Numero 5 del 2008
Donne elette: tutto è cambiato, nulla è cambiato
Testi pagina 45
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la struttura del film, sul tema della ri-
voluzione sessuale. M'interessava rac-
contare gli anni Sessanta e Settanta at-
traverso le soggettività, le storie singole
delle donne nella loro quotidianità. Per
farlo sono partita da due fonti istituzio-
nali molto diverse fra loro: le Teche RAI
e l'Archivio del Movimento Operaio ita-
liano, più orientato a sinistra". Immagi-
ni di repertorio, filmati amatoriali, foto-
grafie e fotoromanzi, inchieste e pubbli-
cità, si mescolano sapientemente a fon-
ti non-ufficiali, come i diari e le rifles-
sioni di Anita, Teresa e Valentina, tre
giovani donne che testimoniano (in cit-
tà diverse) stati d'animo e lotte comuni
verso la famiglia, le convenzioni socia-
li, la politica, il sesso. Anita, adolescen-
te nel 1964 e cresciuta in una severa fa-
miglia borghese, vorrebbe avere le sue
prime esperienze con l'altro sesso, ma è
inibita e repressa dalla sua educazione.
Teresa, dall'altra parte della penisola,
rimane incinta a vent'anni, nel 1976,
quando l'aborto è ancora illegale: deci-
de di andare a Roma per un aborto
clandestino e, da quel momento, com-
prende che le sue lotte non sono più so-
lo slogan ma si calano nella realtà del-
la vita. Valentina, militante femminista
nella storica sede romana di Via del Go-
verno Vecchio, nel 1977, vive con inten-
sità la sua vita fra attività politiche e re-
lazioni private. E' lei a scrivere sul dia-
rio una frase emblematica, sul cui signi-
ficato sembra voler riflettere l'intero
film: "Siamo sconfitti entrambi, uomini
e donne, dopo il '77 e penso che i veri ef-
fetti saranno lenti ad insediarsi nelle no-
stre coscienze". Girato con uno stile del
tutto personale, con divertimento, gar-
bo ed ironia, il film è superbamente
montato da Ilaria Francioli: la rapida e
colorata sequenza delle scene non an-
noia mai, piuttosto sottolinea e riecheg-
gia - come un monito in un'epoca ten-
dente all'oscurantismo - che le conquiste
acquisite non si toccano e che si deve,
piuttosto, andare avanti.
Elisabetta Colla
in 'Vogliamo anche le Rose',
ultimo film della Marazzi,
la stagione delle conquiste femminili
RIFF AWARDS 2008
Condizione delle donne
e violazione dei diritti
umani nel mondo
Da anni il RIFF, Rome Independent
Film Festival, promuove azioni culturali
di sensibilizzazione verso situazioni di
debolezza e violazione dei diritti, privi-
legiando storie ed immagini che rivesta-
no interesse di attualità. La selezione di
documentari proposta dall'edizione RIFF
2008 (il Festival si è svolto presso il
Cinema Nuovo Olimpia di Roma) si è
focalizzata da un lato sul tema della
condizione femminile nel mondo, dal-
l'altro sulle violazioni dei diritti dei
popoli. A partire dal ricordo di 'Anna
Politkovskaja' (di Tina Femiano e F.
Maddaloni) e della sua lotta di giornali-
sta indipendente nelle complesse vicen-
de fra Russia e Cecenia, passando per
l'educazione sessuale delle donne nella
Cuba di Castro ('La reina del condon' di
Silvana Ceschi e R. Stamm) e per le fab-
briche che sfruttano il lavoro tessile
delle immigrate sudamericane ('Made in
L.A.' di Almudena Carracedo), traver-
sando l'Africa con le sue ferite e la sua
umanità ('Awaiting for Men', di Katy L.
Ndiaye; 'The greatest silence: rape in
Congo', di Lisa F. Jackson), soffermando-
si sulle tradizioni delle donne Rom in
Montenegro ('Henna/Kana' di N.
Vukcevic) si arriva a descrivere la condi-
zione femminile in Italia ('Il futuro che
vorrei', di Edoardo de Angelis). Con
un'angolazione originalissima, il docu-
mentario 'Alone in four walls', della regi-
sta tedesca Alexandra Weistmeier,
descrive la vita di ragazzini sotto i 14
anni in una casa per giovani delinquenti
nella Russia rurale, mentre 'The Haidari
Crisis', di Tomislav Zaja, di racconta la
storia un uomo che, dopo 8 anni di
reclusione in una prigione talebana in
Afghanistan, cerca disperatamente la
moglie e i sette figli nei campi profughi.
Infine, in tema di violazioni dei diritti
umani, il RIFF (in collaborazione con la
Casa del Tibet, l'Associazione Italia-
Tibet e l'Associazione Retour - Rete di
turismo responsabile) ha organizzato
una serata, con proiezioni e dibattito,
sulla situazione del Tibet e della
Birmania e sulle lotte attuate in questi
paesi per le libertà democratiche, attra-
verso forme non violente, come la mar-
cia dei monaci buddisti di marzo a
Dharamsala, per la libertà in Tibet, ed
altre forme di protesta in Birmania.
E.C.
ta del film, in realtà ho iniziato a lavora-
re a questo film quasi tre anni fa e non
pensavo né che sarebbe uscito in sala né
che sarebbe capitato in un momento co-
sì propizio! Sembra quasi fatto di propo-
sito…Sentivo infatti la necessità di rivi-
sitare una certa epoca, in particolare ri-
spetto ai movimenti delle donne, par-
tendo da una considerazione legata al-
l'oggi e mi sono chiesta: da dove siamo
partiti? cosa abbiamo trasformato e do-
ve siamo approdati? cosa ci portiamo
dietro come retaggio del passato? A Mi-
lano c'è stata una grande manifestazione
sulla legge 194 e sull'aborto ed io proba-
bilmente, anche senza premeditarlo, vi-
vendo all'interno della società attuale,
ho sentito nell'aria che erano maturi i
tempi per girare e raccontare questo
film. Molte donne hanno rivissuto le lo-
ro storie attraverso il film e mi hanno
ringraziato oppure sono state contente
di riflettere su certe tematiche. La vita di
un film come il mio, sul grande schermo,
non è mai troppo lunga, bisognerebbe
girare continuamente a presentarlo.
Le donne, secondo te, hanno ancora
mete da raggiungere e battaglie da
combattere?
Sì, certo. Forse le battaglie più difficili
sono quelle del quotidiano: nel privato,
talvolta, è responsabilità delle donne
non uscire da certi ruoli, siamo noi stes-
se che difendiamo certi territori, e lì si ri-
torna agli schemi di sempre, le donne
spesso hanno un atteggiamento protet-
tivo verso gli altri e questo rende più
lungo il processo di cambiamento.
Poi ci sono le battaglie "pubbliche": il
discorso delle coppie di fatto, della fe-
condazione assistita, e tutto ciò che è
legato a questa sfera.
Un altro aspetto importante è quello
delle donne immigrate che, lavorando
spesso a casa per noi, ci consentono di
fare le cose che ci piacciono: questo rap-
porto andrebbe esplicitato, smaschera-
to. E' triste che la nostra libertà dipenda
dalla loro situazione di lavoratrici preca-
rie. Questa catena coinvolge tantissime
donne in tutto il mondo.
E.C.