Numero 4 del 2009
Felici combinAzioni
Testi pagina 46
aprile 2009 noidonne46
Rossella Pompeo (1974) è regista, sce-neggiatrice, poetessa e pittrice. Vive
e lavora a Roma. Ha pubblicato le rac-
colte poetiche "Oltre il muro le
cose"(Manni Editori), "Mite frastuono"
(Prospettiva Editrice), "Mute attese"
(Club degli editori) e la raccolta di rac-
conti "Roma è come Asmara" (Editrice
Zona). Ha curato la messa in poesia di
sceneggiature per il cinema ed è stata re-
gista e sceneggiatrice del cortometrag-
gio "Le mani antiche", tratto dal suo
omonimo racconto. Collabora con Phi-
losophema bimestrale di filosofia, BTA
Bollettino telematico dell'arte e Lìnfera.
Come pittrice ha esposto presso lo stu-
dio del critico d'arte Giovanni Lauricel-
la e la galleria d'arte Lavatoio Contu-
maciale di Roma.
Rossella Pompeo esordisce nel 2007
con la raccolta "Oltre il muro le cose"
dalla quale sono tratti i testi qui pub-
blicati. Si tratta di una poesia dal sapo-
re antico, nelle elisioni, nei troncamenti,
nelle volute del verso, in quell'aura va-
gamente madrigalesca e barocca: un
"vago sentire", "incerti incanti" che si
fanno sospiri, aneliti, battiti, un ritmo
cardiaco e vitale che si imposta in una
versificazione franta e verticale, a volte
sgretolata in una sintassi dall'andamen-
to ondivago, ma mai aspra e rocciosa.
Scrive Marcello Carlino nella prefazione
al volume: "Ed ecco un tratto della poe-
tica di Rossella Pompeo in chiaro: ha in-
fatti un "non so che" di sensuale e risale
all'imprescindibile movente di una ne-
cessaria esperienza dei sensi, la lingua
di 'Oltre i muro le cose': e così passa e ri-
passa, ondivaga e sgretolata, seguendo
sentieri tortuosi e meno battuti, devian-
do dalle rotte segnate, spostando di
continuo l'asse degli enunciati, sovver-
tendo la logica del discorso.
È per effetto di un tale procedere che
è in vetrina nel libro un regesto di im-
magini che diremmo in libertà.
Paesaggi naturali coabitano con fo-
togrammi dell'io, panorami fantastici
con tracce di riporto al vissuto, proie-
zioni metafisiche con esplorazioni del-
l'universo fitto di incognite, e come co-
stituito di materia refrattaria e irriduci-
bile, che ci circonda." Rossella Pompeo
lavora per immagini, spirali, viluppi, fi-
li rossi che si tendono da un testo all'al-
tro fino a costruire una tessitura com-
patta che fa leggere l'intera raccolta co-
me un piccolo canzoniere. L'amore, tut-
tavia, lavora sottotraccia all'esperienza
dei sensi, all'impatto del corpo con una
realtà del vivere, magmatica e vorace,
che conferisce a questa poesia movenze
di una sensualità fisica e a volte civet-
tuola. Il vissuto si disintegra in un pul-
viscolo di emozioni, in paesaggi d'ani-
ma, fasci luminosi che fanno risplende-
re questi versi di un luccichio metafisico
e surreale. La poetessa entra ed esce dai
soggetti, si insegue, modifica il tempo,
adottando di volta in volta il presente o
il passato, cerca l'amato e se stessa in
un luogo senza luogo e senza tempo. Il
pavimento solido del vivere deraglia,
smotta di fronte all'incertezza dello spi-
rito. Forse in questo risiede la modernità
della Pompeo, in quella sua capacità
"di sperimentare l'incertezza che ci pres-
sa e di riconoscere, per converso, l'ine-
luttabilità di una ricerca che non ha
mappe o coordinate precise, né mete si-
cure" come nota Marcello Carlino.
È una poesia che non sfugge alla di-
mensione del gioco, al funambolismo
linguistico al limite del virtuosismo, ma
che è sempre presente alla tensione del
senso, inchiodata al significato profon-
do, al coraggio del dire per rivelare un
cuore gonfio, a volte ferito.
E non è poco.
Rossella Pompeo
Scalfire il tempo delle cose
Luca Benassi
Riconoscersi
Nell'inconsueto spazio
D'altri riempito
Noi rintracciati dal filo
Che ci lega infinito
Ci s'insegue al buio
Inconsapevoli ci ritroviamo accanto
Negli sguardi tesi nell'altro
Non restano muti i pensieri
S'allacciano solidali
Alcuno li ode
Solo nostri
Respira quieto
Il latteo muro
Non osa
Lui vorrebbe
Ma sempre si posa
Ovunque è ammirato
Appare muto
Non mai sproloquia
Non mai tenta
L'impensato
Impeto lo tace
Nel suo bianco implora
Almeno il gesto
Dell'audace osservatore
Che non tema il
Freddo accarezzare
Falsi incerti incanti
Resero muti i sospiri
Trattennero il gaudio
Non dissetando più una voglia
Foglia morta cadde al vento
Marrone il sapore accartocciato
Si frantumò in disinganno
L'indistinto anelare
Non s'acquieta giammai
Il dolore non partorisce
Tregua perpetuo batte
Dove s'attorciglia l'animo
C'era quel vago sentire
Mai onestamente avvincente
Ad avvinghiare le sane voglie
Rendendole sporche
Fattesi d'ombra contagiavano il bello
L'adorante tensione al gioioso vivere
Sviscerata, svuotata dell'intima
Purezza sentiva l'abisso freddo
Avvolgerla fino a morirla
una poesia dal sapore
antico, vagamente
madrigalesca e barocca