Numero 10 del 2006
Violenza: sconfiggere la paura
Testi pagina 39
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ciò di cui abbiamo realmente bisogno. E
invece di comprenderci, entrando in
contatto autentico con noi stesse, ci illu-
diamo che farmaci, curativi, ma anche
preventivi o integratori, possano aiutar-
ci a stare meglio.
La società moderna sta assistendo ad
un esasperato incremento di "bisogni"
che non sono storicamente mai stati
considerati tali. Vediamo l'esempio
della costruzione del bisogno delle
donne che non possono avere bambini,
e lo sviluppo di tecniche di fecondazio-
ne assistita. Oggi, anche attraverso i
mass-media, siamo tutti emozionalmen-
te coinvolti nel bisogno di queste donne,
di cui venti anni fa nessuno parlava, e
che oggi sono diventate la giustificazio-
ne di un nuovo mercato tecnologico e
farmaceutico. La logica del mercato
finisce così con il gestire le nostre vite,
condizionare le nostre scelte. Il corpo
della donna è diventato un luogo colo-
nizzato, e il bambino un prodotto
opzionale, un prodotto che puoi decide-
re di avere o non avere. Una scelta che
ricade sulle donne, ma in realtà un
esempio della infiltrazione del manage-
ment tecnologico nell'area più intima
della persona umana. E quel che è peg-
gio è che concetti del femminismo legati
al corpo - autodeterminazione, scelta,
controllo, decisione e responsabilità per-
sonale - vengono usati strumentalmente
per sostenere questa colonizzazione,
dipingendola come una presunta eman-
cipazione dal destino biologico.
Si è perso il senso della nascita come
evento meraviglioso e indeterminabile,
oltre che frutto di un atto di amore, e si
è persa la sapienza dell'esperienza delle
donne sui propri corpi gravidi. A propo-
sito di questo... l'aborto?
La storia ci insegna che la gravidan-
za, fino all'Ottocento, era vissuta come
una condizione delle donne e il fatto di
continuarla o meno era connesso al loro
stato, al pericolo eventuale che la
nuova nascita poteva comportare, e
non concerneva una decisione da pren-
dere nei confronti di un "embrione" alie-
no. L'idea dell'embrione, come altro da
sé pur se dentro di sé, è un conflitto
impiantato solo recentemente nella
coscienza delle donne. È un esempio di
influenza esterna sulla percezione di sé
e del proprio corpo. Oggi la pratica del-
l'aborto, se fatto in tempo e in ospedale,
non presenta nessun tipo di minaccia
per nessuno. Per questo andrebbe de-cri-
minalizzata. Lo stato non dovrebbe
intervenire. La consulenza psicologica
obbligatoria, richiesta dalla legge sull'a-
borto, costringe la donna a vivere un
conflitto fittizio che non era presente
nella percezione del proprio corpo gra-
vido delle donne vissute prima della
moderna amministrazione tecnologica
sui nostri corpi. Altro discorso va fatto
per la scelta di non avere il bambino in
seguito all'esito dell'amniocentesi (fatta
fare ormai anche alle giovani donne):a
metà gravidanza non si tratta più di
aborto, ma di parto indotto..
Insomma su ogni argomento bisogna
imparare a fare le opportune distinzio-
ni. Distinguere tra rischio probabile e
pericolo effettivo, tra condizionamento
esterno e reale bisogno. Distinguere il
dolore vero dovuto ad una autentica
malattia o alla perdita di una persona
cara dalle moltissime sofferenze provo-
cate da un sistema che, pretendendo di
"matematizzare la speranza", sempre
più penetra nelle nostre vite private ter-
rorizzandoci con diagnosi probabili,
producendo insicurezza interiore e ren-
dendo le donne colonizzabili e dipen-
denti da continui controlli. E a tutte
queste sofferenze inutili (ma reali)
magari in fine si aggiunge pure la bato-
sta della "profezia che si autoavvera"
intuita da Bateson.
Ho chiesto a Barbara Duden perchè,
a livello personale, ha preso tanto a
cuore questo tema della de-personifica-
zione connesso all'eccesso di prevenzio-
ne e medicalizzazione della società. E
lei mi ha risposto raccontandomi la sua
storia. Aveva una sorella gemella, fin
da bambina debole e soggetta a epiles-
sia. A quindici anni le è stato diagnosti-
cata una malattia e sono state fatte
catastrofiche previsioni che hanno cam-
biato la vita di tutta la famiglia. Poi è
morta di altro, un incidente stradale.
Ma è possibile cambiare. La vita è
così tanto più bella e importante rispet-
to a questo volgare management che si
è infilato sotto la nostra pelle e dal
quale è necessario trovare strade di libe-
razione.
Bibliografia in italiano:
I geni in testa e il feto nel grembo.
Sguardo storico sul corpo delle donne,
Boringhieri, 2006;
Il Corpo della donna
come luogo pubblico.
Sull'abuso del concetto di vita, 1994
una conversazione con Barbara Duden nel corso dei lavori
della Conferenza Internazionale di filosofia organizzata
presso l'Università Roma Tre