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Numero 4 del 2016

Europa (in)difesa. Barriere politiche e culturali


Foto: Europa (in)difesa. Barriere politiche e culturali
PAGINA 46

Testi pagina 46

44 Aprile-Maggio 2016
M
aternità surrogata, gravidanze a ses-
sant’anni, step child adoption, aborto clan-
destino e relative multe (!!!! anche di que-
sto si è parlato). Tanti sono i messaggi dai
media, il cui filo comune è la chiamata in
causa del corpo della donna; tuttavia mi voglio soffermare
su un concetto che sostiene gli altri in questa intricata ma-
tassa, la responsabilità. Non unicamente una riflessione su
una nozione antica, forse desueta, ma anche mie risonan-
ze emotive per pensare insieme.
Responsabilità, termine che arricchisce sfere e con-
testi diversi, con Aristotele, si potrebbe dichiarare “re-
sponsabilità si dice in molti modi”: nel Novecento e in
questi nostri tempi l’espressione ha assunto una posizione
centrale, pur nelle sue infinite metamorfosi, e per la sua
presenza nell’ambito giuridico, politico e filosofico-morale.
Se nel livello giuridico, responsabilità si collega a impu-
tabilità, in quello politico esprime il rispondere, il rendere
conto, collegato strettamente (più interessante ed urgente
per noi) con il livello etico, in cui il pensiero delle donne ha
espresso incalzanti novità o un pensare diverso. Il punto
di partenza è il drammatico: chi sono io? quali le caratte-
ristiche dell’individuo moderno, in un contesto di caduta
dell’universalismo? Le filosofe a cui mi richiamo (Arendt,
Heller, Weil, ma altre - e altri - si potrebbero ricordare) han-
no risposto con il disegno del soggetto storico, contingen-
te e limitato, frutto del caso, la creatura di cui Heller dice
che agisce senza stampelle o che è avvolta in una busta
senza indirizzo.
Il soggetto-persona (uomo e donna), tuttavia libero,
autore di decisioni quindi responsabile, non già a-
patico, egocentrico, insulare e disimpegnato ma vin-
colato e riconoscente: riconoscimento della dipenden-
za, valorizzazione dell’asimmetria. Agente relazionale,
reciprocus, autonomo che opera in una sfera pubblica
come zona in cui s’intrecciano, diritti, passioni e interes-
si sociali. Mi piace ricordare come il pensiero femminile
abbandoni la strada delle etiche metafisiche o religiose
(Jonas e Lévinas) per incamminarsi sul sentiero della
responsabilità quale cura del mondo comune, per dirla
con Arendt o cura politica secondo Jean Tronto. Trala-
sciando sullo sfondo il dibattito nato dal testo di Carol
Gilligan, A different Voice, Tronto definisce la cura come
pratica sociale, o cura democratica, che comporta la
“riduzione delle asimmetrie” nelle relazioni stesse di
cura. La cura quindi non confinata solo nel privato
dei legami personali, ma quale dimensione morale e
politica del rapporto individui-stato, da cui si dise-
gna la ricontestualizzazione della politica in termini
pluralistici e democratici. Non solo, ma la respon-
sabilità risponde alle pressioni dell’individualismo
esasperato e rompe l’isolamento, consente di ritro-
vare un sentimento di appartenenza, un impegno con
l’altro in quanto segno significativo dell’identità dell’Io.
Il soggetto morale femminile - lontano da un’etica dei di-
ritti e delle norme, privilegiata dalla riflessione maschile
- pronuncia nuove parole e disegna inedite prassi: libertà
(di costruirsi come persona, sfuggendo dai ruoli prefissati
o funzioni rigide umanamente ingiuste, libertà dell’inter-
scambio dei ruoli). Responsabilità, che sostanzia un’au-
tonomia morale femminista “relazionale”, differente
LA
RESPONSABILITÀ
È RELAZIONE
Da Aristotele a Jean Tronto, passando per
Hannah Arendt, l’etica della cura come pratica
sociale. E l’autonomia morale femminista
“relazionale”
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