Numero 9 del 2007
Dolce attesa ... o malattia?
Testi pagina 42
settembre 2007 noidonne42
Gentile Dr.ssa Bruna Baldassarre,
da tempo seguo gli articoli di 'noi-
donne' e in particolare la sua rubrica
sulla lettura del disegno infantile. Le
chiederei la cortesia di avere, se possibi-
le, la lettura dei disegni di mio figlio, il
quale sta vivendo una situazione molto
conflittuale. Mia moglie ed io siamo se-
parati da sei anni e, purtroppo, il bam-
bino che oggi ha più di sette anni, ha
sviluppato delle somatizzazioni e dei
disagi che non gli permettono di con-
durre normalmente e serenamente la
sua vita di bambino. La mamma, che in
passato è stata in cura da uno psichia-
tra, si comporta in modo poco edifican-
te nei confronti del figlio, minando la
sua autostima, alterando le sue abitudi-
ni e i suoi impegni, compromettendone
le scelte e la normale libertà affettiva.
Per la mia personale esperienza è molto
difficile evidenziare, nell'ambito di un
procedimento giudiziario, le reali esi-
genze di un bambino, perché ancora og-
gi siamo immersi in un mondo molto
omologante rispetto a vecchi stereotipi.
La figura della mamma sembra appar-
tenere a uno stereotipo di profonda ed
indiscussa bontà, ma ciò che realmente
serve a un bambino è una vera struttu-
ra, in grado di sostenere il suo delicato
sviluppo. Quando tale struttura vacilla
è tanto difficile difendere i diritti di un
figlio. E' difficile poter parlare di perico-
li in senso preventivo, leggere il senso di
disperazione dal tono della sua voce,
dalle bugie indotte, dall'incapacità di
sentire una vera struttura protettiva. Po-
trei fare tanti esempi di come un bambi-
no possa finire vittima e sintomo del
disagio di un genitore, l'oggetto posse-
duto per la punizione del partner "per-
duto", ma ciò che mi colpisce maggior-
mente è il non poter scorgere o credere
ancora che esistano categorie ottimali
in grado di leggere tale disagio, prima
che sia tropo tardi.
Lettera firmata
Prevenire e conoscere
la vita dei bambini.
Il bambino "oggetto", che il padre do-
lorosamente ci presenta attraverso i
suoi disegni è il prototipo-ostaggio di un
mondo adultiforme, che vive le proprie
ferite sulla pelle del bambino interiore
mai accolto, amato ed integrato. Un
mondo così esteriorizzante che per leg-
gere il disagio di un bambino ha biso-
gno di un "crimine" già perpetrato, igno-
rando la letteratura esistente e i segni
evidenti, vere e proprie grida d'aiuto,
come la didascalia dell'omino sotto la
pioggia, che urla al mondo di smetterla.
La pioggia, equivalente simbolico di
eventi traumatici, non si può evitare,
nemmeno con una adeguata copertura -
l'ombrello-, e ci si augura soltanto che
smetta al più presto. Lo sguardo è di
paura, di disgusto, perché i tempi delle
strutture preposte alla protezione del
minore sono ancora tropo distanti dalle
vere esigenze del mondo infantile. Il
tempo è fondamentale per evitare uno
squilibrio della personalità di un bam-
bino e il nostro sistema difetta ancora in
questa direzione, oltre che nella lettura
e prevenzione del disagio infantile. Il
tempo è ritmo, legato al mondo delle
abitudini. Quando un genitore non su-
pera il trauma della separazione non
può proteggere il bambino dallo stesso o
da altri pericoli. Tale impedimento è tra-
sversale, nel senso che capita indifferen-
temente sia ai padri che alle madri. Una
sorta di stereotipo ci porta a credere che
la madre sia la persona più adatta per
crescere un figlio e in un certo senso è
vero, perché ha già vissuto questa espe-
rienza internamente, prima ancora del-
la stessa nascita. Ha protetto una vita,
una parte di sé, ma proprio per questo è
anche portata, quando la sua vita è mi-
nata interiormente a distruggere con la
stessa naturalezza. Una donna può sen-
tirsi talmente svuotata da vivere il figlio
ancora come un prolungamento di sé, e
questo è il caso delle mamme depresse
che si tolgono la vita dopo avere ucciso
i propri figli. C'è una categoria vigente,
quella del "possesso", non ancora aboli-
ta dal nostro inconscio collettivo, che
serpeggia indisturbata. Una categoria
difficile da combattere, perché infiltrata
nelle stesse maglie istituzionali. Una
persona consumata dall'odio, dal senso
di vendetta, non può tutelare i diritti di
un bambino, ma può invece distrugger-
ne la vita, giorno dopo giorno, minando
la fiducia di base. Il bambino ha biso-
gno di modelli saldi, autorevoli, in gra-
do di proteggere, non di distruggere, ne-
cessita di una struttura, come saggia-
mente accenna il papà del bambino in
esame. Una persona in preda a proble-
matiche affettive peculiari irrisolte può
sgretolare la vita di un figlio fino alla
pazzia. La follia arriva con i disagi, con
i sintomi, che si trasformano in qualco-
sa di irreversibile, fino alla scissione tra
la vita psichica e quella fisica. Le ma-
Leggere l’albero / 3
I nostri figli / 12
Bruna Baldassarre
dodicesimo appuntamento con
l'interpretazione dei disegni
dei bambini
segue nella pagina accanto