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Numero 4 del 2007

Al centro dell'attenzione


Foto: Al centro dell'attenzione
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Testi pagina 37

noidonne aprile 2007 37
scuole private di impostazione molto di-
versa tra loro. Così per la storia israe-
liana si è scelta la versione delle scuole
pubbliche (la più moderata) e per la
parte palestinese quella studiata nelle
scuole di recente istituzione.
Ecco cosa, e nella concreta realtà,
sembra essersi inventato l'arcangelo Ga-
briele dopo avere invano studiato la
mappa del Medio Oriente: costituire
sempre più gruppi di persone che, a par-
tire dal basso, facciano esperienze co-
muni per gestire problemi concreti della
società civile. E questo sia nell'ambito
dell'educazione che in quello dell'assi-
stenza, della sanità, del trauma di guer-
ra, del lutto.
Amos Oz ha recentemente paragona-
to i politici ai dottori e la popolazione
ai pazienti, ma mentre questi ultimi so-
no pronti all'intervento di cura, il dotto-
re non ne è convinto. A me è sembrato -
mentre ascoltavo i racconti degli invita-
ti alla Facoltà Valdese di Teologia all'in-
contro del 20 febbraio organizzato del
mensile interreligioso "Confronti" - che il
paziente non solo sia pronto, ma si stia
cercando da solo la cura: altrove dalla
"politica seconda" nello spazio della re-
lazione interpersonale della "politica
prima".
La percentuale presente - tre israelia-
ni e tre palestinesi, di cui uno soltanto
dei territori - dimostra che i "pacifisti"
arabi sono per lo più di arabi israeliani
che non palestinesi abitanti in Cisgior-
dania o Gaza, ma si tratta dell'inizio di
un processo di pace, e ci dobbiamo ac-
contentare.
Proviamo a vedere qualcun altro di
loro più da vicino.
Sono un uomo e una donna, lui pale-
stinese di Nablus lei israeliana: Ibrahim
Halil e Tsurit Sarig non avrebbero nien-
t'altro in comune se non la tragedia di
un figlio morto e la scelta forte di aderi-
re al "Israeli Palestinian Parents Circle",
recentemente allargatosi in "Families Fo-
rum". Si tratta di un'associazione attiva
dal 1994 formata da genitori (allargata
a tutti i parenti) di vittime della guerra.
Ibrahim e Tzurit raccontando del loro
terribile lutto tra rabbia, risentimento,
dolore, hanno sottolineato la loro sco-
perta e determinazione a portare avanti
il loro lavoro di pace all'interno del "Pa-
rent's Circle".
"Il confronto tra vittime delle due fa-
zioni - ci dicono - genera empatia per
tutte le famiglie mutilate, mettendole in
contatto reciproco con la loro perdita ed
instaurando un processo di riconcilia-
zione".
Inoltre Tsurit Sarig, madre di un mili-
tare ucciso durante la leva obbligatoria
il 27 settembre 1996, ha parlato al regi-
stratore di "noidonne":
"Quando mio figlio è stato ucciso tut-
ta la nostra famiglia ha subito un gran-
de shock, la prima reazione è stata di
grande sconcerto e rabbia, ma poiché
noi siamo persone di pace abbiamo cer-
cato modalità alternative per investire
l'energia del lutto e l'abbiamo trovata
nell'attivarci nel Parent's Circle che at-
traverso la condivisione del dolore e
delle storie personali inspira a tutti uno
spirito di comprensione e riconciliazio-
ne invece che di odio e vendetta."
Quali sono le attività della vostra
associazione?
Oltre ad incontrarci per condividere
il nostro lutto, lavoriamo in due direzio-
ni: spingere il nostro governo al dialogo;
andare da più gente possibile per aiu-
tarli a intraprendere il lungo cammino
di superare rabbia e paura ed essere
pronti a vivere in pace. Per questo orga-
nizziamo dei gruppi misti (in genere due
persone) che vanno a parlare con più
gente possibile nella loro vita quotidia-
na. Andiamo nelle scuole, nelle univer-
sità, o laddove riusciamo ad organizza-
re incontri pubblici, e raccontando ai
giovani il nostro dolore cerchiamo di
persuaderli a smetterla di stare da una
sola delle due parti ed a comprendere il
valore della riconciliazione, per essere
capaci sempre più persone e insieme -
arabi e palestinesi - di chiedere ai go-
vernanti di stabilire la pace.
Qual è stata la cosa più difficile nel-
l'incontrare le madri della parte av-
versa?
Innanzitutto la lingua, a volte c'è co-
me un rifiuto a trovare una lingua co-
mune. Siamo riuscite a parlarci, sì con
l'aiuto di una traduttrice, ma soprattut-
to guardandoci l'un l'altra, toccando
l'una il cuore dell'altra, e facendo cose
insieme. Anche probabilmente abbiamo
un modo diverso di vivere il proprio lut-
to, ma cosa cerchiamo di fare nel nostro
lavoro è di pensare non con la pancia
ma con la mente guardando al futuro di
pace del nostro comune paese.
Qual è la tua speranza nello svolge-
re questo lavoro?
La mia speranza è che le cose del
mondo e la politica cambino ascoltan-
do le ragioni di chi parla loro dal basso.
Spero che la nostra associazione insieme
alle molte altre che, in maniera diversa,
sono impegnate per la pace nella nostra
regione, riescano a convincere i gover-
nanti a sedersi e parlare fino a che non
si trova un accordo.
Ecco cosa potrebbe dire ai governan-
ti l'arcangelo Gabriele, al di fuori della
facezia: provate a parlarvi reciproca-
mente in maniera autentica, mettendo
sul piatto risentimenti, rabbia, bisogni,
paure, dolore, toccandovi l'un l'altro,
così come stano imparando a fare i vo-
stri "pazienti" abitanti in Palestina.
associazioni e scuole miste
israelo-palestinesi sono
l'esempio di un dialogo
possibile ai loro riottosi
governanti
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