Numero 4 del 2010
Svelate
Testi pagina 40
aprile 2010 noidonne40
Obbiettivo Donna è la rassegna an-nuale nata per sottolineare il ruolo e
le capacità artistiche delle donne in fo-
tografia. Organizzata e prodotta da Of-
ficine Fotografiche con il patrocinio del-
la Regione Lazio e dell'Assessorato alle
Politiche Culturali e alle Pari Opportu-
nità del Municipio XI del Comune di Ro-
ma, è alla sua V edizione.
Tema di quest'anno, le Storie. "La fo-
tografia, da alcuni decenni, vede nel la-
voro portato avanti dalle donne la pun-
ta di diamante di una ricerca che ap-
profondisce nuovi territori, i quali sve-
lano l'assoluta originalità circa la com-
prensione dei comportamenti e delle di-
namiche relazionali nei diversi contesti
sociali e culturali". Con queste parole
gli organizzatori e le organizzatrici del-
la rassegna introducono il lavoro delle
tre autrici ospitate quest'anno.
Cristina Capponi, fotografa di Offici-
ne Fotografiche, con "WaterPolo" è en-
trata nell'universo della pallanuoto ma-
schile trovando elementi che vanno ol-
tre la performance tecnico-sportiva.
Michela Palermo, con "As I was fol-
lowing you", ri-guarda New York sve-
landone i simboli, alternando controllo
e abbandono delle proprie suggestioni.
Roberta Valerio, freelance cosmopo-
lita, incontra il mondo delle badanti e
ne ha coglie la condizione esistenziale e
psicologica, il "trasloco" di emozioni e
sentimenti, con "Onora il padre e la ma-
dre. Badanti". Nel corso della rassegna,
da ricordare la presentazione della pri-
ma pubblicazione di Sara Munari,
Storie nel mirino
Scatti a Roma
a cura di Elena Ribet
Cosa provi ad esprimere nella tua fotografia?
La mia sensibilità, il primitivo, il selvatico. Con il mio obbiettivo cerco sempre di
entrare nell'intimo, di approfondire i diversi aspetti intrinseci di una realtà, cercan-
do di andare "più lontano" nella riflessione che accompagna le diverse sfumature dei
soggetti.. Mi piace raccontare le storie, nelle quali cerco di andare cogliere i diversi
aspetti di una situazione. Per esempio nel mio lavoro sulle prostitute in brasile
"DASPU das putas", ho voluto raccontare l'altra faccia della prostituzione. Daspu è
il nome di un nuovo marchio di moda creato in Brasile da un gruppo di lavoratrici
del sesso. Il nome della marca è una vera provocazione: "Daslu" è la casa di moda
più elegnate del Brasile. Daspu è stata creata da Davida, una ONG che lotta per il
riconoscimento giuridico dei diritti delle prostitute. Di solito la lotta alla prostitu-
zione si guarda solo dal lato dello sfruttamento senza mai affrontare il problema di
chi lavora in questo campo e vuole esserne riconosciuti i diritti. Nei miei lavori è
questa la carica che provo a esprimere. Per ogni storia c'è sempre una doppia fac-
cia della medaglia, i due risvolti di una situazione. Una sorta di Yin e Yang applica-
to alla fotografia (un concetto dell'antica filosofia cinese data dall'osservazione dei
cambiamenti dati dal passaggio dal giorno alla notte ndr)
Come scegli i tuoi temi?
Che cosa hai voluto esprimere con il lavoro sulle badanti?
I reportage migliori a mio parere sono quelli che nascono da dentro. Nel 2004 ho
cominciato questo percorso con la storia di Nada, una badante croata con la qua-
le ero entrata in confidenza, veniva spesso a casa nostra, prendeva il caffé con noi
e così scambiavamo due chiacchiere. Conoscevo di Nada solo una porzione di vita.
Vivendo in prima persona questa storia ho raccontato la doppia vita di Nada che
15 giorni al mese viveva in pantofole a Udine mentre gli altri 15 tornava in Croazia
dalla sua famiglia. Sono andata con lei nel suo Paese di origine, entrando così an-
che nella sua seconda vita. Ora questo mercato è cambiato molto. L'ingresso di
nuovi Paesi nella Comunità europea ha modificato la provenienza delle badanti.
L'associazione udinese Vicino-Lontano mi ha proposto di appro-
fondire questo tema. In modo da seguire l'apertura dell'Europa a
Est, con l'arrivo in Italia delle badanti moldave, bielorusse, polacche
e rumene. Così ho cominciato a raccontare le storie di queste quat-
tro signore. Volevo raccontare agli italiani la parte più intima di
queste lavoratrici. Anche il titolo ha un duplice senso dato dai pro-
pri figli lasciati a casa e dalla persona da accudire in Italia. Quando
partivo con loro nei viaggi di ritorno mi ritrovavo immersa nelle lo-
ro vite e nei loro affetti. I figli delle badanti spesso non valorizzano
il lavoro delle madri anche se queste donne sacrificano la loro esi-
stenza per farli studiare provando a non fargli mancare niente. Ho
vissuto così questa bella esperienza a contatto con le loro famiglie
e le loro tradizioni.
Estratto dall'intervista di Renata De Renzo - versione integrale su www.noidonne.org
ROBERTA VALERIO
Rearviewmirror
Roberta Valerio