Numero 10 del 2007
50E50: il 13 ottobre tutte a Roma
Testi pagina 39
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magnifica posizione collinare) con ac-
compagnamento musicale di Alberto
Capelli, verso le sorgenti del Gange, le
bidonvilles di Nairobi e gli incontri
straordinari sulla pista per l'Himalaya.
Due applauditissime produzioni di Tea-
tro Invito si sono svolte a Perego, "Il ra-
gazzo degli Aquiloni" - liberamente trat-
to dal romanzo di Khaled Hosseini - in-
terpretato da Stefano Panzeri ed Enrico
De Meo, per la regia di Renata Colucci-
ni, e la riproposta in chiave contempo-
ranea del noto scritto "La Colonna infa-
me", di Alessandro Manzoni, diretto e
interpretato dal direttore del festival in
persona, Luca Radaelli. E ancora: ironi-
ci spettacoli di danza sul districarsi
quotidiano della donna, con "A woman
who speaks too much", portato dalla
Contemporary Dance Company diretta-
mente dalla Croazia; pièces di impegno
civile - con Ulderico Pesce e le sue Storie
di Scorie, vincitore del premio Legam-
biente 2005 - e d'impegno di genere, con
"Disonorata: un delitto d'onore in Cala-
bria", sulla condizione della donna "nei
sud" del mondo a cura di Scena Vertica-
le. Nel corso del Festival, spettacoli per
bambini, burattinai, spaventapasseri e
filastrocche, ma anche ottima musica,
come il jazz di Davide Van De Sfroos ed
il duo jazz Coscia/Trovesi. Infine, tutti
al pic-nic di Villa Greppi, al mercatino
della Terra, dove i prodotti sono "buoni,
puliti e giusti", ripensando ai bei mo-
menti vissuti ed ai prossimi appunta-
menti. Per informazioni e contatti visi-
tare il sito www.ultimaluna.net.
“Ultima luna d'estate” un
Festival di teatro, musica,
luoghi ameni e squisita
ospitalità è un fiore
all'occhiello della Brianza
concetti e autori di Emanuela Irace
Ogni ferita ha bisogno di uno specchio
"Bisogna tornare a casa, dove tutto,
non dubitate, sarà ancora più falso che qui"
Jean Genet, "Il balcone"
Le donne nascono con una ferita. Il segno della femminilità ha quel simbolo.
Nasciamo con un'apertura. Un'immagine cui affidiamo il potere di orientare la
nostra parte più emotiva. Volendo o no, i maschi ricevono colpi. Si ammaccano.
Cadono a pezzi. Noi ci feriamo, perché la nostra carne è già aperta. La comunica-
zione viaggia seguendo il binario della cultura e del consenso sulle stesse regole del
gioco. Essere leali può significare anche mentire, se il canone della comunicazione
tra sessi, o all'interno della stessa famiglia, veste il gioco delle parti nel respiro ami-
chevole di chi non vuole far soffrire l'altro, presentandosi come non è o come non
è più. Ci vuole forza e coraggio per vivere l'incantesimo della durata, quella invo-
cata da Mussolini per il suo partito, quella cercata dai politici che non cedono
potere, quella tessuta dalle donne che non rinunciano al proprio ruolo di mogli e
madri certe che il non agire e il non volere facciano cedere ogni porta. Ci vuole un
atto di fede per durare e c'è chi lo chiama amore, oppure nevrosi, dipendenza, com-
plementarietà. Rapporti apparentemente sani, nutriti dall'illusione che tutto
rimanga così com'era, cristallizzando le relazioni in un bozzolo, come l'incantesi-
mo delle favole. E' l'essenza della società. Senza non ci sarebbe associazione né
famiglia. Non ci sarebbe vita organizzata e l'amore diverrebbe un paradosso.
"Similia similibus curantur". Dice la massima di Ippocrate: "Le cose simili sono cura-
te da cose simili". Ce lo insegna l'omeopatia. Il catrame sotto i piedi che togliamo
con un batuffolo d'olio. L'acqua che beviamo per eliminare quella trattenuta dai
tessuti. E' il principio di ogni vaccinazione. E' la regola dell'incontro. Non si dà
amore senza sofferenza e ogni ferita ha bisogno di uno specchio, per essere cura-
ta.
La forma è una cicatrice rosa. Un ricordo o un marchio. Per molte un segno di potere
e di guadagno. per i maschi una apertura misteriosa. Un segno.
A teatro contro i pregiudizi
Autrice di testi teatrali contro i pregiudizi di
genere e di razza e regista di spettacoli per ra-
gazzi, Renata Coluccini ha diretto il Teatro del
Sole di Milano. 'Noidonne' la incontra all'Ulti-
ma Luna.
Perché hai scelto una regia tratta dal ro-
manzo "Il cacciatore di aquiloni" che prevede in scena solo attori ma-
schi?
Ho accettato la proposta di Teatro Invito perché, oltre alla bellezza della sto-
ria, penso sia importante parlare di argomenti dai quali c'è distacco, come il
rapporto padri-figli. In quello madre-figlia m'identificherei troppo. Lavorare
con questi attori è stato molto interessante ed hanno accettato con grande en-
tusiasmo di essere diretti da una donna, e questo non capita sempre.
Sulla scena ci sono pochi oggetti, ma c'è una sorta di paravento che
crea delle ombre.
Credo molto nel teatro evocativo, che fa immaginare senza descrivere troppo.
Qui l'urgenza di comunicare si sposa bene con un'urgenza sociale attualissima.
E.C.