Numero 4 del 2010
Svelate
Testi pagina 37
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Il femminismo come rivelazione, an-
nullamento di ogni schermo fra sé e il
mondo, conquista di uno sguardo capa-
ce finalmente di vedere, dopo quattro-
mila anni trascorsi a guardare. Arrivò
nella primavera del 1970, per Carla
Lonzi, la stagione dell'epifania, dell'e-
splosivo bisogno di esprimersi che era
già sintomo di liberazione. L'incontro
col nuovo, rivoluzionario pensiero delle
donne che avanzava in quegli anni su-
scitò in lei il desiderio di spogliarsi del-
la sua vita precedente, per uscire allo
scoperto con una parola vibrante, robu-
sta, che non aspirava a farsi pilastro
teorico, ma solo a chiamare le donne a
una riflessione e a una rivolta. I suoi
scritti, alcuni firmati da lei sola, altri
fatti propri dai gruppi di Rivolta Fem-
minile, segnarono una tappa fondamen-
tale nella storia del pensiero femmini-
sta. Ci vollero tuttavia vent'anni perché
tale riconoscimento le fosse tributato da
una monografia interamente dedicata a
lei. Nel 1990 usciva per le edizioni La
Tartaruga 'L'io in Rivolta. Vissuto e pen-
siero di Carla Lonzi', libro in cui Maria
Luisa Boccia ripercorreva il percorso di
Carla Lonzi, come esperienza concreta
di una presa di coscienza "che trascende
il vissuto senza disancorarsi da esso".
Oggi, trascorsi altri vent'anni, un rinno-
vato interesse per la scrittura di Carla
Lonzi conduce non solo alla ristampa di
quella monografia (Maria Luisa Boccia,
'L'io in Rivolta. Vissuto e pensiero di
Carla Lonzi', Baldini Castoldi Dalai,
2010), ma anche alla nuova edizione
delle opere di Carla Lonzi, riproposte
dalla casa editrice "et al. Edizioni", di-
retta da Sandro D'Alessandro. Quest'an-
no, proprio nei giorni in cui l'autrice del
'Manifesto di Rivolta femminile' avrebbe
compiuto settantanove anni, alla Casa
internazionale delle donne di Roma un
convegno di tre giorni apriva una rifles-
sione sulla sua figura di critica d'arte,
mettendo a confronto studiose e studio-
si, dando la parola a protagoniste del
percorso collettivo di Rivolta Femminile,
accompagnando, infine, il lavoro di
confronto progettuale con una mostra
fotografica di Jacqueline Vodoz, la foto-
grafa milanese che partecipò al gruppo
di Rivolta Femminile e ne documentò
l'attività, restituendo l'atmosfera inten-
sa, gioiosa e coinvolgente di quegli in-
contri. A quarant'anni dall'uscita di
'Sputiamo su Hegel' si torna a interroga-
re, con nuove chiavi di lettura, una fi-
gura che è alle origini del neofemmini-
smo italiano. Il suo abbandono dell'at-
tività di critica d'arte coincise col rifiu-
to di partecipare ai momenti celebrativi
della creatività maschile, convinta co-
m'era che nella società patriarcale la
creatività come pratica liberatoria re-
stasse una prerogativa maschile.
La donna, di fronte alla competizio-
ne tra uomini sul terreno della creativi-
tà, incarnava l'archetipo della spettatri-
ce, pronta a mitizzare il gesto dell'arti-
sta e a rappresentare per questi un pun-
tello, elemento cardine dello sforzo libe-
ratorio maschile. Il rifiuto di una libera-
zione riflessa - attraverso l'oramai demi-
stificato beneficio dell'arte - era l'ennesi-
ma presa d'atto dell'impossibilità di at-
tendersi da altri una salvezza che non
poteva che venire da se stesse. L'arte,
dunque, in quanto spazio storicamente
definito dal sesso dominante non pote-
va essere un luogo all'interno del quale
ricercare la parità.
Da essa proveniva un ulteriore disco-
noscimento per la soggettività femmini-
le. L'ennesimo, nella storia della civiltà:
"la Chiesa ci ha chiamate sesso, la psi-
canalisi ci ha tradite, il marxismo ci ha
vendute alla rivoluzione ipotetica". In
'Sputiamo su Hegel', il marxismo - altro
miraggio delle femministe italiane, più
fiduciose nella lotta di classe che non
consapevoli della propria oppressione -
era messo sotto accusa a partire dalle
sue premesse hegeliane, e dalla denun-
cia della dialettica servo-padrone come
rapporto interno al mondo maschile, in-
capace di dar conto della specificità
dell'oppressione femminile.
Da questa matrice sarebbe sorto il
colossale errore del marxismo, ovvero il
rifiuto della categoria dell'oppressione
di sesso accanto a quella di classe, e il
misconoscimento della donna come
portatrice di futuro.
Le donne stesse, secondo Carla Lonzi,
avevano accettato di considerarsi "se-
conde", sulla scorta delle tesi dei grandi
"padri" del pensiero: Marx, Lenin, Freud.
La rivolta nasceva da questa constata-
zione, dall'esigenza di smascherare la
gerarchia dei sessi occultata dietro ogni
ideologia, di chiamare le donne a una
presa di coscienza più profonda, senza
rimandare la soluzione a un futuro
ideale dell'umanità. Oggi che quegli in-
gombranti padri del pensiero sono ca-
duti dai loro piedistalli, riascoltiamo il
lucido monito di Carla Lonzi: il futuro
ideale promesso dalle rivoluzioni degli
uomini non esiste. Possiamo però rivela-
re l'umanità presente, cioè noi stesse.
L'arte del femminismo dopo quarant'anni
Carla Lonzi
Eleonora Selvi
la ristampa delle opere 'della'
e 'sulla' Lonzi è occasione per
riflettere sull'attualità
del suo pensiero