Numero 12 del 2008
E tu di che Natale sei?
Testi pagina 4
dicembre 2008 noidonne4
L'elezione di un afroamericano alla guida degli Stati Unitiha un portato simbolico talmente potente che abbiamo
stentato a rendercene conto, prima del fatidico 4 novembre.
Eppure la nostra attenzione, più o meno consapevole, sulle
presidenziali americane è stata catturata da molto tempo.
Abbiamo infatti seguito tutti i passaggi delle primarie, che so-
no state molto sbrigative per il partito Repubblicano e, inve-
ce, talmente coinvolgenti per il partito democratico che ad un
certo punto abbiamo temuto
che i testa a testa tra la Clin-
ton e Obama avrebbero potu-
to comprometterne la vittoria
finale dei democratici, sacro-
santo epilogo dopo l'era Bush.
Di quei mesi resterà indimen-
ticabile il confronto/scontro
tra due candidati che, per il
loro essere 'donna' una e 'nero'
l'altro, avevano già fatto di
queste elezioni un passaggio
storico per gli U.S.A. e non so-
lo. La possibilità che ha avuto
una donna di concorrere, e la
potenza stessa della sua candidatura che ha tenuto testa,
Stato per Stato, a quella di Obama, ha persino aperto la stra-
da della eventuale vicepresidenza repubblicana alla discuti-
bile Sarah Palin. Se da un lato apprezziamo la cifra di per sé
rivoluzionaria della vittoria di Barack Obama, primo uomo
di colore alla Casa Bianca e, soprattutto, speriamo che la sua
presidenza sia all'altezza delle aspettative di tutto il pianeta,
d'altra parte non possiamo non osservare che l'America di cui
apprezziamo la capacità di autorinnovarsi tra i due ha scel-
to un uomo. Ma davvero il cambiamento, la diversità di cui
Hillary si sarebbe fatta latrice spaventava di più? Oppure - al-
tra possibile lettura - Obama è stato migliore interprete del
cambio di marcia richiesto? Per le sue origini, per il suo non
essere parte di quell'establishment di cui invece Hillary è
espressione. Varrebbe la pena di capire bene le dinamiche che
hanno determinato le scelte di milioni di persone, e varrebbe
la pena di capire, anche, come gli americani sono arrivati ad
avere quelle possibilità di scelta: sarebbe molto utile alle don-
ne ancora alla ricerca del bandolo della matassa. E dunque,
si diceva, la potenza simbolica di questa nuova realtà è tal-
mente forte che, prima, era stata come rimossa è, dopo, è
esplosa con una potenza d'urto che ha scosso l'intero piane-
ta. Queste elezioni, però, ci dicono anche altro. Obama in ter-
mini di voti ha superato di
poco McCain e alla sua vitto-
ria hanno concorso in modo
determinante, oltre al varie-
gato mondo dei non bianchi, i
giovani e le donne. Dunque
mentre l'America profonda -
nonostante le guerre, la crisi, i
fallimenti delle banche, le ca-
se sequestrate, la povertà e la
disoccupazione crescente - ha
incredibilmente riconfermato
in modo massiccio la fiducia
al partito repubblicano, Oba-
ma ha vinto conquistando
nuovi elettori con la forza del suo messaggio. Ha dato loro
una speranza, interpretando la politica della migliore tradi-
zione e portando davvero alla guida del paese più potente del
mondo 'l'altra America'. Quante donne ci sono, in quella
America lì, che possono pensarsi come future presidenti?
Avranno 4, forse 8 anni per studiare e chissà se la 'roccia' Mi-
chelle non si predisponga a succedere al marito. Intanto, e un
po' ci dispiace, pare abbia deciso di lasciare il suo lavoro per
dedicarsi pienamente al ruolo di First Lady. Ed è già comin-
ciato il tormentone: somiglia a Hillary, ma senza i tailleur, o
a Jacqueline Kennedy ma con più sobrietà? Lasciamo il que-
sito a chi se ne intende. Noi possiamo consolarci con le 44
donne elette in Ruanda (oltre il 50% degli 80 membri del
nuovo parlamento), ma in Occidente mettiamoci comode: c'è
da aspettare.
Ho letto il testo che introduce il numero di noidonne di no-
vembre. Sono naturalmente più che addolorata e indignata,
oltre che arrabbiata e inviperita, nel leggere la seconda pagi-
na dedicata alla sorte incredibile toccata a Malalai Kakar.
Mi e vi domando quale strada o quali strade possiamo per-
correre perchè sia fatta almeno giustizia per questo ignobile
assassinio (che purtroppo non sarà nemmeno il solo). Chi,
quante persone possiamo coinvolgere richiamando la loro re-
sponsabilità perchè si rendano note in ogni dove questi incre-
dibili accadimenti? L'Ambasciata Afgana a Roma è la prima
che mi viene subito in mente, ma certamente voi saprete me-
glio di me come far sapere non solo il nostro dolore, ma la no-
stra indignazione, il nostro giudizio di colpevolezza di chi
compie efferatezze di tale tipo. Fate comunque sapere come è
grande il nostro dolore e la nostra indignazione e la richiesta
irrinunciabile che non si compiano assolutamente altri as-
sassini, né di questo tipo, né altri. La vita è sacra. E noi co-
munque non intendiamo assolutamente perdonare chi ha de-
ciso che MALALAI KAKAR doveva morire.
Antonia Maggioni, Milano
Cara Antonia
donne coraggiose ce ne sono tante, e non tutti i loro gesti
eroici, i loro sacrifici, riescono a penetrare l'invisibile ma in-
valicabile muro dei mass media, che preferiscono confonder-
L’altra America
Cara direttora
Tiziana Bartolini