Numero 6 del 2010
Spot! Pubblicità & dignità
Testi pagina 4
giugno 2010 noidonne4
C'è un Paese in cui il costo delle opere pubbliche è gonfia-to a dismisura con il risultato che fiumi di denaro pub-
blico arricchiscono i già ricchi e potenti. C'è un Paese in cui
una Asl per mancanza di soldi non paga gli stipendi e chi ha
lavorato si lascia morire per protesta. E' l'Italia di oggi, una
nazione dell'Occidente progredito in cui convivono arcaiche
espressioni del potere e flebili incursioni in una modernità più
annunciata che realizzata. La notizia ha qualche settimana:
Mariarca Terracciano, infermiera di 46 anni dell'Ospedale
San Paolo di Napoli e madre di due figli, è morta probabil-
mente per conseguenza dello sciopero della fame e dei quoti-
diani e volontari prelievi del sangue. Da mesi non prendeva
lo stipendio e simbolicamente voleva dire: ci dissanguano e
ci riducono alla fame. Aveva scelto una forma di protesta
estrema anche per denunciare un sistema lesivo della dignità.
Quello che colpisce di questa vicenda è la pacatezza di Ma-
riarca, che ha affidato ad una tv locale (Julie Italia) la sua
testimonianza. Un gesto così pericoloso e di cui la donna (in-
fermiera) aveva coscienza è stato dettato da una rabbia tal-
mente profonda che non aveva bisogno di essere nominata
ma anche dalla sensazione - e questo è davvero disperante -
di non avere più argomenti, luoghi in cui organizzare altre
forme di protesta. La solitudine di una donna su un lettino
mentre un ago le buca la carne è un'immagine che interroga
la politica, le istituzioni, le altre donne. Il mondo dell'infor-
mazione non ha raccolto quella protesta solitaria, se ne è
parlato dopo il decesso perchè, evidentemente, alle persone
'comuni' per diventare notizia non bastano più i tetti o le 'Iso-
le dei cassintegrati', devono morire per davvero. Per diventa-
re notizia ad un politico qualsiasi, invece, basta poco: tutti i
giorni interi tg sono confezionati intorno a parole vuote o inu-
tili dichiarazioni, oppure un'intercettazione e voilà, paginoni
a non finire. Sennonché 'quella' notorietà infastidisce ministri,
sottosegretari o zelanti 'servitori dello Stato' e allora ecco che
tempestivamente si confezionano leggi per impedire ai gior-
nali di informare i cittadini circa comportamenti scorretti o
eticamente deprecabili prima che siano definiti reati dai ma-
gistrati. Un Paese in cui convive la corruzione come sistema
e un debito pubblico inarrestabile, i tagli ai servizi primari e
intatti privilegi e sperperi senza che tutto ciò susciti adegua-
te reazioni e proteste è un Paese profondamente malato. E' l'I-
talia di oggi che - come quella di sempre, dopo 150 anni di
Unità - non ha ancora imparato che la legalità è la linfa che
tutto tiene in vita: solidarietà, diritti, progresso e democrazia.
Per quanto ci riguarda, come donne, la legalità è l'unica stra-
da che possiamo percorrere per salvaguardare diritti conqui-
stati e aprirci nuovi territori. Dovremmo prendercene cura
con maggiore attenzione.
La sfida di Mariarca
Tiziana Bartolini
Ieri sono arrivata al-
la festa per i 65 anni di
Noi Donne "reduce" dal-
l'aver consolato mia fi-
glia quasi 17enne che si
era appena lasciata con
il ragazzo. Poche cose
sono difficili come tenta-
re di aiutare una figlia
alle prime - e per questo
più cocenti - delusioni
d'amore. Ogni parola
sembra inutile, ogni ge-
sto eccessivo o fuori luo-
go. Con l'animo in que-
sto modo impegnato e la
mente piena di pensieri
sono arrivata in via
Ostiense 95: il Caffè Let-
terario era pieno di don-
ne, tante donne, di ogni età ma soprattutto grandi (che nella
mia mente significa "più grandi di me" che vado per i 53). Se-
conda? Terza? Quarta età? Non so come definirla, ma co-
munque quasi tutte "ex-ragazze". Come tu ben sai io non so-
no di Roma, non ho quindi avuto gioventù o percorsi in co-
mune con nessuna di loro e ben poche ne conoscevo. Eppure
ho sentito una immensa comunanza: eravamo e siamo tutte
donne che hanno vissu-
to, che hanno avuto
gioie, dolori, nascite e
lutti, festeggiato i 20 30
40 anni di matrimonio o
avviato separazioni e
divorzi, seconde o terze
storie d'amore; tante so-
no nonne, tutte hanno
visto e hanno dato. Esi-
ste, palpabile, una sorta
di immenso e infinito le-
game che parte da Eva e
attraversa tutte noi. So-
no uscita in strada e ho
telefonato a mia figlia,
proprio per trasmetterle
queste sensazioni "so
quello che stai provando
e forse non riesco ad aiu-
tarti come vorrei, ma sappi che qui sono circondata da don-
ne che hanno già passato quello che tu stai attraversando
ora. Questo, figlia amata, per tentare di farti capire che non
sei sola, che tutte noi siamo state così. E che forse ho sba-
gliato a non proporti di venire con me a festeggiare, a respi-
rare un'atmosfera di gioia per il solo fatto di condividere te
stessa con altre donne". Ecco, forse dovremmo gioirne di più,
Cara direttora