Numero 12 del 2007
Un anno di notizie a colori
Testi pagina 43
Dopo alcune interessanti divagazionicinematografiche dai suoi contesti
preferiti, torna il Ken Loach che più ci
piace, con l'aspro e complesso 'In questo
mondo libero' (It's a free world…), nel-
l'inconfondibile cifra ruvida e poetica
che da sempre caratterizza il regista nel
mondo del cinema per l'impegno civile e
sociale delle sue opere, rivolte al mondo
del lavoro e della disoccupazione, ai
problemi degli immigrati, delle donne,
dei deboli e degli emargina-
ti, agli ambienti degradati
del vasto hinterland della
società anglosassone. Il re-
gista più a sinistra del Re-
gno Unito (si può ancora
usare questa espressione?
"in un mondo libero" si do-
vrebbe…), noto ed amato
per film-cult quali 'Riff-
Raff', 'La canzone di Carla',
'Bread and Roses', 'Terra e
Libertà', 'Paul, Mick e gli
altri', descrive oggi i gravi
problemi del mercato lavo-
rativo del suo paese (sfrut-
tamento del lavoro nero,
disperate condizioni degli
immigrati senza permesso di soggiorno,
lavoro interinale e precariato) e lo fa at-
traverso la storia personale di una don-
na energica ed in cerca di riscatto, An-
gie. E non a caso Loach sceglie una don-
na come protagonista di questo film: li-
cenziata dall'agenzia di collocamento
dove lavora per non voler sottostare al-
le molestie dei suoi superiori, Angie, ra-
gazza madre con un difficile passato al-
le spalle, decide di aprire una propria
agenzia con l'aiuto di Rose, un'amica
esperta di navigazione in Internet.
Le due amiche reclutano stranieri di-
sperati (spesso senza casa, oltre che sen-
za documenti né lavoro) e li inserisce,
dietro compenso, presso fabbriche o pic-
cole imprese, con retribuzioni inferiori a
quelle del mercato. Tutto sembra funzio-
nare, sia pur nella difficoltà quotidiana
di gestire fondi e personale, finché qual-
cosa andrà storto ed Angie, per mante-
nere fermi i suoi obiettivi esistenziali,
dovrà vedersela con compromessi im-
previsti e durissimi, che lacereranno
rapporti e senso etico, segnandola pro-
fondamente. "Angie è il prodotto della
controrivoluzione thatcheriana - affer-
ma il regista - che ha posto l'accento su-
gli affari e sulle capacità imprenditoria-
li ed ha premiato l'atteggiamento in cui
ci si fa strada e si cerca di avere succes-
so sgomitando.
E' una donna accattivante, ma non
la classica buona amica. E questo si ca-
pisce dal modo in cui la trattano gli uo-
mini". Vincitrice del premio Osella, la
sceneggiatura originale è opera del fede-
le braccio destro di Loach, Paul Laverty:
i caratteri dei protagonisti, in particola-
re delle due donne, sono descritti con
abili sfaccettature. Non ci sono facili
etichette di buoni e cattivi da attribuire,
sembra dire il regista, ma piuttosto la
critica è per la società capitalista ed i
suoi scellerati bisogni-consumi, che de-
terminano situazioni di guerra fra pove-
ri estremamente complesse, frutto di
profonde e ciniche speculazioni econo-
miche di tipo neo-liberista, riducendo le
persone a cieca forza lavoro, da sfrutta-
re a fondo senza scrupoli, bandendo
ogni autentico intento d'integrazione e
solidarietà. "La cosa che ci interessava
di più - aggiunge il regista - è sfidare la
convinzione secondo cui la spregiudica-
tezza imprenditoriale è l'unico modo in
cui la società può progredire, l'idea che
tutto sia merce di scambio, che l'econo-
mia debba essere pura competizione, to-
talmente orientata al marketing e che
questo è il modo in cui dovremmo vive-
re, ricorrendo allo sfruttamento e produ-
cendo mostri.". Nonostante
qualche sbavatura nello
script, tutto viene facil-
mente perdonato a questo
bel film a fronte del mes-
saggio di forte impatto ed
alla coraggiosa scelta di
un argomento oltremodo
scottante. Bravissime le
due attrici, Kierston Wa-
reing, nel ruolo di Angie,
donna libera, vissuta e dis-
posta a tutto per uscire
dalla miseria e dall'anoni-
mato, e Juliet Ellis, nel ruo-
lo di Rose, l'amica posata e
riflessiva. Intorno a loro si
agita un mondo variegato
di immigrati pakistani, polacchi, india-
ni, iraniani in cerca di una vita miglio-
re: nella periferia londinese come nel
mondo intero.
noidonne dicembre 2007 43
Elisabetta Colla
Precarie da film
A tutto schermo
torna Ken Loach
con un film sulle donne,
il lavoro, gli stranieri
Festival Internazionale
di Cinema e Donne
Si è conclusa a Firenze la 29a edizione
del “Festival Internazionale di Cinema
e Donne”, organizzato dal laboratorio
Immagine Donna. E' stato conferito il
riconoscimento "Sigillo della pace" a
due cineaste impegnate: Liana Badr
(Palestina), per il documentario Le
porte sono aperte. Qualche volta!, sul
tema delle violazioni di diritti umani
in Palestina e del muro eretto nei ter-
ritori occupati, che divide le famiglie
dai propri cari, i bambini dalle scuole,
i contadini dai campi, e Djamila
Saharaoui (Algeria), per il film Bakarat
(Basta!) che, mettendo a confronto
diverse generazioni, evidenzia la capa-
cità combattiva e di resistenza che le
donne in ogni circostanza della storia.