Numero 10 del 2008
Futuro (passato) prossimo
Testi pagina 44
ottobre 2008 noidonne44
Sono sempre più numerosele donne che si dedicano
al documentario, per foto-
grafare la realtà circostante
ma spesso anche per soste-
nere cause "giuste", ideali
apparentemente in via di
estinzione o per raccontare
storie dove i veri protagoni-
sti sono i diritti umani e le
persone che lottano per af-
fermarli. Milena Kaneva,
attrice di professione, bul-
gara di origini russe, è di-
ventata reporter e poi regi-
sta proprio perché le storie
di diritti violati nel mondo
si facevano urgenti da rac-
contare e la vita da attrice le diventava
sempre più stretta. Dopo aver lavorato
con agenzie stampa internazionali, Mi-
lena ottiene una fortunata intervista al-
la leader birmana dell'opposizione,
Aung San Suu Kyi, dal cui carisma ri-
mane toccata: da quel momento in poi
il suo destino sarà legato alla Birmania,
un paese meraviglioso e sofferente,
schiacciato da un feroce regime milita-
re. Dopo l'incontro con il giovane Ka
Hsaw Wa, uno studente di etnia Karen,
e con sua moglie Kate, un'avvocata
americana volontaria in Birmania, Mi-
lena gira 'Total Denial' un documentario
sulla storica causa intentata da un
gruppo di abitanti del paese alla poten-
tissima compagnia petrolifera
Unicol/Total, per gli abusi e le violenze
operati ai danni delle popolazioni loca-
li durante la costruzione di un oleodot-
to. Il documentario, dopo aver ricevuto
il Premio "Human Rights" dal presidente
ceco Vaclav Havel al One World Festi-
val di Praga nel 2006, è stato seleziona-
to in numerosi festival in tutto il mondo,
a testimoniarne l'originalità ed il corag-
gio. Incontriamo Milena a Roma, piena
di entusiasmo e vitalità, in occasione di
una proiezione italiana al RomaFiction-
Fest.
Raccontaci di te, di come hai inizia-
to la tua vita artistica arrivando fi-
no alla regia …
Sono nata e cresciuta in Bulgaria,
vengo da una famiglia d'arte: papà era
regista e mamma attrice, così sono cre-
sciuta dietro le quinte. Ho scelto di fare
l'attrice perché era quella l'unica isola
di libertà e di sogno, si poteva recitare
Shakespeare e parlare tra le righe di te-
mi che altrimenti non si potevano toc-
care in Bulgaria ai tempi della "dittatu-
ra" comunista. Nel 1987 mio padre, per
poter viaggiare ed uscire dal paese ave-
va creato l'Associazione della pesca
subacquea ed io facevo parte della
squadra, ero una pescatrice molto bra-
va (sport, arte e cultura erano abba-
stanza tollerati dal regime) e così, su in-
vito di alcuni amici italiani, ci hanno
fatto uscire dal paese come membri del-
l'Associazione. Mia
madre è rimasta per-
ché, se non si era parte
dell'establishment co-
munista, non si poteva
andare via tutti insie-
me, e noi non lo erava-
mo. In questo senso la
voglia di libertà l'ho re-
spirata da piccola, e
forse è per questo che
mi sono immedesimata
nella storia di Ka Hsaw
Wa, quando racconta
nel film, con grande tri-
stezza, che non vede
sua madre da 13 anni. Anche io, una
volta fuori, ho scelto di rimanere in Ita-
lia a studiare da attrice, un paese molto
simile al mio, con il mare ed uno spirito
"mediterraneo", e non sono più tornata
in Bulgaria. Da piccola volevo fare la
giornalista, per dire la verità, ma in
Bulgaria non si poteva dire liberamente
la verità. In Italia sì, così dopo aver a
lungo recitato, sono diven-
tata news producer per
un'agenzia internazionale
(WTN, poi APTN), in anni
caldi, mentre dilagavano
Mani Pulite, le bombe, An-
dreotti…ogni giorno dove-
vo raccontare 5 storie in po-
chissimo tempo. Poi sono
diventata free lance produ-
cer ed ho iniziato a girare il
mondo, facevo reportages
settimanali, di 15-20 minu-
ti: ho documentato la lotta
fratricida tra Hutu e Tutsi in
Rwanda, diverse crisi uma-
nitarie in Sudamerica, il
massacro dei Sem Terra in
Brasile. Ho cercato sempre di mantener-
mi indipendente, è la miglior cosa, non
ho fatto filmati su commissione, ad
esempio, per la Croce Rossa. Sono di-
ventata regista perché c'erano storie da
raccontare e non entravano nel formato
giornalistico.
Essere donna ha mai rappresentato un
problema per te e per il tuo lavoro?
Quando sono arrivata in Italia
nell'87 sono rimasta colpita che si par-
lasse tanto di emancipazione…in que-
sto il comunismo aveva reso tutti ugua-
li, anzi nelle scuole le
ragazze erano molto
più brave dei maschi.
Nella mia famiglia io
ero un figlio per mio
padre ed una figlia per
mia madre, e sono gra-
ta a mio padre che mi
ha insegnato a nuotare
fin da piccola in acque
profonde, per far sì che
me la cavassi da sola.
Ci sono parti del mon-
do dove è più pericolo-
so essere uomo ed in
molte occasioni è stato
un vantaggio per me essere donna. In
India, a Gaia, mentre aspettavo il treno
chiacchierando con una persona, molti
mi chiedevano "ma come mai tu sei in
giro da sola e senza un marito?", ma
questo capita, e talvolta ho dovuto far
credere agli uomini con cui lavoravo
che decidevano loro. Ad esempio ho
avuto esperienze molto dure in Africa,
Intervista a Milena Kaneva
Regista e reporter dei diritti umani
Elisabetta Colla