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Numero 3 del 2009

Una festa nella crisi: lotta marzo


Foto: Una festa nella crisi: lotta marzo
PAGINA 38

Testi pagina 38

marzo 2009 noidonne38
All'indomani del discorso inauguraledel presidente degli Stati Uniti d'A-
merica, che si pone con "umiltà" di fron-
te alla "nuova era di responsabilità", ad
un mondo in crisi e bisognoso di spe-
ranza più che di paura, di alleanze più
che di missili e carri armati, viene vo-
glia di aver fiducia che il mondo davve-
ro stia cambiando. Di fronte a un presi-
dente americano che nomina le proprie
origini africane, "il piccolo villaggio do-
ve è nato mio padre", e non dimentica di
rivolgersi anche agli abitanti di questo
continente espropriato, brutalizzato e
schiavizzato, viene voglia di lasciarsi
alle spalle il discorso tenuto dal presi-
dente francese Nicolas Sarkozy nel lu-
glio 2007 a Dakar, capitale del Senegal,
quando, molto lontano dall'umiltà e re-
sponsabilità evocate da Obama, dichia-
rava che il problema degli africani è do-
vuto al loro "non essere entrati abba-
stanza nella storia".
Il rapporto tra l'Africa e la sua sto-
ria, che Sarkozy non riesce a vedere, vie-
ne ben chiarito da due recenti libri, en-
trambi pubblicati dall'editore Avaglia-
no e scritti da donne africane.
Il primo di Aminata Traoré, ex
ministra della cultura in Mali
ed esponente di spicco del mo-
vimento altromondista, si inti-
tola "L'Africa umiliata". Il se-
condo è una "lettera aperta al-
l'Occidente" dall'antropologa,
psichiatra e scrittrice Rita El
Khayat, recentemente candida-
ta al premio Nobel per la pace.
Mi sono ritrovata a leggerli
mentre viaggiavo per il Senegal,
che ho potuto visitare, grazie a
loro, con meno pregiudizi "occi-
dentali" e uno sguardo più luci-
do.
A Dakar la cosa più visibile
non è la povertà, semmai le
molte strade, ponti e case in co-
struzione. Soprattutto si nota la
presenza di molte/i bambine e
bambini e una popolazione
davvero giovane. Osservando
le persone più che la miseria è
la loro dignità a colpire. Le
donne sono tutte ben vestite e
pettinate, ovunque, anche al
mercato, e camminano dritte e
fiere, sempre: anche portando
un bambino nelle spalle, avvolto in un
fazzoletto ben legato al petto e perfetta-
mente abbinato ai colori del vestito.
Tutte le donne africane che ho avuto
modo di conoscere e intervistare, tra cui
la stessa Rita El Khayat, mi hanno tra-
smesso la grande forza della loro digni-
tà ed anche una certa orgogliosa libertà
di pensiero, che contrasta sia con l'im-
magine di vittime e oppresse diffusa da
noi, sia con la storia di secolare domi-
nazione delle popo-
lazioni africane.
Viene da pensare,
anche alla luce dei
recenti eventi ame-
ricani, che è alle
porte una nuova
era in cui i rapporti
attuali tra domina-
tori e dominati mu-
teranno in una dire-
zione imprevedibi-
le, a cui forse non
siamo pronti.
L'Africa è il con-
tinente da cui per
quasi cinque secoli milioni di esseri
umani sono stati "tratti" a forza da un
continente all'altro per essere schiaviz-
zati ed è il continente da cui, oggi, par-
tono la maggioranza di "migranti" che
le nuove leggi europee contro l'immigra-
zione tendono a impedire di partire, a
selezionare, ad espellere. Anche gli
schiavi venivano selezionati, e, tra chi
partiva, molti morivano prima di arri-
vare, come oggi succede nel canale di
Sicilia o nelle carceri libiche o
in insalubri container o, già
arrivati, perseguitati dal raz-
zismo.
"Non dovrebbe essere pos-
sibile - scrive Aminata Traoré
- al termine di una storia così
lunga di violenze, certo, ma
anche di incontri veri e di me-
scolanze, essere maliani sene-
galesi o camerunensi e pas-
seggiare per le strade di Pari-
gi, Londra, Bruxelles, senza
dover giustificare la propria
presenza e la propria differen-
za? L'Occidente si rifiuta di
ammettere che è andato alla
conquista del mondo e degli
altri, e che nessuno esce in-
denne dall'esperienza dell'in-
contro, anche se si è nella po-
sizione del dominante. Il co-
lonizzatore ha voluto un'Afri-
ca francese ed eccolo con una
Francia africana come com-
ponente di un'identità plura-
le".
Gli schiavi africani non
sono stati resi tali solo dai co-
lonizzatori portoghesi, ingle-
si, francesi e americani: anco-
ra prima di loro gli arabi
traevano grandi profitti dal
mercato degli schiavi che pro-
venivano sia dall'Africa nera
che dall'Europa, come infor-
ma Rita El Khayat, aggiun-
gendo: "le ospiti degli harem
non erano che schiave: le ne-
re, considerate come riscalda
ossa per i vecchi, le circasse,
molto ricercate per la loro
bellezza, e per essere bianche
e bionde, le caucasiche, ber-
bere, slave, turche e bianche
di tutta Europa, a seconda
Senegal
Non più schiave, non più “senza storia”
Giovanna Providenti
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