno.
Io zitta come
casualità bianca scogliera
che cerca spinge
carnalità messaggere
dell'incanto del mondo
- racconta l'amore, il tempo nuovo -
Oh, Dido, pallore d'angustia
Potessi somigliarti, Dido,
nuda d'amore sulla riva d'Africa, bianco
esempio di sabbia dilatarsi fuoco, dolce
trasparire esangue alle lingue d'acqua.
T'invidio il ristorare di Cartago in pianto,
la pira amara e "l'amoroso strale" che
Enea lascia effigie abdicata al cuore
Giove ti nega l'alcova eletta.
Conosci la vela bianca che s'allontana,
la coda dell'onda che chiude dietro.
La scia a ritroso della chiglia sul mare
potesse abbracciarti come un ritorno lento
Di ex bacio, il mattino d'autunno
Stamani è il soffio che recita con me
nell'accorgersi che qualcosa è
da tenere stretto.
Perché le luci del mattino più rosse
non claudicano alle solite insofferenze
e ingoiano un altro saluto a
fingere ancora che
l'eco del selciato sia spazio dei tuoi passi.
Si muovono queste foglie sul chiaro dei tuoi occhi?
Si muovono perbene sull'orecchiabilità del vento.
Chissà se l'autunno di un bacio
intristisce anche dell'alba il sottofondo
quello che fa di tutto,
già orfano di verde.
Quel modo che ho di toglierti dalla mente
Strappare pian piano la carne
L'ingordigia del cuore
La memoria ambigua dell'ombra.
E uccidermi l'acqua sterile alla fontana
La vena a questo punto muta
L'essere ingrato del sentimento.
Io, quale modo ho?
una vena lirica feconda e
sincera ruota in una danza
sfrenata attorno all'asse
dell'essere donna, amante
e madre capace di donare
la vita