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Numero 3 del 2007

Mimosa e non solo


Foto: Mimosa e non solo
PAGINA 45

Testi pagina 45

noidonne marzo 2007 45
Nel dicembre scorso l'InternationalHerald Tribune ha pubblicato un
articolo scritto a quattro mani da
Amartya Sen (Nobel per l'economia nel
1998) e Desmond M. Tutu (Nobel per la
pace nel 1984), dal titolo "The Burmese
people deserve our support", il popolo
Birmano merita il nostro aiuto. Che co-
sa sta succedendo in Birmania (Myan-
mar in lingua locale e nome ufficiale dal
1989), dove una donna Aung San Suu
Kyi, insiginta del Nobel per la pace nel
1991, persevera nella sua lotta nonvio-
lenta ? Come ricordano Sen e Tutu in un
recente appello, la Lega Nazionale per
la Democrazia, il partito politico di
Aung San Suu Kyi, aveva ottenuto alle
ultime elezioni l'82 % dei posti in Parla-
mento, ma i militari hanno annullato i
risultati del voto e imposto una delle
peggiori dittature oggi esistenti nel mon-
do. Scrivono Sen e Tutu: "Per decenni,
una brutale giunta militare ha creato un
moderno incubo nazionale, rinchiuden-
do più di 1.100 prigionieri politici, di-
struggendo virtualmente il sistema edu-
cativo, schiacciando ogni media indi-
pendente e conducendo
brutali pogrom contro le
minoranze etniche". Le "ri-
soluzioni" delle Nazioni
Unite alcune sono state ignorate dalla
giunta militare di Myanmar e dall'opi-
nione pubblica internazionale, che co-
nosce poco sia della "gigantesca crisi
umanitaria" birmana (aggravata dalla
diffusione dell'Aids) sia della lotta non-
violenta della donna più amata dal po-
polo, che sfida il regime militare più re-
pressivo del mondo con "determinazione
e dolcezza". Figlia del pre-
sidente - assassinato nel
1947 - che stava portan-
do il paese verso l'indipen-
denza e la democrazia,
Aung, negli anni Ottanta,
è tornata in Birmania.
Messa agli arresti domici-
liari, ha continuato a con-
durre la sua lotta attra-
verso uno stile di vita per-
sonale nonviolento (medi-
tazione, vegetarianesimo,
gentilezza d'animo e de-
terminazione delle idee) non approvan-
do la dittatura ma anche rifiutandosi di
odiare i militari che stanno distruggen-
do il suo paese.
Per informazioni sulla Birmania e su
Aung San Suu, si consiglia di Cecilia
Brighi 'Il pavone e i generali. Birmania:
storie da un Paese in gabbia' Baldini
Castoldi Dalai, 2006.
Ci sono donne, e alzi la mano chi non si è mai trovata sinceramente in tal situazione, che pur di te-
nersi avvinghiato un uomo venderebbero l'anima al diavolo con cervello annesso.
E vi spiego subito perché. Esistono donne di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali che cresciu-
te con la convinzione che essere donna significhi dare in modo incondizionato, sono incapaci di vo-
lersi bene. Donne che, per non affrontare il rapporto con se stesse, affidano ad altri il compito di
renderle felici. A dispetto della più comune evidenza, queste donne subiscono umiliazioni di ogni
genere, accettano di abbassare il loro grado di autostima pur di continuare a pensare che ci sia qualcuno al mondo di dare loro ri-
conoscimento ed affetto. Io da tempo ho avvertito l'esigenza di studiare da sociologa più a fondo il problema, maturando una sen-
sibilità personale e professionale più attenta sul tema della dipendenza affettiva. Senza arrivare all'estremo della violenza che ri-
mane pur sempre la punta dell'iceberg di un disagio sempre più diffuso, ciò che caratterizza il rapporto con il partner è proprio la
qualità di una relazione che non si vuole vedere o si tenta a tutti i modi di sostenere, pur di non dire un basta definitivo. Ed è pur
sempre vero che da sole si corre il rischio di focalizzarsi unicamente sui problemi personali, trascurando di considerare le condi-
zioni sociali che li creano e li favoriscono. Confrontarsi con altre donne disposte a porsi le domande giuste, condividere i dubbi, le
contraddizioni e le paure con chi vive situazioni simili, possono aiutare a riconoscere e accettare i propri atteggiamenti dipenden-
ti senza colpevolizzarsi troppo e a trovare la determinazione giusta per uscire da comportamenti obbligati, che si ripetono quasi
in automatismo, continuando a ferirci e a minare la nostra autostima. Beninteso non intendo farlo come professionista ma come
donna, attraverso un confronto alla pari con altre donne che, dandosi reciproco aiuto e scambiandosi competenze ed esperienze,
imparano a volersi più bene. Stando tra le donne ad esempio ho notato che spesso accanto alla poca o nulla accettazione di sé ci
sono pure la difficoltà di comunicare le proprie esperienze più intime e la resistenza a leggere e ad accogliere le proprie emozioni.
Di qui la necessità di raccontarsi, di esprimersi per vedere rispecchiata negli occhi dell'altra la propria unicità, e vedersi così con oc-
chi diversi, bastarsi di più ed essere meno vulnerabili a mettere a repentaglio il proprio bagaglio emotivo.
Liberarsi dal troppo amore
Giovanna Providenti
L’appello di due premi Nobel
Birmania
“Myanmar è il miglior esempio
di quanto ci sia di sbagliato
quando dei dittatori gestiscono
lo sviluppo economico”
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