Numero 5 del 2008
Donne elette: tutto è cambiato, nulla è cambiato
Testi pagina 39
Cos'è una buona ma-dre e cosa è una cat-
tiva? Da questa doman-
da ha preso spunto il li-
bro "Madri Cattive" (ed Il
Saggiatore, pg 250, Euro
18,00), una riflessione su
bioetica e gravidanza di
Caterina Botti, docente
di etica delle donne pres-
so l'Università La Sapienza di Roma. "E'
un libro che parte dalla mia esperienza
di gravidanza sette anni fa - ha dichia-
rato l'autrice durante la recente presen-
tazione a Perugia, presso la libreria Fel-
trinelli -. Io insegno filosofia e mi occu-
po di bioetica, ragionando intorno alle
possibilità conoscitive mi sono resa con-
to che entrambi i poli del dibattito vi-
vono dell'astrazione del bene e del male
ma tacciono sulla gravidanza". In altre
parole sui nove mesi di gravidanza non
c'è morale, ma solo su aborto e concepi-
mento. Una constatazione da cui scatu-
risce una deduzione: alla donna non
viene riconosciuta l'attività della re-
sponsabilità durante questo periodo ma
solo la colpa dell'irresponsabilità. Infat-
ti secondo Caterina Botti, se vogliamo
riconoscere alla donna incinta lo statu-
to di soggetto, non possiamo usare le
griglie della tradizione filosofica che ra-
giona sull'uno, mentre la donna è due in
uno. Due sono le posizioni attualmente.
Secondo quella laica l'embrione forse è
vita, forse no e la donna decide sull'a-
borto. Dall'altra parte si fa valere il due:
la vita vince sul diritto alla libertà. Ad
opinione dell'autrice del libro entrambi
queste posizioni non colgono il punto:
l'autonomia di relazione. Riconoscere,
eticamente, alla donna l'autonomia di
relazione significa prendere atto del fat-
to che la donna è testimone dei suoi in-
teressi e di quelli del feto. E' dai senti-
menti della donna, infatti, che parte il
bilanciamento di questi interessi. Ogni
scelta che la donna fa durante la gravi-
danza, in altre parole, è una scelta fat-
ta nella condizione di due in uno, con la
consapevolezza cioè di essere incinta e
di rappresentare gli interessi di due in
uno. Importante affermazione questa,
che mette in discussione la tradizione fi-
losofica stessa. Secondo Caterina Botti i
criteri di bene e male ereditati tendono a
reiterare una serie di stereotipi, senza te-
nere conto del fatto che l'u-
manità è relazionale e di-
pende dai sentimenti di
una donna. Sentimenti che
sono arbitrari e che hanno
una ragione di essere pro-
fonda e individuale. Ed è
legittimo secondo la filoso-
fa porsi una domanda:
"Come si pongono le leggi
nei confronti della libertà individuale e
dell'autonomia relazionale degli esseri
umani su cui essa si fonda?" Le risposte
possono essere sicuramente molteplici e
differenti a secondo degli Stati, ma in
generale la difficoltà a tracciare proprio
i confini della libertà individuale è pa-
lese. Un esempio chiarificatore: negli
Usa è possibile per legge imporre un ce-
sareo coatto, ma non è possibile obbli-
gare un padre o una madre a donare un
rene al figlio morente. La presentazione
del libro, promossa su iniziativa della
Consigliera di Parità Marina Toschi,
con un' interessante introduzione di
Adelaide Coletti, portavoce della rete
delle donne, e il contributo dello psi-
chiatra Giampaolo Bottaccioli, ha dato
luogo ad un vivace dibattito.
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concetti e autori di Emanuela Irace
Trent’anni dalla Basaglia
“Appartiene al meccanismo dell'oppressione vietare la
conoscenza del dolore che produce”
Theodor W. Adorno
A trent'anni dalla legge Basaglia la malattia mentale gode di ottima salute.
Approfondite le vecchie patologie ne abbiamo scoperte di nuove. Derubricando lati
del carattere e caratteristiche della personalità, che a seconda del contesto socia-
le, toccano la curva massima o la minima. Estrema creatività o massima follia.
Aggressività o autoritarismo. Leader o invasato. La diversità, ha bisogno di fortuna
- come il talento - per conquistare il mondo e certificarsi sani. Tempi e sincronie.
Ma il cervello è un organo troppo complesso per non ammalarsi. Troppo lontano
per spiegarsi. Chiuso nella calotta ossea che lo nasconde. Non si vede e non si
tocca. Aereo, invisibile. Comunica solo attraverso altri sensi. Smuove altri organi.
Si definisce nelle facoltà: quanto più semplici tanto più sane. Sostituiamo denti.
Aggiustiamo gambe. Trapiantiamo 4 organi vitali contemporaneamente, costruia-
mo cadaveri viventi, rianimando feti, ma quando si tratta di definire o aggiustare la
testa, brancoliamo. Troppo individuale per tracciare leggi generali. E i protocolli
della medicina sono vuoti senza interpretazione. Serve una regia creativa, flut-
tuante. Ma creare è il contrario di stabilità. E la nostra società richiede di essere
stabili. Prevedibili, affidabili, mediocri. Manchiamo di tecnologia per sforbiciare tra
un mitocondro e l'altro. Non possediamo la tecnica. Ci sfugge la sostanza del pro-
blema e con essa la definizione. Non abbiamo parole. Chiamiamo malattia menta-
le troppe cose tutte insieme. Anche quando i figli puniscono i genitori, ammalan-
dosi. Come degli eroi, combattenti nell'unica dimensione possibile. Quella che
spiazza. La più spaventevole. Lesioni organiche o frammentazione del pensiero.
Genetica o ambiente? Sfortunati o responsabili? Da genitori non sappiamo. Umiliati
e impotenti usiamo le sole armi che conosciamo: le nostre. Le stesse che ammala-
no? E' la reiterazione del delitto, la deposizione delle armi davanti l'incantesimo di
un figlio che mostra le proprie voci interiori vomitando veleni. Pensieri che pugna-
lano chi li ascolta. Due, tre, quattro vite. Quattro persone in una a contendersi la
scena e il ruolo di primo attore. Psicosi, dicono. E' la follia che grida la propria indi-
vidualità, o-scena, come in un estremo tentativo di normalità. Da genitori non pos-
siamo tradurre e soccorriamo. Confusi. Senza comprendere, senza cambiare, senza
lasciare andare. Certi di essere nel giusto. Come la peggiore delle madri. Quella che
insegna al figlio a stare bene solo in sua presenza.
Isabella Rossi
Due in una
Incontro con la filosofa Caterina Botti
una riflessione
su bioetica e gravidanza