Numero 1 del 2009
Verso un nuovo mondo?
Testi pagina 39
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critica cinematografica. Negli anni Ven-
ti scriveva: "Il cinema è tutt'altro che
mero passatempo: è qualcosa a cui noi
vili ci abbandoniamo così volentieri per
meglio reggere la vita, per sopportarne
più facilmente le spiacevolezze, essendo
noi impotenti di fronte a un modo de-
formato di vivere". In una recensione a
"La donna di Parigi" di Chaplin, scritta
in tempi in cui il cinema, ancora agli
inizi, non era considerato vera arte,
emerge bene da quale tipo di abitudini
di pensiero avrà origine la sua successi-
va scelta di resistenza esistenziale du-
rante il nazismo: "I personaggi di questo
film sono esseri umani autentici.
Non sono né buoni né cattivi. Sono
però così coerentemente completi da
avere in sé mille contraddizioni. Soltan-
to i personaggi cartacei hanno un ca-
rattere lineare. Gli uomini reali si con-
traddicono cento volte al giorno, bilan-
ciano la loro nobiltà d'animo con azio-
ni cattive e la loro bellezza interiore
compensa le loro bassezze".
La scelta di coscienza e di vita, pur
in presenza di follia, morte e molto do-
lore, che fanno Milena e Marianne, ac-
cogliendo i paradossi esistenziali, è ra-
dicata in questa persuasione di una
umanità autentica e contraddittoria, né
buona né cattiva, la cui bellezza inte-
riore e nobiltà d'animo compensa bas-
sezze e cattiverie: una umanità destina-
ta ancora a durare e per il quale vale la
pena continuare a resistere. Ad essere
vita, vivendo e descrivendo emozioni
forti come amore, speranza, paura, de-
siderio: pur in una condizione di non vi-
ta.
Tale è quella descritta nelle lettere di
Marianne dalla prigione di Pancraz in
attesa del "grande giorno": "Ogni due
settimane abbiamo diritto a una mez'o-
ra di 'libertà', una passeggiata nel corti-
le della prigione. Ci precipitiamo disor-
dinatamente in cortile gesticolando, tut-
te eccitate, febbrili, e ci scambiamo in-
formazioni colme di pessimismo, ma
anche di speranza.... abbiamo davanti
a noi otto giorni di requie, prima della
mannaia. Possiamo vivere ancora otto
giorni, vedere ancora il sole, mangiare,
piangere, ridere, cantare, scrivere dell'a-
more, della speranza."
La resistenza esistenziale di persone
dissidenti e creative come Milena e Ma-
rianne somiglia a quella delle tante
donne (e uomini) che oggi si ribellano
con creatività a certo fondamentalismo
misogino (islamista o meno che sia) che
le relega prigioniere di una cultura op-
pressiva e talvolta le condanna a mori-
re, a subire violenza o a deformare i pro-
pri corpi. Le donne come Marianne e
Milena invece di sopportare, morendo
poco a poco, talvolta ammalandosi di
gravi forme depressive, si ribellano, sce-
gliendo di resistere esistenzialmente a
tutto ciò che intorno e dentro di loro
parla di morte.
Il loro coraggio di vivere è destinato
ad intaccare ad un livello più profondo,
anche se più lento, la cultura che sta al-
l'origine della complessa rete d'ingiusti-
zie presente oggi nel mondo, che si nutre
della sofferenza di tutti noi, del nostro
cinismo, della sfiducia e sospettosità nei
gesti d'amore.
Fonti per questo articolo: Maria Inver-
si, "Il grande giorno e il coraggio delle
donne", spettacolo tenutosi a Teramo
il 23/11/2008; Marianne Golz-Gold-
lust "Il grande giorno", Città Aperta
2002; "Milena di Praga. Lettere di Mi-
lena Jesenskà 1912 - 1940", Citta
Aperta 1998; Alena Wagnerovà, "Mile-
na Jesenskà", Archinto 2004; il docu-
mentario "La vera storia di Marianne
Golz" regia di Monica Repetto.
Milena Jesenskà e Marianne Golz-Goldlust, accomunate
dallo stesso destino di condannate a morte, dall'avere
ricevuto, post mortem, la medaglia di "giusta fra le
nazioni" e dall'abitudine di agire per amore e di resistere
alla morte con gesti e pensieri vitali e di speranza