Numero 10 del 2009
RU 486: la pillola ideologica
Testi pagina 38
ottobre 2009 noidonne38
La storia delle Portatrici Carniche èancora poco conosciuta. Solo gli abi-
tanti della Carnia hanno memoria di
quelle donne straordinarie e ne sono or-
gogliosi. Come orgogliosi sono gli alpini
che erano di stanza alla Caserma Maria
Plozner Mentil, unica caserma in Italia
intestata ad una donna e ora purtroppo
abbandonata.
Ma chi sono le Portatrici Carniche? E
cosa hanno fatto di così importante per
meritarsi parole di stima e riconoscenza
da parte del Generale Lequio, coman-
dante del settore "Carnia" durante la
Prima Guerra Mondiale?
Cominciamo con il dire che la Car-
nia (Cjargne in friulano) è una regione
storico - geografica del Friuli Venezia
Giulia settentrionale, al confine con
l'Austria, compresa nella provincia di
Udine. E' una regione montuosa, occu-
pata in gran parte dalle Alpi Carniche,
impervia e isolata, anche per le svan-
taggiose condizioni climatiche, caratte-
rizzate da venti impetuosi e da forte
piovosità, difficile da domare anche per
i suoi tenaci abitanti.
La storia della Portatrici Carniche si
colloca tra l'Agosto del 1915 e l'Ottobre
del 1917. In quel periodo l'Esercito Ita-
liano era così schierato: 2 Armate (1° e
4°) sul fronte Trentino; 2 Armate (2° e
3°) sul fronte giulia; un Gruppo Specia-
le al centro (XII Corpo d'Armata) in
Carnia e in Val Fella; una riserva d'Eser-
cito tra Desenzano, Verona e Bassano.
Grande importanza aveva il fronte che
correva dalle sorgenti del Piave a quelle
del Natisone, comprendente le valli del-
l'alto Tagliamento, del Degano, del But
e del Fella. Questa era la Zona Carnia,
formata da 31 battaglioni, ed era tal-
mente vitale da essere posta alle dirette
dipendenze del Comando Supremo. Il
valore di tale Zona consisteva nel fatto
che, realizzando uno sfondamento a
Passo Monte Croce Carnico, l'Esercito
austriaco avrebbe avuto via libera nelle
valli del But e del Chiarsò, considerate
le porti principali per l'invasione dell'I-
talia. Tale consapevolezza l'aveva an-
che lo Stato Maggiore di Vienna, tanto è
vero che in tutti i piani operativi - an-
cora in tempo di pace - gli austriaci at-
tribuivano un'importanza strategica al-
la Zona Carnia. E' bene sottolineare che
l'attività della Portatrici s'interruppe nel
1917 quando, il 27 ottobre, i difensori
di questo fronte caldo dovettero ritirarsi
lasciando le posizioni, che mai avevano
perduto, perché aveva ceduto il fronte
dell'Isonzo difeso dalla 2° Armata ed i
soldati di Carnia dovettero ripiegare per
non essere presi alle spalle. Con loro do-
vettero fuggire anche le Portatrici.
La forza media presente in questi ter-
ritori si aggirava intorno ai 10-12 mila
uomini. Essi dovevano essere vettova-
gliati ogni giorno, riforniti di munizioni,
medicinali, attrezzi vari e così via. I ma-
gazzini ed i depositi militari erano dis-
locati in fondo valle e non c'erano rota-
bili che consentissero il transito di auto-
mezzi né di carri trainati da
animali. L'unico sistema per
raggiungere la prima linea del
fronte, in alta montagna, era il
trasporto a spalla seguendo
sentieri o mulattiere. Ma dato
che per effettuare questi riforni-
menti non si potevano sottrarre
militari alla prima linea senza
danneggiare l'efficienza opera-
tiva, il Comando Logistico della Zona e
quello del Genio furono costretti a chie-
dere aiuto alla popolazione civile. Tutti
gli uomini validi erano alle armi, rima-
nevano a casa solo donne, vecchi e
bambini. La situazione era davvero cri-
tica e le donne non esitarono a racco-
gliere il disperato invito. Si misero quin-
di a disposizione dei Comandi Militari:
" Anin", dicevano "senò chei biadaz ai
murin encje di fan" ("andiamo, altri-
menti quei poveretti muoiono anche di
fame").
Venne così costituito un Corpo di au-
siliarie formato da donne di età com-
presa tra i 15 e i 60 anni, della forza pa-
ri a quella di un battaglione di circa
1000 soldati: nascevano le Portatrici
Carniche. Esse non furono mai militariz-
zate, cioè non furono costrette al lavoro
per forza di legge e soggette alla disci-
plina militare. Ma la disciplina ferrea
che si autoimponevano durante le mar-
ce fu delle più esemplari.
Furono munite di un libretto persona-
le di lavoro sul quale i militari addetti
ai vari magazzini segnavano le presen-
ze, i viaggi compiuti, il materiale tra-
sportato in ogni viaggio; furono anche
dotate di un bracciale rosso con stam-
pigliato lo stesso numero del libretto e
con l'indicazione dell'unità militare per
la quale lavoravano. Per ogni viaggio
ricevevano il compenso di lire 1,50 cen-
tesimi, pari più o meno a 3,50 euro, che
venivano corrisposti mensilmente. In
caso di emergenza, potevano essere
chiamate a qualsiasi ora del giorno e
della notte. Dovevano presentarsi all'al-
ba di ogni giorno presso i depositi ed i
magazzini nei fondo valle per ricevere
in consegna il materiale e caricarlo nel-
la gerla.
La gerla (zèi - pronuncia gei - in car-
nico) è una cesta di legno o vimini in-
trecciati a forma di tronco di cono rove-
sciato, aperto in alto, usata per traspor-
tare materiali vari: fieno, le-
gna ma anche formaggio e
via dicendo. E' munita di
due spallacci di fusti di noc-
ciolo per poter essere porta-
ta sulle spalle.
Quando le gerla erano
state riempite di munizioni
ed altri generi indispensabi-
li alla sopravvivenza dei
Donne al fronte
Le portatrici carniche
Chiara Marzocchi
Linea del fronte il 24 maggio 1915
Portatrici fotografate dal
Ser. Tullio Bendauti sul Colle S. Daniele di Paluzza
nell'ottobre del 1915