Numero 2 del 2009
Se 60 anni vi sembran pochi provate voi a lavorar...
Testi pagina 44
febbraio 2009 noidonne44
Antonia Pozzi nasce il 13 febbraio1912, figlia dell'avvocato Roberto
Pozzi e della contessa Lina, originaria
di una famiglia di proprietari terrieri.
Cresce in un ambiente agiato, colto e
raffinato, dedito alle letture di autori
italiani e stranieri, alla musica e alla
frequentazione della Scala. Durante gli
studi liceali la Pozzi vive un'intensa
passione per il suo professore di greco e
latino, Antonio Maria Cervi, che la in-
troduce alla letteratura e alla poesia,
ma la scintilla dell'amore è subito soffo-
cata dai genitori: il sentimento della
perdita e della rinuncia, da quel mo-
mento, colorerà di scuro il cuore della
poetessa. Terminati nel 1930 gli studi li-
ceali, si iscrive alla facoltà di lettere e fi-
losofia della Statale di Milano, dove
stringe amicizia con Vittorio Sereni, Re-
mo Cantoni e Dino Formaggio. Frequen-
ta il corso di estetica, tenuto da Anto-
nio Banfi, e si laurea con lui con una te-
si sulla formazione letteraria di Flaubert
nel 1935, che verrà pubblicata pustu-
ma. Inizia a frequentare con assiduità
la montagna, viaggia in Grecia, Au-
stria, Sicilia, Africa, Inghilterra (inviata
dal padre per allontanarla dal Cervi).
Scrive poesie, pagine di prosa e di dia-
rio; traduce Hausmann, abbozza un ro-
manzo sulla storia lombarda. Inzia l'at-
tività di fotografa, che insieme alla poe-
sia rimane il luogo più vero della sua
vocazione artistica. Nel 1937 comincia
l'attività d'insegnante presso l'Istituto
Tecnico Schiapparelli; si divide fra l'im-
pegno sociale e l'attività letteraria e fo-
tografica, le collaborazioni con "Corren-
te" ed altre riviste, sempre alla ricerca di
una via che segni l'uscita dall'inquetu-
dine esistenziale, dal dramma della per-
dita dell'amore, alla ricerca di una fede
lambita e mai trovata. Si toglie la vita a
Milano nel 1938, a soli ventisei anni. La
raccolta di poesia "Parole" (in prima
edizione nel 1939) e gli altri scritti ven-
gono pubblicati postumi. L'esperienza di
Antonia Pozzi è una delle più intense e
vive del Novecento. All'intellettuale,
acuta conoscitrice delle letterature in-
glese, francese e tedesca, traduttrice, fo-
tografa, si unisce una vena poetica pro-
fonda e genuina, una poetessa inquieta
e naturale quanto consapevole nell'im-
pastare la lingua della poesia. Montale,
nella prefazione a "Parole", avvertiva i
lettori sull'assenza di sentimentalismo,
su quella patina opaca, comune a chi
mette in poesia la sofferenza, che nella
Pozzi lascia il posto alla ricerca della
verità, alla purezza della parola cristal-
lina e dura come la roccia delle amate
montagne, spesso oggetto dei suoi testi.
Scrive Antonia Pozzi nel suo "Dia-
rio", il 4 febbraio 1935: "Il mio disordi-
ne. È in questo: che ogni cosa per me è
Antonia Pozzi
Le parole innamorate della musa inquieta
Luca Benassi
Certezza
Tu sei l'erba e la terra, il senso
quando uno cammina a piedi scalzi
per un campo arato.
Per te annodavo il mio grembiule rosso
e ora piego a questa fontana
muta immersa in un grembo di monti:
so che a un tratto
- il mezzogiorno sciamerà coi gridi
dei suoi fringuelli -
sgorgherà il tuo volto
nello specchio sereno, accanto al mio.
9 gennaio 1938
La vita
Alle soglie d'autunno
in un tramonto
muto
scopri l'onda del tempo
e la tua resa
segreta
come di ramo in ramo
leggero
un cadere d'uccelli
cui le ali non reggono più.
18 agosto 1935
Lieve offerta
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera
come le estreme foglie
dei pioppi, che s'accendono di sole
in cima ai tronchi fasciati
di nebbia -
Vorrei condurti con le mie parole
per un deserto viale, segnato
d'esili ombre -
fino a una valle d'erboso silenzio,
al lago -
ove tinnisce per un fiato d'aria
il canneto
e le libellule si trastullano
con l'acqua non profonda -
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,
bianco -
sulle oscure voragini
della terra.
5 dicembre 1934
La roccia
Trine di betulla
nella valle
i pensieri -
ma ieri
quando soli erravamo
sulla nuda montagna -
il taglio
delle rupi più eccelse
era il disegno
della mia forza - in cielo.
E non parlare di rovina
tu cuore -
fin che uno spigolo nero a strapiombo
spacchi l'azzurro
e una corda s'annodi all'anima
bianca
come le ossa del falco
che sul torrione più alto
regalmente ha voluto
morire.
8 settembre 1933