Numero 9 del 2007
Dolce attesa ... o malattia?
Testi pagina 37
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Il fatto di dare priorità alla propria
esigenza di autenticità, annoiandosi pa-
lesemente alle cerimonie ufficiali e di-
cendo pubblicamente che un uomo co-
me il marito, privo di qualità umane
nella dimensione privata non può essere
un buon re, fanno accostare la mancata
regina d'Inghilterra alla riformulazione
della politica compiuta dal femminismo
negli anni Settanta per cui "il personale
è politico".
Leggendo bene le parole della stessa
Diana ci accorgiamo di quanto siano
disarmanti le sue pre-
se di posizione politi-
ca, dirompente la sua
determinazione a
cambiare lo stato di
cose: "Se noi, come
società, continuiamo
a rendere inabili le
donne incoraggian-
dole a credere che
debbano fare soltanto
ciò che viene conside-
rato a beneficio della
loro famiglia, persino
quando queste donne
ricevono un danno
nel fare questo, se
sentono che non han-
no mai il diritto di fa-
re qualche cosa sola-
mente per se stesse, se
sentono che devono
sacrificare tutto per i
loro cari, persino a
costo della loro salu-
te, della loro forza in-
teriore e della stima
di sé, vivranno solamente all'ombra de-
gli altri e la loro salute mentale ne sof-
frirà". Come trovare parole più concrete
e immediate da rivolgere alle donne
schiacciate da una cultura oppressiva
nei loro confronti?
Ma a Diana, donna non ideologica,
non voleva solo dire qualcosa, anche
rendersi utile: "se la famiglia reale non
cambia, e non cambiano i suoi rapporti
con il resto della società, cesserà di svol-
gere qualsiasi funzione utile. …voglia-
mo che la famiglia reale sia riverita in
virtù della sua posizione o non preferia-
mo piuttosto, vivendo in una società
moderna, che essa sia ammirata per co-
me affronta i traumi della vita quoti-
diana?".
Che altro ruolo può avere oggi una
monarchia - rifletteva Diana - se non
quello di porsi in maniera moralmente
esemplare al proprio popolo? E quale
avrebbe potuto essere il suo proprio mo-
do per rendersi utile alla causa delle
donne se non trasformare se stessa in un
modello femminile esemplare?
Nessuno è prigioniero del proprio
ruolo, rispondeva Diana alle giornaliste
a proposito di quello
che avrebbe potuto
fare Carlo: "tocca a
lui definire il suo ruo-
lo. Potrebbe fare
qualsiasi cosa. Del
resto è proprio quello
che ho cercato di fare
io", rinunciando a co-
rona e palazzo e di-
ventando regina nel
cuore della gente, ag-
giungiamo noi.
Diana è ancora
oggi così amata dalle
donne di tutto il mon-
do perché rinuncian-
do a una prigione
d'oro e disincarnata
ha permesso a se stes-
sa di vivere la soffe-
renza di una donna
comune. E perchè non
usava il linguaggio
retorico e distaccato
della politica di pa-
lazzo, non antepone-
va ideali astratti alla soluzione concre-
ta di problemi quotidiani, toccando in-
consciamente il desiderio di libertà e in-
tegrità di molte donne comuni. Non a
caso Diana è più amata dalle casalin-
ghe che dalle donne in carriera, e non è
compresa da intellettuali e femministe
di matrice ideologica.
Il paradosso Diana, la principessa
che ha scelto di uscire dal ruolo perché
voleva essere viva e vera, è che invece la
sua morte prematura l'ha trasformata in
una leggenda, senza più nessuna possi-
bilità di cambiare, di uscire dalla gab-
bia finale in cui lei stessa si era posta,
dando forse troppa importanza al pro-
prio ruolo, e ultimamente soffrendo mol-
to gli "effetti secondari" dell'eccessiva
notorietà: perché era una donna debole.
Se non fosse morta, sarebbe stata nomi-
nata "ambasciatrice umanitaria del Re-
gno Unito" da un uomo ambizioso e op-
portunista come Blair.
E a noi piace pensare che Diana
avrebbe fatto di tutto per uscire da que-
sta nuova gabbia, o l'avrebbe saputa
volgere in una forma tale da non intac-
care la propria salute mentale. Ma un
incidente stradale, la causa più comune
di morte dei nostri tempi, l'ha trasfor-
mata da donna in leggenda, il 31 ago-
sto 1997.
a dieci anni dalla morte e dall'infinito scorrere superficiale
di molte parole sul fenomeno Diana Spencer, può valere la
pena aggiungere qualcosa per rivalutare la personalità e le
scelte femministe di questa donna scomoda