Numero 12 del 2007
Un anno di notizie a colori
Testi pagina 39
noidonne dicembre 2007 39
mare un proprio ideale e dire no al sole
abbagliante e all'affrancamento dalla
condanna offerti ad Antigone, in cam-
bio della sua collaborazione, da Creon-
te, che sarebbe così potuto "passare so-
pra la legge senza cambiarla".
"Se l'uomo del potere fosse sceso qui
in altro modo, nell'unico in cui avrebbe
dovuto arrischiarsi a venire, con la Leg-
ge Nuova, e qui avesse ridotto in cenere
la legge vecchia, allora sì che io sarei
uscita con lui, al suo fianco, portando
la Legge Nuova ben alta sopra la mia
testa. Ma né lui né altri là sopra lo han-
no anche solo sognato".
La libertà di Antigone condannata è
che ora può incontrare in piena autenti-
cità le persone, o la loro ombra, che
hanno abitato la sua vita. Ora può non
nascondersi dietro la maschera del "co-
me tu mi vuoi", da sempre retaggio del-
le donne, e può accogliere il tesoro della
differenza.
"In nessuna casa siamo mai stati ac-
colti per come eravamo, mendichi, nau-
fraghi, che la tempesta getta su una
spiaggia come un relitto, un relitto che è
anche un tesoro. … ci colmavano di do-
ni, ci ricoprivano con la loro generosità
come per non vederci. Ma non era que-
sto che chiedevamo, noi chiedevamo
che ci lasciassero dare".
Nel segno della libertà e della auten-
ticità femminile l'Antigone di Zambra-
no-Inversi, è una donna appesantita-ar-
ricchita dall'esilio (il testo è stato scrit-
to dalla filosofa spagnola nel periodo
del suo esilio dalla Spagna franchista) e
dalla consapevolezza che nel lungo
viaggio compiuto insieme ad Edipo,
preoccupato solo per se stesso, il suo es-
sere femminile era stato cancellato dal
padre - "Lo sai chi sono padre? No, non
lo sai. Ed è al padre che tocca dirci chi
siamo" - e negato dalla madre, dimenti-
catasi, mentre sceglieva di suicidarsi,
che "il regno della Grande Madre ab-
braccia tutto ciò che è nato bene, che è
nato male…".
La libertà di questa Antigone non sta
per niente in una questione di libertà di
scelta tra l'una o l'altra cosa (né tra la
vita e la morte né tra lo stare dentro o
fuori dal potere) ma nel creare un sogno
altro, un sogno di rinascita: "la vita è il-
luminata soltanto da questi sogni simili
a lampade che rischiarano dal di den-
tro, guidando i passi dell'uomo nel suo
errare sulla Terra."
Alla fine della rappresentazione, in
un lento e graduale riaffiorare delle luci,
l'Antigone rappresentata in scena da
Maria Inversi inizia a camminare dan-
do le spalle al pubblico e molto molto
lentamente, come seguendo il tempo del
proprio respiro interiore.
Verso cosa si dirige?
Va verso il suo sogno, verso "il luogo
nel quale il cuore possa insediarsi inte-
ro… quando l'oscurità lo avvolge, se-
guirlo ed entrare con lui laddove la luce
si accende. Adesso sì, dev'essere il mo-
mento. Adesso che la mia stella, la stel-
la del Mattino, è qui".
Fonti per scrivere questo articolo sono state:
il copione di Maria Inversi "La tomba di Anti-
gone"; "Antigone e il sapere femminile dell'ani-
ma" (a cura di M. Inversi, ediz. Lavoro, 1999);
F. Brezzi, "Antigone e la Philìa" (Franco Ange-
li, 2004).
concetti e autori di Emanuela Irace
Il linguaggio del corpo
"Nella vita degli uomini, la lingua e non l'azione
governa in ogni cosa".
Sofocle
Le parole salvano, nutrono, distruggono, creano relazioni. E' il potere del linguag-
gio, fatto di metafore e simboli capaci di curare e incantare. Come nella comunica-
zione dei mistici, o nei detti esoterici, che non svelano mai interamente il segreto
dei 99 nomi di Allah, del Tetragramma, o della Torah, ma custodiscono il nome di
Dio nel mistero. La divinità non si fa chiamare. E' segreto sapienziale. Formula
magica che potrebbe ri-creare il mondo. Sapere ermetico che non si può pronun-
ziare. Pena la "correità" col divino. Il nome che cerchiamo, quello che diamo a Dio,
è un attributo umano consegnato al trascendente. Insanabile contraddizione,
potente e sacra, inafferrabile e ribelle agli uomini. "Nome Omen", dicevano i latini.
Il linguaggio connota e il nome racchiude la potenza di chi lo porta. Parliamo.
Comunichiamo. Scambiamo messaggi. Ma la nostra interiorità e le paure che non
vediamo, si esprimono nella lettura e nell'ascolto delle parole che scegliamo. Siamo
quello che diciamo. Siamo nelle parole che usiamo. Ci vuole coraggio a dire. E non
tutti riescono. I bambini non possono. Chi è diverso le ribalta. Mutano i linguaggi
nel balbettio della lallazione, nella circolarità dei folli, nell'emozione dei poeti, nello
sperdimento degli amanti. E' l'accesso alla comprensione intuitiva, la sola che per i
Greci valesse la pena coltivare. "Conosci te stesso". Dal tempio di Delfi a
sant'Agostino l'indagine interiore è il passo per ogni conoscenza. Bisogna partire
da casa per cominciare un viaggio. Nella vita come nell'amore. E si può partire dal
corpo e dalle parole per avvicinare l'altro. E restarne accecati e corrotti dalla trop-
pa luce che rende uguali. Una follia. Grande e spaventevole come la paura di veder-
si come si è. Capiamo chi siamo quando ci portiamo al limite, quando le sovra-
strutture cadono lasciando posto a una maschera nuova che mai pensavamo di
indossare. Vero o falso non importa. E' la tensione che preme, e fa e disfa la vita di
ciascuno, come le Ore sul trono di Ananke. "Apriti Sesamo", dice Alì Babà. "Sei bel-
lissima", può dire un uomo. E' la magia che sposta pietre e svela tesori. E' linguag-
gio, che, come scrive Sartre, diventa : "azione a distanza di cui l'altro conosce esat-
tamente l'effetto. Così la parola è sacra quando la uso io e magica quando l'altro la
sente. Così io non conosco il mio linguaggio più di quanto non conosco il mio
corpo per l'altro. Non posso sentirmi parlare né vedermi sorridere. Il problema del
linguaggio è esattamente parallelo al problema dei corpi". Bisogna essere rozzi per
trattare con la delicatezza, un neonato ha bisogno di mani boscaiole per sentirsi al
sicuro.
viaggio attraverso un mito rivisitato in chiave femminista e
teatrale dalla regista e attrice Maria Inversi sulla base del
testo della filosofa spagnola Maria Zambrano