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Numero 9 del 2008

Stampa: libertà vigilata


Foto: Stampa: libertà vigilata
PAGINA 38

Testi pagina 38

settembre 2008 noidonne38
Cara Bruna,
dal mio albero è possibile leggere
una speranza di superamento degli an-
ni bui della guerra, causa dello smem-
bramento dell'ex Iugoslavia? Una guer-
ra decisa unilateralmente contro le ri-
soluzioni ONU e che lascia rovine
umane. Ho 31 anni, vivo in un altro
Paese europeo e, nonostante l'esigen-
za di essere libero, sento una profonda
amarezza per chi ancora non lo è e per
chi, come me, soffre anche per il sen-
so di non appartenenza.
Luka
Carissimo Luka,
molto toccante la tua lettera e il di-
segno: un albero che racconta tutto il
tuo vissuto. Un albero che vorrebbe
mettere radici. L'essere umano trae forza
dalle radici, una forza evocativa pre-
sente sotto la terra. Solo l'uomo può
trarre tale energia dalla terra per tra-
sformarla in vita! Le radici sono la for-
za che nutre, la linfa vitale, che prepara
alla vita. Le radici che si disegnano evi-
denziano il mondo delle emozioni, degli
istinti, delle passioni, della forza che ci
lega all'inconscio, alla madre terra. Esse
nel tuo albero sono pronte, sono lì, che
ricordano il passato, la pesantezza dei
ricordi, ma che aspettano momenti mi-
gliori per toccare la terra. Una terra mi-
nata, in tutti i sensi, una terra tutta da
ridisegnare per permettere al tuo albero
di penetrare nella sostanza, di "incar-
narsi" veramente. Una radice sottile,
che svela un tuo aspetto sentimentale,
la necessità di sentirti riscaldato più
dall'affetto che dal ragionamento. Mol-
to importante, nel tuo caso, la scelta del
partner e degli amici, garanti di una
sorta di saturazione emotivo-affettiva
per costruire la forza d'urto necessaria
per affrontare la realtà sociale. Una
realtà dignitosa, come ad ogni essere
umano spetterebbe vivere, senza mutila-
zioni psicologiche e fisiche. Una realtà
per la quale lottare affinché il bene
trionfi sempre, senza la violenza e la fol-
lia della guerra. L'amarezza è inevitabi-
le quando si ha il senso dell'altro. L'an-
sia e la rabbia lasciano delle tracce, so-
prattutto nell'ombreggiatura e nella for-
ma della chioma, imponente nel suo
frazionamento. Uno sviluppo bloccato
verso l'alto, la zona degli ideali e dei so-
gni, che rischiano di essere "raffreddati"
nella bramosia di realizzare la parte so-
ciale del sé. Tutta la sfera dei sentimen-
ti può restarne colpita attuando difese
razionalizzanti. Lo sbarramento emoti-
vo è evidente nella forma del ramo-tron-
co centrale. Le tappe traumatiche a cir-
ca 7 anni, a 14 e mezzo, a 20 e mezzo,
a 23, a circa 27, a 29 e mezzo. Il trau-
ma più serio a 20 anni e mezzo.
Dal tuo albero emerge la speranza,
nonostante l'urto esterno e l'irradiazione
penetrata nell'esperienza dell'Io. Un Io
provato, ma capace di auto-sperimen-
tarsi rovesciando i sensi fisici e le loro
"cicatrici" dell'anima nei sensi di natura
non fisica, dove il pensiero libero costi-
tuisce l'elemento inosservato dell'attivi-
tà spirituale.
concetti e autori di Emanuela Irace
Le lacrime sono il cervello degli dei
“Io lo amo a tal punto da sopportare con lui tutte le morti,
mentre senza di lui non reggerei una vita”
Milton, Paradiso Perduto, libro IX
Il ghiaccio brucia, ustiona, diventa aria. Indossa mille forme prima di dissolversi. Attraversa
l'acqua e si fà neve. Voce che accarezza prima. Dura come metallo poi. Stalattite. Arma.
Afona. Stati di trasformazione della materia che giocano mimando l'impronta originaria:
schivandola o riproducendola. Gelo che infuoca. Emozioni sospese e trattenute. Incapaci di
sciogliersi: "Riso e pianto sono piccole catastrofi che esistono solo nell'uomo - dice Jaspers
- sono un simbolo e il raggiungimento di un limite". Dimenticare le proprie lacrime, tratte-
nerle, significa asma. Mancanza di respiro. Rinuncia ai sentimenti. Le lacrime sono il cer-
vello degli dei. Piangiamo per essere altrove e perché non possiamo dimenticare. Cacciati
dal Paradiso, ne restiamo sedotti per sempre, come l'Eva di Milton, come l'incantesimo delle
favole. Ci allontaniamo quando vorremmo vicinanza. Frapponiamo ostacoli e razionalità là
dove vorremmo essere liberi. Seducendo l'altro per portarlo in un luogo che non gli appar-
tiene, dove è negata la promessa mai pronunziata, ma vissuta. La felicità è un attimo che
ci spaventa. Bisogna avere dimestichezza con la morte per riconoscere e trattenere la vita.
Ma Eros e Thanatos sfuggono la superficie. Non vogliono cronaca ma approfondimento.
Ricerca. Pensiero. Riluttanza. Fatica. Tanti passi indietro per farne uno in avanti. La vita è
un passaggio effimero, chiudersi alla sua potenza, un sacrilegio. Sbagliamo senza saperlo,
neghiamo senza volerlo. Agganciati a binari già dati proseguiamo nel conosciuto, in quel-
lo che abbiamo sempre fatto, nel come ci hanno insegnato, nel quanto ci hanno deprivato.
Come in una recita, dentro la quale mimiamo e possiamo scrivere tutto, tranne la fine. Ci
compete la vita, niente possiamo sulla morte. Tabù contemporaneo. Esperienza privatissi-
ma. Potenza negata, sulla quale nessuno può scrivere quello che accade o è stato. Per que-
sto ce ne dimentichiamo. E' tempo in avanti. Senza memoria. Quasi mai annunciato: e
senza riflettori non c'è notizia, per noi. "A ciascuno il suo" e sarebbe ora di far disamina sui
talenti. Non cosa abbiamo ricevuto e come l'abbiamo fatto fruttare, ma cosa avevamo sotto
il naso senza essere in grado di vedere. Cosa abbiamo perso. E a cosa abbiamo rinunciato.
Quante omissioni e quanti ri-conoscimenti negati. Quanta incapacità a com-prendere.
Quanta astuzia meschina per non scoprire. Quanta paura per disvelare sé, e l'altro da sé.
Quanta superficialità verso la vita dell'altro. Quanta paura della spensieratezza. Quanto
gelo dopo il piacere. Perduti come i bambini di Peter Pan. Lontani dall'isola che non c'è,
restiamo incantati dal sogno, nel Paradiso Perduto, e nei mille anfratti beceri e caduchi della
nostra vita, apparente.
Leggere l’albero
Tracce
Bruna Baldassarre
disegna il 'tuo albero', parla di te
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