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Numero 5 del 2010

Non solo madri


Foto: Non solo madri
PAGINA 46

Testi pagina 46

Ci si chiede spesso se la poesia sia uti-le. Eugenio Montale, nel discorso
pronunciato a Stoccolma per il conferi-
mento del premio Nobel, la definì "un'at-
tività inutile ma quasi mai nociva". Si
tratta di un'affermazione che può risul-
tare stretta alle milioni di persone che,
con esiti disparati, affidano ai versi
amori, dolori, speranze, (dis)illusioni;
cercando l'affondo dentro se stessi, alla
ricerca della verità di una dimensione fe-
conda dello spirito. A volte la poesia è
anche rabbia, urlo, ricerca di giustizia,
denuncia. È ciò che si percepisce nel te-
sto "Ridateci l'Aquila" di Miriam De Be-
rardis, qui pubblicato insieme ad alcuni
versi tratti dalla raccolta "Così, senza
inganni". Il testo è stato letto in occasio-
ne della mostra "Viva L'Aquila", tenuta-
si a Teramo nello scorso dicembre 2009
con le artiste Lea Contestabile, Alice Di
Sabatino, oltre la stessa De Berardis, e
promosso da "noidonne" come testimo-
nianza del terremoto in Abruzzo. Si ten-
de a diffidare di poesie scritte nel fuoco
delle prime impressioni su eventi tragici
perché spesso si risolvono in retorica, la
De Berardis riesce invece a costringere
l'emozione in versi cristallini, a tratti
epigrafici nella loro solennità, avvici-
nandoli ai toni di un'accorata preghiera
giocata sull'anafora del verbo e sull'insi-
stenza sui luoghi, le vie, le piazze e i pa-
lazzi devastati dal sisma. Più in genera-
le, nei versi della poetessa si ravvisa una
vena sincera, sorretta da una versifica-
zione inquieta ed efficace. Non ci sono
cadute nel gergo di una liricità scontata,
quanto invece una solidità del
verso, una sua particolare roccio-
sità spezzata, giocata su una mu-
sica dissonante, lontana dalle
movenza della metrica tradizio-
nale. Versi di lunghezze diverse si
rompono quando raggiungono
una loro unità sintattica, spesso
sottolineata da una punteggiatu-
ra lì dove un a capo potrebbe ren-
derla superflua. Oppure si frantu-
mano in enjambements costrin-
gendo la lettura ad accelerare il
battito. La De Berardis, tuttavia,
mira a una coerenza sintattica fe-
dele a un'impostazione
narrativa, a tratti tea-
trale e plastica come
una sceneggiatura cine-
matografica o la descri-
zione di un quadro. Vi è
una dimensione visiva,
sotterranea e guardinga
come l'occhio di una
volpe o un animale
braccato ("Le volpi vi si
aggirano di notte, astu-
te e guardinghe./ C'è un
palpitare sotterraneo/
che sfugge all'occhio
più attento."), tesa a osservare e descri-
vere fatti e situazioni attraverso una lin-
gua piana, quasi senza aggettivi, ta-
gliente e secca. La forza di questa poesia
risiede in immagini semplici ed essenzia-
li, in grado di trasfigurare il dettaglio
quotidiano in palpito vivo e universale,
dove "la quotidianità si traveste/ e il tra-
gico vive in noi." Miriam De Berardis è
nata nel 1953 a Teramo, dove vive tut-
tora. Diplomata all'Accademia di Belle
Arti (pittura), ha pubblicato poesie su
riviste specializzate e nella collana
"L'Autore - poeti italiani contemporanei"
(Firenze Libri Editore). Con un racconto
ha ottenuto una segnalazione di merito
al premio Villa Rosa (Teramo). Collabo-
ra a "Le pagine del poeta" (Le pagine Edi-
tore). Nel 2008 ha pubblicato il raccon-
to breve "L'urlo" (Firenze Libri Editore) e
"Così, senza inganni" (Il Filo Editore). Al-
la scrittura affianca l'attività espositiva
in Italia e all'estero.
maggio 2010 noidonne46
Miriam De Berardis
Perché le macerie non
seppelliscano i vivi Luca Benassi
versi cristallini, a tratti
epigrafici nella loro solennità,
con una loro particolare
durezza spezzata, giocata su
una musica dissonante
Ridatemi L'Aquila
Ridatemi L'Aquila.
Ridatemi.
Ridatemi L'Aquila e i dintorni.
Ridatemi Collemaggio, San Bernardino,
la Chiesa delle Anime Sante…
Ridatemi le piazze, i vicoli, la luce dei lampioni.
Ridatemi il passato e il futuro.
Ridatemi la neve sui tetti, bianca,
la neve sporca di orme,
di passi, di strade percorse.
Ridatemi il profumo del pane,
il rumore delle saracinesche alzate.
Ridatemi la folla dei mercati,
il caldo dei bar.
Ridatemi i ragazzi alla fermata del tram,
le loro grida, le urla, gli schiamazzi,
il chiacchiericcio.
Ridatemi la voce dei morti,
e i passi dei vivi.
Ridatemi la voce dei morti,
e i passi dei vivi.
Ridatemi.
Fate presto.
Vi scongiuro.
Fate presto.
Presto. Facciamo presto.
Perché le macerie non seppelliscano i vivi.
Giorni
Rispecchiano questi
gesti usuali in uno
spicchio di luna paralizzata
in un lago. Come i nostri
giorni. Cominciano a sapere
di muffa, si fanno paradossali
come una commedia recitata male.
La quotidianità si traveste
e il tragico vive in noi.
Batti due colpi, vai a caccia
di streghe se le parole
sono uscite da laghi
di bocche buttando
la polpa, la parte
migliore
degli anni.
Spari
I campi di grano hanno il respiro
di sempre, nascondono gli stessi nidi.
Ogni tanto qualche uccello prova
a scappare prima del solito.
Sente i richiami dei campi vicini.
Le volpi vi si aggirano di notte, astute e guardinghe.
C'è un palpitare sotterraneo
che sfugge all'occhio più attento.
Dopo i rumori, gli spari,
alcuni spari
squarciano il cielo.
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