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Numero 2 del 2008

Politiche scomode


Foto: Politiche scomode
PAGINA 43

Testi pagina 43

Nella sala riunioni di una delle mul-tinazionali più potenti del mondo
(scenografia sghemba e sfuggente, fine-
stre a trapezio aperte sul nulla, abba-
gliante luce artificiale) sono stati con-
vocati quattro candidati - tre uomini e
una donna - per un colloquio selettivo
che assegnerà ad uno di loro l'incarico
di manager esecutivo. Si avvia così la
trama di 'Il metodo Grönholm', una
commedia del catalano Jordí Garcelan
diretta da Cristina Pezzoli (al Gobetti di
Torino e il 27 gennaio in scena al Teatro
Astoria di Lerici).
Il colloquio in questione, "congiunto
e multiplo", condotto con tecniche non
convenzionali, rivela strane anomalie:
rigidissimo il protocollo, imprescindibili
le condizioni imposte dall'alto, di inau-
dita severità e del tutto segreta l'impo-
stazione della ricerca (tanto che le di-
rettive impartite attraverso missive per-
sonali sono sprigionate da una botola)
L'indagine è un labirinto disseminato di
trappole, di false verità, di equivoci, di
pazzeschi trabocchetti, per cui ognuno
sospetta dell'altro, incitato dal gioco
perverso che si stabilisce fra gli aspiran-
ti disorientati. Ma i quattro, stimolati
dall'appoggio o dalla rivalità dei com-
pagni di avventura, si sottopongono di
buon grado al sistema feroce di selezio-
ne, che pretende una dimostrazione in-
discutibile di perspicacia, energia, vita-
lità. Dovranno sottostare a prove inau-
dite, che suscitano nello spettatore fior
di risate, ma anche un malessere sottile,
quello evocato dal sopruso e dall'arro-
ganza di un metodo, che valutando le
reazioni emotive dei sottoposti ai test
psico-attitudinali, li stritola in una mor-
sa disumana. Naturalmente i candidati
non saranno giudicati per le loro attitu-
dini e le qualità personali, ma per la lo-
ro apparenza e attraverso il pregiudizio.
Lo spettacolo che un vista di un fina-
le a sorpresa impasta diversi ingredienti
con intelligenza, si dipana in un clima
surreale con una dialettica rigida e geo-
metrica, ma anche con passaggi comici
che portano continui alleggerimenti a
un clima che dovrebbe essere di piombo.
Cristina Pezzoli ne tiene con saldezza la
conduzione. Bravi e affiatati gli inter-
preti: Armando De Ceccon, Enrico Ian-
niello e Tony Laudadio e unica attrice,
Nicoletta Braschi, composta e a suo
agio in scena, si rivela più adatta ai
passaggi drammatici che a quelli bril-
lanti. A tratti si rilevano eccessi espres-
sivi; ma i personaggi, impigliati in gro-
viglio fra realtà e finzione, si trovano a
dover "recitare nella recita". Peccato che
la dizione non risulti sempre perfetta in
un dialogo dalle battute incalzanti che
richiederebbe una pronuncia più preci-
sa. Se questo intoppo è superato, lo
spettacolo è un'autentica riuscita.
noidonne febbraio 2008 43
Mirella Caveggia
Assunzioni senza metodo
Cerco lavoro
una multinazionale, quattro
candidati e varie demenzialità
padronali
Loretta Dorbolò è una pittrice
totalmente autodidatta che,
trasferitasi nella bassa mode-
nese dopo il matrimonio,
riesce a scorgere oltre le neb-
bie della mia terra il suo
mondo, tipicamente friulano
o sloveno, ma universale e a
riportarlo con pochi tratti
essenziali nei suoi quadri.
E la sua pittura è subito
apprezzata e capita. Non ha
caso le è stato chiesto di
essere nelle pagine del "Tesoro
del bigatto" di G. Pederiali,
l'autore modenese che sa,
come lei, vedere oltre la neb-
bia quel mondo magico.
E forse la grande bigatta è l'u-
nico personaggio di quel
mondo che lei non rappresen-
ta.
Ma accanto a questo nei qua-
dri di Loretta Doborlò c'è
un'angoscia data forse dalla
paura che il progresso
distrugga per sempre questo
mondo. Questa sensazione è
stata ben colta da Carlo
Sgorlon: "Ho parlato di gioia di
vivere. Ma la Dorbolò sa bene
che il mondo contadino e
naturale è oggi minacciato e
semidistrutto. Nelle sue tele
si sente che l'industrialismo e
la tecnologia lo stringono
d'assedio, lo hanno ridotto ad
un'isola che si va rimpiccio-
lendo. Essi non si vedono, ma
s'intuiscono: nel vento ciclo-
nico che soffia iperbolicamen-
te in certi paesaggi, con alberi
spogli chinali fino a terra, nei
temporali che percorrono il
cielo, nella fioritura grottesca
di ombrelli rove-
sciati dall'aria.
L'ombrello diven-
ta nella pittura
della Dorbolò, il
simbolo di un
riparo insuffi-
ciente, che non
protegge da
nulla. Come
accade spesso in
questo genere di
pittura, le scene
a volte tendono
ad assumere
significati sim-
bolici, minacciosi, o carichi
addirittura di risonanze apo-
calittiche. Il mondo contadino
straordinariamente ricco di
favole, di superstizioni, di
narrativa orale e di suggestio-
ni arcaiche è minacciato dagli
orchi e dalle streghe dell'indu-
strialismo che dissacra e
distrugge". Vi è nei quadri
della Dorbolò il sospetto che
quella cultura, che è durata
per millenni abbia ormai i
giorni contati.
Pino Ligabue
Gli orchi e le streghe di Loretta
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