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Numero 3 del 2009

Una festa nella crisi: lotta marzo


Foto: Una festa nella crisi: lotta marzo
PAGINA 39

Testi pagina 39

noidonne marzo 2009 39
delle tratte... Una delle grandi partico-
larità della schiavitù arabo-islamica è
la mutilazione sessuale quasi sistemati-
ca degli schiavi maschi, gli eunuchi, e
l'abitudine di usare le schiave femmine
come oggetto sessuale. Conseguenza di
queste pratiche fu che le popolazioni de-
portate si estinsero". Invece i discenden-
ti dei deportati nel continente america-
no sono sopravvissuti ai molti cambia-
menti storici e dopo un "lungo e acci-
dentato cammino" si sentono oggi ben
rappresentati da una di loro: Michelle
Obama, la first lady della nazione più
potente del mondo. Un'altra conseguen-
za della cultura della schiavitù è la giu-
stificazione della repressione delle don-
ne, non legata a motivi religiosi né cul-
turali, ma strumentali. In questa luce
anche il tema della mutilazione genita-
le e della repressione misogina si svinco-
la dal suo rapporto causale con la reli-
gione islamica e assume una dimensio-
ne storica e politica. Non a caso in pae-
si a maggioranza islamica ma laici e
democratici, come il Senegal e il Maroc-
co, vige la parità di genere e la mutila-
zione genitale è vietata per legge.
La storia dell'Africa, che Sarkosky
non riesce a vedere, è la storia della gra-
duale e difficile liberazione dalle varie
forme di schiavitù di popoli diversi tra
loro, che oggi fanno fatica a perseguire
l'idea di "sviluppo" imposta dalla globa-
lizzazione senza ritrovarsi, ancora una
volta, a perdere qualcosa che abbia a
che fare con l'autonomia e ricchezza
propri di questo continente. Lo sviluppo
non risolve il disfacimento dovuto a se-
coli di colonialismo, che sostituendo le
originarie colture di sussistenza in colti-
vazioni industriali ha impoverito il ter-
reno e, imponendo la propria lingua e
cultura, ha trasformato il rapporto tra
la persona africana e la sua terra, il mo-
do di regolarsi nel tempo, di interpreta-
re i segni della natura. Ne ha modifica-
to, forse impoverito, non annullato, la
Storia, che ha bisogno
di essere recuperata in
maniera autonoma da-
gli africani stessi. An-
che se la carenza di ri-
sorse alimentari, di acqua e di beni ma-
teriali è davvero tanta l'uomo e la don-
na africani non è di "aiuti" che hanno
bisogno, ma di potere liberamente sia
circolare sia produrre sulla base dei bi-
sogni interni e non delle esportazioni
verso l'estero. Le regole dello sviluppo
industriale e della globalizzazione non
possono più condizionarne l'economia.
Non c'è nessun motivo per ritenere
che la "ricchezza" occidentale, respon-
sabile della grave crisi economica inter-
nazionale, sia migliore di quella africa-
na. Chi sta meglio? Chi ha denaro o chi
ha la capacità di affrontare la vita con
"spirito tenace"? Per usare ancora le pa-
role di Obama, che ha detto anche:
"...sono stati coloro che hanno saputo
osare, che hanno agito, coloro che han-
no creato cose, alcuni celebrati, ma più
spesso uomini e donne rimasti oscuri nel
loro lavoro, che hanno portato avanti il
lungo, accidentato cammino verso la
prosperità e la libertà. Per noi hanno
messo in valigia quel poco che possede-
vano e hanno attraversato gli oceani in
cerca di una nuova vita".
Obama non ha dimenticato di rivol-
gersi alla "gente delle nazioni povere",
dopo avere affermato che chi arriva al
potere attraverso la corruzione e la dis-
onestà sta "dalla parte sbagliata della
Storia.... perché il mondo è cambiato e
noi dobbiamo cambiare con esso".
Sia gli africani e le africane che scel-
gono di restare che quelli che partono,
affrontando molti "accidenti" per mare e
per terra mostrano di possedere spirito
tenace e capacità di camminare lungo
difficili selciati. Alla faccia di leggi che
volendo limitare la circolazione di per-
sone libere si illudono di determinare la
Storia: di attribuirla a una parte del
mondo e negarla all'altra. Nel grosso
cambiamento in atto, l'Africa, non quel-
la dei dittatori alleati coi colonizzatori,
ma quella dei N.I.P. (Non Important
Person) a cui Rita El Khayat dedica il
suo libro, i poveri, le donne e tutti colo-
ro "rimasti oscuri nel loro lavoro", han-
no una parte importante, imprevedibile.
Speriamo che da loro possa arrivare un
significato della vita umana più digni-
toso e più lento.
Il senso della lentezza è il dono più
bello che mi sono portata dall'Africa.
Il tempo africano è senza fretta, sen-
za ansia, talmente tanto da apparire a
un uomo come Sarkozy "senza storia".
Ma forse il segreto è nel fatto che, men-
tre gli europei possiedono molti stru-
menti per misurarlo, gli africani hanno,
invece, tutto... il Tempo!
l'Africa dei N.I.P. (Non Important Person)
e non quella dei dittatori alleati
coi colonizzatori è un continente
in trasformazione e graduale liberazione.
Un focus attraverso i libri di Aminata Traoré
e Rita El Khayat
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