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Numero 7 del 1944

Sguardi sul mondo, vita italiana in Francia


Foto: Sguardi sul mondo, vita italiana in Francia
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Testi pagina 4

Romanzo di lllllN STEINBESK I”

Alle dieci e tre quarti tutto era יִnito: la citta oc—
cupata, i difensori battuti. e la guerra terminata L’in-
vasore aveva preparato quella campagna con la stessa
cura di altre più importanti. Quella domenica mattina il
postino e la guardia municipale erano andati a pesca
con la barca del signor Corell. il noto negoziante che
aveva prestato loro. per tutta la giornata, la sua snella
imbarcazione a vela. Il postino e la, guardia erano a
parecchie miglia dalla costa. quando videro il piccolo cav

rico scuro, zeppo di soldati. sorpassarli lentamente. Nella
loro qualità di autorità cittadine la cosa li riguardava:
voltarono quindi la prua. ma naturalmente, quando rag—
giunsero il porto, il battaglinne ne era già. in possesso. La
guardia e il postino non riuscirono nemmeno a entrare
nei loro ufיִci ai Municipio e quando invocarcno il loro
diritto. furono fatti prigionieri e rinchiusi nelle carceri
della città.

Anche la truppa locale, in tutto dodici uomini, si tro—
vava quella domenica mattina fuori della città. perche
il signor Corell, ii popolare negoziante, aveva offerto la
colazione, i bersagli, le cartucce e i premi per una gara
di tiro che doveva aver luogo a nel miglia di distanza.
sulle colline, in un bei boschetto di proprietà dello stes»
so Corell. La truppa locale, lunghi e dinoccoiati ragaz-
zoni, senti gli aeroplani in distanza. vide i paracadute.
e tornò indietro a passo di carica. Appena giunti, si ac—
corsero che l'invasore aveva יִancheggiato la strada con
mitragliatrici. I lunghi soldati, che avevano pochissima
esperienza di guerra e nessuna di sconfitta, aprirono il
fuoco coi loro fucili. Le mitragliatrici crepitarono un
istante e sei soldati furono morti fagotti crlveliati. altri

sei. moribondi fagotti crivellati, e tre fuggirono sulle col—
line con i loro fucili.

Alle dieci e mezzo 1a banda d'ottoni delvl‘invasore suo-
nava belle musiche sentimentali sulla piazza della città.
mentre i cittadini. con le bocche socchiuse e gli occhi
stupefatti, facevano circolo, ascoltando e יִssando gli uo—
mini dagl-i elmetti grigi che portavano sulle braccia Iu—
cili mitragliatori.

Alle dieci e trentotto i sei crivellati erano sepolti, i
paracadute ripiegati. e il battaglione alloggiato al molo.
nel magazzino del signor Coreil. dove si trovavano cu—
scini e coperte per un battaglione.

Alle dieci e quarantacinque il vecchio Sindaco aveva
ricevuto la richiesta ufיִciale dl un‘udienza dal colon—
nello Lanser degli invasori, udienza che venne יִssata per
le undici in punto nel palazzo di cinque stanze dei Sin-
daco.

Il salotto del palazzo era molto grazioso e comodo.
Le sedie dorate coperte di stoffa logora erano disposte
intorno rigidamente, come tanti servi disoccupati. Un
caminetto arcuato racchiudeva il suo cestello di rosso
calore senza יִamma, e una secchia per il carbone di-



pinta a mano era posata a terra. Sulla mensola del ca-
minetto. יִancheggiato da vasi panciuti, vi era un grosso
e riccioluto orologio di porcellana, brulicante di angiolet-
ti in volo. Le pareti della stanza erano coperte di una
carta rosso scuro, con disegni dorati, e le modanature
di legno erano bianche, leggiadre e pulite. I quadri sulle
pareti si preoccupavano esclusivamente deli’eroismo sba—
lorditivo di grossi cani alle prese con bambini in pericolo.
Nè acqua. n'e fuoco. ne terremoto potevano sopraffare un
bambino יִnché vi fosse un grosso cane disponibile nei
dintorni.

Vicino al caminetto sedeva il vecchio dottor Winter.
barbuto. semplice. benigno: lo storico e il medico della
città. Aspettava stupito. facendo roteare senza tregua i
pollici sulle ginocchia. Il dottor Winter era. un uomo cosi
semplice. che soltanto un uomo molto profondo avrebbe
capito quanto egl1 fosse profondo Alzo la testa e guardo
Giuseppe. il domestico del Sindaco, per vedere se egli
avesse notato le meravigliose giravolte dei suoi pollici.

—- Alle undici? — domandò.

Giuseppebrispose impassibile: v Sissignore. Il bigliet-
to diceva alle undici.

_., Tu hai letto il biglietto?

—-- Nossignore, me lo ha. letto Sua Eccellenza.

Giuseppe continuò a controllare ognuna delle sedie do-
rate per accertarsi che non si fossero mosse dall'ultima
volta che le aveva sistemate. Giuseppe. dl solito, guar—
dava con severità i mobili. quasi aspettandosi di vederli
impertinenti. maligni o polverosi. In un mondo dove il
sindaco Orden era il capo degli uomini. Giuseppe era il
capo dei mobili, dell'argenteria e‘dei piatti. Giuseppe era
anziano, magro e serio, e la sua vita era cosi complicata.
che soltanto un uomo profondo avrebbe capito quanto egli
fosse semplice. Non vide nulla di meraviglioso nei poi-
lici roteanti del dottor Winter: in realtà. li trovava irri—
tanti. Giuseppe sospettava che qualcosa di parecchio im—
portante stesse accadendo. con quel soldatistranieri nei—
la città e l'esercito locale ucciso o prigioniero. Presto o
tardi Giuseppe avrebbe dovuto farsi un'opinione su tutto
questo. Non tollerava leggerezze, lui; ne pollici roteanti.
ne mancanza di logica nel mobili. Il dottor Winter spo—
stò la sua sedia di qualche centimetro dal posto יִssato.
e Giuseppe attese impaziente il momento in cui avrebbe
potuto rimetterla a posto. Il dottor Winter ripete: — Le
undici: saranno dunque in orario. Gente preoccupata del
tempo' Giuseppe.

Giuseppe rispose, senza ascoltare: — Sissignore.

— Gente preoccupata del tempo i ripete il dottore.

—— Sissignore — disse Giuseppe.

»— Tempo e macchine.

— Sissignore.

— Corrono verso ii loro destino. come se il destino
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