Numero 1 del 2016
L'utero è mio e....? Maternità surrogata
Testi pagina 41
39Gennaio-Febbraio 2016
attraversando una strada con la puledra e che noi non sapessi-
mo dove rintracciarle. Eravamo in ritardissimo. Erano le 11.50 ed
era domenica, noi dovevamo arrivare a Ripola entro la sera per
rimanere nei tempi che ci eravamo dati, sperando anche che
sulla strada non facesse buio. Abbiamo deciso quindi di prose-
guire sull’asfaltata, tutta in discesa, camminando senza neanche
pranzare. Abbiamo pensato: “al nostro arrivo riposeremo”. Alle
16.30 eravamo in dirittura di arrivo, dopo il Passo del Lagastrello,
giù fino a Tavernelle e poi sterrata fino a Ripola, dove i nostri ami-
ci ci hanno accolto e ristorato, tra le feste dei bambini, felicissimi
di avere dei cavalli intorno. Anche noi siamo stati davvero sod-
disfatti di aver compiuto il viaggio in cinque giorni e di esserci
sempre divertiti e meravigliati di ogni piccola cosa.
Per quanto mi riguarda questo viaggio nell’Appennino è stato
un’esperienza meravigliosa, che mi ha permesso di immer-
germi nella sintonia con la natura e con me stessa. Certo,
forse ero abbastanza allenata, ma credo che tutte e tutti
potrebbero provare a fare un viaggio del genere, oggi va di
moda dire into the wild. Io, che grazie alla mia famiglia amavo
la natura e l’ambiente prima che si scoprisse il Magic Bus,
penso che assaporare questo contatto autentico sia un vero
regalo che la vita può dare a ognuna e ognuno di noi, e chissà
che con la bella stagione non si riparta per un altro viaggio
alla scoperta di nuovi percorsi.b
na colazione a base di caffè, tisana e biscotti, sempre cu-
cinata sul fuoco, siamo ripartiti verso la Cisa. Il percorso è
stato un po’ più pesante in salita attraverso la nebbia, ma una
volta giunti al Passo, verso Berceto, abbiamo deciso di pro-
seguire fino al Passo del Cirone. Siamo passati su un tratto
di Via Francigena, sotto la porta della Toscana. Sulla strada il
paesaggio è stato spettacolare, nessuno sui sentieri, giochi di
luce sui monti, cavalli e bovini allo stato semi brado ci guar-
davano dai pascoli.
Anche durante il secondo giorno ci siamo accampati
in tenda, poco lontani dal Groppo del Vescovo. Pur-
troppo abbiamo trovato i rifugi tutti chiusi, anche se
i rifuggisti contattati per telefono sono sempre stati
gentilissimi, dandoci informazioni preziose sui sen-
tieri più brevi e percorribili con una cavalla carica.
Dal Groppo del Vescovo siamo ripartiti alla volta del
Passo della Colla. Abbiamo attraversato una zona
meravigliosa fino al Lagdei e poi su al lago Santo, tra
i ruscelli, le faggete che si trasformavano in abetaie, il
muschio verde sui massi in mezzo al bosco, con un tap-
peto di foglie rosse ai nostri piedi. Quella sera ci siamo
accampati a circa 1.500 metri, sotto il Monte Navert che
svettava bianco panna in mezzo ai prati verdi e ci siamo goduti
uno dei tramonti più belli che io abbia mai visto. Altrettanto bella
è stata l’alba, che ha colorato di rosa le pareti della montagna e
ci ha aperto cuore e polmoni. Dopo è iniziata la strada in discesa
fino a Valditacca, una piccola frazione di Monchio delle Corti nel-
la valle del torrente Parma. Lì i nostri viveri iniziavano a scarseg-
giare e visto che tornavamo nella civiltà dopo circa tre giorni di
cammino in mezzo alla natura incontaminata, ci siamo fermati in
un bar dove una signora molto gentile ci ha fatto accompagnare
da suo figlio a fare la spesa a Monchio. Dopo ci sentivamo dei
signori, con olio d’oliva, cioccolato bianco con nocciole e pane
fresco. Bila e Primavera si sono riposate vicino a una fontana e
poi siamo ripartiti sulla strada asfaltata fino a Rigoso, una bel-
lissima frazione di Monchio, che abbiamo scoperto essere un
comune molto esteso in superficie ma con una densità abitativa
abbastanza scarsa. Sembrava di essere in un piccolo villaggio
alpino. Lì ci siamo accampati dopo il centro abitato sul sentiero
che porta al lago Squincio.
La mattina, quando ci siamo alzati, abbiamo incontrato il primo,
vero, intoppo del viaggio: le cavalle erano sparite. Dopo circa
due ore di ricerche, parolacce lanciate nel bosco, su e giù se-
guendo le tracce di zoccoli e letame, abbiamo pensato di cer-
carle in paese. Lì le ho trovate che pascolavano serene tra l’er-
ba di un prato nel centro, proprio vicino al bar principale. Le ho
riprese tra i bambini festanti che volevano coccolarle. Quando
sono tornata al nostro accampamento con Bila alla capezza e
Primavera dietro trotterellante, Matteo era combattuto tra il sollie-
vo e la voglia di uccidere la mamma cavalla a mani nude, viste
le implicazioni che poteva comportare il fatto che fosse fuggita
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