Numero 10 del 2006
Violenza: sconfiggere la paura
Testi pagina 44
ottobre 2006 noidonne44
Sempre avvolto dal suo clima di ambi-guità minaccisa, ma alleggerito in
una lettura surreale di Pierpaolo Sepe, Il
Guardiano di Harold Pinter, è stato uno
degli spettacoli più interessanti del
Festival di Borgio Verezzi, una rassegna
teatrale estiva di prestigio che ogni
anno allieta le vacanze in Liguria.
Come tutti i testi del commediografo
inglese, questo dramma del 1960 con-
templa una situazione di quotidiana
banalità, apparentemente insulsa, ma
densa di informazioni nascoste e di
motivazioni non spiegate. Ne sono i
protagonisti due fratelli sui trent'anni:
uno piuttosto violento e dalle maniere
spicce, fa il rigattiere; l'altro, mite, dota-
to di capacità creative e di buona
manualità, non riesce a fare niente,
segnato com'è dall'esperienza del mani-
comio e dell'elettroshock subìto. Nella
casa dove soggiorna per una improba-
bile ristrutturazione, è proprio lui, lo
svaporato, ad accogliere un poveraccio
senza tetto, un vecchio sguattero appe-
na licenziato a cui offre un tetto e un
giaciglio senza far domande. In quello
spazio, chiuso e soffocante, maleodo-
rante e gremito di cianfrusaglie, si
instaura fra i tre un rapporto non ben
definito che si tesse nell'isolamento e nel
sospetto, attraverso un dialogo scarnifi-
cato, pieno di sconnessioni, dove non si
chiarisce per nulla la natura dei tre,
dove la prevaricazione e la violenza cer-
cano un varco per garantire la soprav-
vivenza di ognuno, fino a quando il
vecchio nella sua aggressiva petulanza
riesce a farsi assumere come guardiano
della dimora sgangherata e invasa dal
disordine.
Dire di più è peccato. Lo sviluppo
verso l'epilogo, sempre orizzontale, si
manifesta nelle minuzie di un dialogo
sbocconcellato che lì per lì non delinea
soluzioni, un dialogo che si stacca in
apparenza piatto e naturale,
senza aperture drammatiche. In
realtà è un capolavoro costruito
parola per parola, con precisione
minuziosa e con sapienza estre-
ma, un discorso verbale dove i
silenzi e le reticenze tracciano
profili psicologici straordinari e
costituiscono un segno distintivo
del teatro di questo impareggiabi-
le Premio Nobel per la letteratu-
ra.
Del magnifico testo gli inter-
preti sono all'altezza. Torvo e
falso fino al midollo, Giacomo
Rizzo (l'attore del film L'amico di
Famiglia), affonda nella melen-
saggine del suo personaggio, ne
enfatizza le impennate prepotenti, la
protervia, la sfacciataggine. Se si dimo-
stra energico il segno interpretativo di
Polo Sassanelli, il rigattiere, Maximilian
Nisi con stravagante delicatezza e gran
perizia si presta ad un personaggio feri-
to nella dignità e reso improvvisamente
solido e caparbio dalla prepotenza
altrui.
Se capita, 'Il Guardiano' è da vedere
e da seguire con attenzione, perché il
regista ha fornito una lettura chiara e
rigorosa, e che nella scenografia emble-
matica abitata da rottami veri e simbo-
lici, risponde bene al messaggio pinte-
riano che la convivenza, sfida del
nostro futuro, non appare realizzabile.
La convivenza impossibile
Liguria
Mirella Caveggia
a Borgio Verezzi, la rassegna
teatrale estiva ha reso omaggio
ad Harold Pinter
La scuola delle mogli
"Quando si infila un anello al dito senza i dovuti accorgimenti, spuntano le
corna". La pensa così Arnolfo, il protagonista di La scuola delle mogli di Molière,
che nella proposta di Giuseppe Pambieri, regista e interprete con la figlia Micol,
ha debuttato al festival estivo di Borgio Verezzi facendo scintille in quella deli-
zia di scenario che è la piazzetta di Sant'Agostino. Resa con istintivo e molto
efficace senso teatrale, la commedia nella sua critica appuntita ai costumi e ai
vezzi del genere umano ha sprizzato effetti comici a ripetizione e ha raccolto
applausi su applausi. In questa lettura sotto le stelle, la vicenda si sviluppa in
un'unica elementare scenografia, che quasi primitiva in apparenza, si ravviva
progressivamente accompagnando a meraviglia lo svolgimento. Arnolfo, un
borghese scapolo con smanie di nobiltà e ossessionata di tradimenti coniugali,
per scampare alle corna e per garantirsi la fedeltà assoluta e la piena sottomis-
sione della consorte, si accinge a sposare la quattordicenne Agnese, che dall'e-
tà di 4 anni ha fatto allevare in un convento nella più bieca ignoranza, metten-
do in atto quella che ritiene la più perfetta strategia per prendere moglie senza
diventare becco. Ma appena fuori, la fanciulla si innamora di un leggiadro gio-
vanotto...
(M. C.)