Numero 6 del 2015
Cibo ribelle - Speciale donne arabe
Testi pagina 41
39Giugno 2015
mi all’insegnamento, soprattutto con
la propedeutica, perché ritengo sia-
no gli anni più delicati nella forma-
zione di un’artista e di uno sportivo.
Mi sono avvicinata alla cultura hip
hop e in seguito a quella funk grazie
a due miei grandissimi amici: Fabri-
zio Santi e Simon Sdido, che mi stan-
no insegnando molto sulla storia, le
origini e il presente di quest’arte.
Ciò che mi ha conquistato della
cultura della danza urbana è il senso di libertà, disciplina
e razionalità mista all’irrazionalità che naturalmente le ap-
partiene. Sembra senza senso, ma non lo è. Chi frequenta
questo mondo ha il piacere di poter essere come vuole:
si è accettati dal gruppo per ciò che si è, l’importante è
che ognuno rispetti l’altro e si dia da fare per la crescita
del gruppo stesso. Questo implica libertà di pensiero e di
azione, ma anche disciplina e autogestione.
E finalmente si sta lasciando da parte il concetto che una
femmina non possa fare tutto per aprire la porta ad un’i-
dea molto più razionale: ognuno fa ciò che si sente di fare
al massimo delle proprie potenzialità fermo restando che
corpo femminile è diverso da quello maschile e richiede
una propedeutica differenziata.
Perché la danza urbana rappresenta
un’opportunità? Quali sono i canoni?
I primi ballerini di street dance erano presenti in Ameri-
ca già dagli anni ‘30. Chi balla in strada prende spunto
da tutto e tutti, per questo molti passi derivano da altre
danze (salsa, afro, ecc) e da ciò che ci circonda (politi-
ca, disagi sociali, eventi). Alla base della cultura urbana
c’è il cerchio, elemento che tiene unita la crew: All’interno
del cerchio tu puoi essere chi vuoi e per essere accettato
devi solo lavorare, impegnarti e rispettare gli altri membri
della crew. Le sfide avvengono ballando. È all’interno del
cerchio - dove gli altri possono sostenere e aiutare - gra-
zie al talento e all’impegno che si risolvono i problemi. Se
vuoi essere il migliore devi dimostrarlo col lavoro, e chi si
dimostra vincitore è colui che durante la sua performance
riesce a mostrare talento, tecnica, musicalità, groove, stile
e capacità di condivisione.
Anche l’atteggiamento ha la sua importanza. Occorre sa-
per ballare, a tempo di musica, con stile e con rispetto.
Nella danza classica siamo abituati ad una disciplina im-
posta molto ferrea, che lentamente diventa un’autodiscipli-
na, una sicurezza e forza interiore; nella danza urbana se
vuoi crescere e vuoi far crescere il tuo gruppo la disciplina
è necessaria, non forzata, ma compresa e accettata. Stu-
diando pedagogia ho sempre paragonato la metodologia
della street art a quella Montessoriana: prova e riprova,
ad ogni errore una crescita e soprattutto libertà di espres-
sione. Ecco che non potevo far a meno di interessarmi a
questo mondo. La cultura funk, alla base di tutta la cul-
tura urbana presente oggi, è dina-
mica, innovativa e stimolante, ricca
di insegnamenti e valori importanti.
Nella danza classica, inutile na-
sconderlo, sei sola con te stessa,
davanti ad uno specchio; inoltre se
il tuo fisico non corrisponde a deter-
minati canoni sei fuori. Nella cultura
urbana il gruppo è presente a dar-
ti supporto e consiglio e non devi
saper fare tutto, ma lavorare su ciò
che maggiormente ti appartiene, migliorando il tuo corpo
su ciò che puoi realmente fare!
In Italia questa cultura arriva tardi rispetto ad altri paesi e
solo adesso sta emergendo una, diciamo, “cifra italiana”.
Abbiamo assimilato qualcosa che veniva dall’esterno e lo
stiamo trasformando in un linguaggio che ci appartiene
giorno dopo giorno, sempre di più. È bello scoprire come
arte, cultura ed educazione possano viaggiare così uniti.
È necessario tramandarla nel verso giusto, allontanarla dal
mondo commerciale che se n’è appropriato e ripristinarla
per ciò che è.
A chi la consiglieresti?
Io ho fatto hip hop, house e locking. Non sono una ballerina
hip hop nemmeno da lontano, ma ammetto che mi ha aiuta-
to ad avere una maggiore consapevolezza del mio corpo,
un migliore ascolto musicale ed una maggiore attenzione
verso i dettagli. Grazie allo
studio della cultura urbana
e contemporanea ho meglio
compreso il mio studio classi-
co. Ho imparato ad accettare
il mio corpo e a capire come
migliorarmi e come lavorare.
Inoltre ho riscoperto la bellez-
za di sorridere in sala mentre
ti alleni anche quando non
riesci a concludere una sola
sequenza. La consiglio a tutti
quelli che ballano. Ma fonda-
mentalmente io credo che un
ballerino debba sperimentare
un po’ di tutto. Studiare prin-
cipalmente la propria disciplina, ma provare anche il resto,
perché la “contaminazione” arricchisce la nostra cultura e
una persona con un bagaglio culturale ampio è una persona
completa, sana, intelligente e pronta a capire il mondo! Sia-
mo in un mondo multiculturale ed è importante conoscere,
apprendere e imparare perché non possiamo vivere chiusi
in un guscio! b
La versione integrale dell’intervista è su:
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