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Numero 3 del 2008

Otto marzo da 100 anni: 1908 - 2008


Foto: Otto marzo da 100 anni: 1908 - 2008
PAGINA 43

Testi pagina 43

bulare. Il bracciale continua a passare
di mano in mano, scompare e ricompa-
re. Interviene anche un vecchio indiano
che si era sistemato in alto nel portaba-
gagli, scende e lo esamina attentamen-
te. Tutti tacciono, l'uomo dice qualcosa,
poi il bracciale torna nelle mie mani e la
nostra interlocutrice dopo avere ascol-
tato il parere di tutti afferma che si trat-
ta di un modello antico.
Li abbiamo molto incuriositi e così
tentiamo di raccontare il nostro viaggio.
Ci è di aiuto la carta geografica del-
l'India che abbiamo con noi. Qui si in-
tromette anche uno dei mariti e ci fa ca-
pire che abitano alla periferia di Madu-
rai - la nostra meta - e che potrebbe dar-
ci ospitalità.
Ecco che una delle signora apre la
borsa e ci fa assaggiare una specie di
marmellata con mandorle; si inizia così
a conversare di cibo con l'aiuto del glos-
sario della nostra guida e della gestua-
lità. Il pomeriggio trascorre veloce, mi
accorgo che il sole sta tramontando.
Dal finestrino scorrono villaggi polvero-
si e quando il treno rallenta vi sono
sempre dei bambini sorridenti vicini ai
binari che salutano.
E' già buio quando il treno entra nel-
la stazione di Madurai. Salutiamo con
calore i nostri compagni di viaggio.
E' tardi ma ci incamminiamo ugual-
mente nelle caotiche buie stradine che
portano al tempio della dea Meenaschi,
dea della fertilità. L'impatto è incredibil-
mente suggestivo. E' l'ora dell'ultima
preghiera della giornata, ovunque luci
di candele e odori di incenso. Colonne
imponenti svettano nei semibui corridoi
e le sari delle donne compongono mac-
chie coloratissime. Tutto intorno a noi
incute rispetto. Camminiamo estasiati,
questa è l'India medievale e spirituale.
Dalle colonne, teste scolpite di elefanti
con minacciose proboscidi si proiettano
verso di noi e provocano un sentimento
di timore. E' come entrare in una favola.
Usciamo dal tempio insieme all'ele-
fante ed ai dromedari che agghindati la-
sciano questo luogo sacro per fare ritor-
no alle loro stalle. Ritorneranno domani
per svolgere giorno dopo giorno il loro
lavoro di sorveglianti silenziosi di que-
sto luogo magnifico.
La gente per strada si ferma a guar-
darli. A quest'ora anche le vacche che
vagano libere nelle stradine polverose
attorno al tempio, si radunano per dor-
mire tutte insieme a ridosso delle mura
del tempio. Qualcuna si ferma davanti
a qualche bottega ove viene offerto un
secchio di acqua o del mangiare.
Sui larghi marciapiedi del tempio di
Meeneschi molte persone, soprattutto
donne e uomini anziani, sono già
sdraiate a terra ed avvolte nei loro
stracci: affronteranno così la notte in-
sieme alle vacche. Domani è un altro
giorno e per loro tutto ricomincerà e fi-
nirà allo stesso modo.
Incredibile India.
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il viaggio in treno fino a Madurai e l'incontro ravvicinato con le
donne e le loro tradizioni. Colpiscono le colonne imponenti scolpite
con le teste di elefanti nel tempio della dea della fertilità Meenaschi
Credo che stiano cambiando una lunga serie di luoghi comuni. Ad esempio la fedeltà di un
amore esclusivo ed assoluto per tutta la vita. Sembra non possa esistere in concreto perché
molteplici sono le situazioni e i contesti. Meglio quasi, piuttosto di soffrire di anoressia affet-
tiva, accettare di essere divise con altre persone, escludendo impaludanti vincoli di gelosia pa-
tologica. Ancora. Non vi sembra che a volta la nostra mente sommersa da messaggi di ogni ti-
po sia come sonnambula e non riesca a trovare una pausa produttiva e corroborante di auto-
legittimazione? A volte basta una sosta, e riuscire a mettere tra parentesi le banalità che le cose hanno nel quotidiano per-
ché tutto "diventi una porta alla ricerca infinita dell'essenziale". Oggi tutti invitano a cercare e a muoversi di continuo, qua-
si in automatico, in un affanno costante che ci impedisce ogni forma di contemplazione sul nostro stesso esistere.
No, non sono diventata una filosofa, semplicemente penso che l'immaturità di chi tutto prova, tutto si concede, compra
e circumnaviga non approdi a nulla e alle donne occorra sempre più riportarsi al mondo concreto della propria giornata.
Prestare attenzione alle nostre scelte, al perché di certi comportamenti, all'esclusione di alcuni aspetti privilegiando inve-
ce quelli a noi più consueti, e chiedersi ogni tanto "perche?" frastornerebbe meno e riporterebbe il tutto a una dimensio-
ne più umana e consapevole. Vedo donne sempre col fiato sul collo a cui la vita pare sfuggire dalle mani che non decido-
no di esistere per loro stesse, di vivere la loro stessa vita. Tutta la nostra esistenza spesso è esitazione, deliberazione a
metà, conflitto e sforzo quotidiani. Ma questo non basta a renderci creative e soddisfatte di noi stesse, né capaci di rin-
novamento interiore. Che cosa ci manca? A latitare è ciò che Simone Weil diceva "Non essere che il tramite tra la terra in-
colta e il campo coltivato, fra i dati del problema e la soluzione, fra la pagina bianca e la poesia, fra lo sventurato che ha
fame e quello che ha trovato il cibo". In due parole: non essere che il tramite per cui passa la creazione.
Cosa ci manca
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