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Numero 2 del 2008

Politiche scomode


Foto: Politiche scomode
PAGINA 41

Testi pagina 41

noidonne febbraio 2008 41
cui le donne non sposate devono ricor-
rere per una notte in albergo, l'incapaci-
tà maschile di uscire da certi schemi
precostituiti dalle famiglie.
Lo stesso universo di donne ribelli o
in crisi verso regole e decisioni imposte
da altri, ed il confronto spietato con un
mondo maschile spesso cieco ed impri-
gionato in ruoli predefiniti, viene evoca-
to nel secondo film cui si accennava,
Miele e cenere (vincitore di numerosi
premi e riconoscimenti internazionali)
della regista Nadia Fares, trentaseienne
di origine egiziana laureata in Lingue
all'Università del Cairo. Anche se la tec-
nica e la resa cinematografica dell'ope-
ra sono decisamente essenziali, l'impat-
to del film è immediato, per il realismo
talvolta crudo delle tre storie di donne
portate sullo schermo con grande intel-
ligenza, denunciando quanto ancora ci
sia da fare nel nord Africa contempora-
neo. Leila, Amina e Naima sono le tre
protagoniste in cerca di liberazione: Lei-
la, fuggita dal padre violento e rinnega-
ta dal ragazzo che non ha avuto la for-
za per seguirla, decide di pagarsi gli stu-
di in città conducendo una doppia vita:
studentessa di giorno, prostituta di not-
te. Amina è un'insegnante che, in gio-
ventù, ha sposato un uomo violento e
pericoloso, che neppure conosceva. Nai-
ma, infine, è il personaggio che dà più
speranza: è un medico e vive sola con la
figlia, incarna la possibilità ma, profes-
sionalmente, è costretta a sottostare ad
alcune imposizioni. "Molti mi chiedono
se la società nordafricana è cambiata
rispetto alla storia che ho raccontato in
Miele e cenere - sottolinea la regista, che
ha studiato cinema presso la New York
University ed è stata assistente di Kies-
lowski e Zebrowsky - posso dire che, se
da un lato si va evolvendo, lo fa molto
lentamente e, soprattutto nelle zone ru-
rali, le donne vivono ancora in condi-
zioni di soggezione e sottomissione. Il
film ha avuto molto successo in Egitto
ed è piaciuto soprattutto agli uomini,
probabilmente perché si sono rispec-
chiati nelle figure maschili e non si sono
piaciuti. Ci tengo a precisare che non è
un film contro gli uomini i quali, co-
munque, sono anche loro ingabbiati in
schemi culturali dai quali vorrebbero ti-
rarsi fuori e, per questo, ispirano empa-
tia". Girato a Tunisi per una produzione
locale, Miele e cenere, sfortunatamente
non è stato distribuito in Italia ma è sta-
to presentato e premiato al Med Festival
di Roma, dove è stato anche possibile
incontrare la brillante regista. Ben ven-
gano film come questi, che mostrano al
mondo situazioni sommerse o poco visi-
bili, ma anche desiderio di reazione, iro-
nico, leggero, tragico, autodistruttivo,
da parte di tante donne in cerca di vite
migliori.
storie di donne in cerca di libertà nei bei film
“Caramel” e “Miel et cendres”, due film
con analogie narrative e stili diversi
Teatro / Volevo vedere il cielo
Monologo in atto unico liberamente adattato da un testo di Massimo Car-
lotto. Messo in scena al Teatro dell'Orologio di Roma dalla Compagnia sarda
"Effimero meraviglioso", con la regia e l'adattamento di Maria Assunta Calvi-
si, il testo intende lanciare un messaggio forte contro i falsi miraggi di felicità
e successo provenienti dal luccicante mondo dello spettacolo. "Ho lavorato
con Carlotto - afferma la regista - per adattare questo testo nel modo miglio-
re e da subito abbiamo pensato di trasportare l'azione dalla periferia torinese
a quella della borgata romana. Il personaggio in scena è quello di una madre
terribile, che spinge la figlia a tutti i costi verso un mondo che non le interes-
sa, proiettando su di lei tutti i suoi fallimenti e desideri di riscatto. La storia
avrà un epilogo tragico ma bisogna pensare, in un mondo di bisogni indotti,
che anche la madre non è che una vittima di un sistema più complesso". Una
donna, frustrata e senza speranza, si racconta nel suo squallido appartamen-
to alla periferia romana: a poco a poco, mentre descrive in un pittoresco ger-
go di borgata la disfatta della sua vita, le aspirazioni deluse, il lavoro come
domestica e la dipendenza dall'alcool, rivela l'ultimo, terribile cruccio della
sua vita: una figlia (che chiama semplicemente "la ragazzina") priva di am-
bizioni e disinteressata a far carriera in televisione. Lei l'avrebbe voluta velina
o miss, perché guadagnasse e non fosse costretta a fare la vita grama dei suoi
genitori. "Volevo vedere il cielo, almeno un pezzettino - recita la protagonista,
riferendosi alla nota canzone 'Il cielo in una stanza' - volevo che la mia ra-
gazzina vedesse il cielo, fosse felice, almeno lei". Niente più al mondo potrà ri-
mettere a posto le cose". S'intuisce, a poco a poco, la tragedia consumata in
un raptus omicida, mentre la visione della figlia visita la madre in attesa del-
la polizia. In scena la bravissima Miana Merisi, attrice di consumata espe-
rienza, con la partecipazione della giovane Francesca Cara. Molte le divaga-
zioni al femminile negli spettacoli della Compagnia, legati a personaggi evo-
cativi di suggestioni, fra i quali ricordiamo Frida Kahlo e Grazia a Maria.
E.C.
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