Numero 2 del 2012
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Testi pagina 37
La primavera
che non
sboccia
Un anno dopo le rivolte,
un Rapporto
di Amnesty International
fa il punto sui (pochi) diritti
conquistati. E su quelli (tanti)
ancora violati
’ avevamo chiamata ‘Primavera araba’ assi-
stendo alle rivolte che in Medio Oriente ave—
vano acceso speranze di un futuro migliore per
le persone e per la democrazia. A distanza di
mesi la realtà racconta un’altra storia, ed è Amnesty In—
ternational a farcela conoscere in tutta la sua crudezza at-
traverso un rapporto recentemente diffuso: “Un anno di
rivolta. La situazione dei diritti umani in Medio Orien—
te e Africa del Nordâ€. Nel documento si sostiene che la
caduta dei regimi di Tunisia, Egitto e Libia non sono sta-
ti cementati dalle riforme istituzionali che dovevano evi—
tare il ripetersi di violazioni dei diritti umani che avve-
nivano in passato. Secondo le ricerche di Amnesty In-
ternational, in Egitto, ad esempio, “il Consiglio supremo
delle forze armate (Scaf) si è reso responsabile di una se-
rie di violazioni dei diritti umani per certi versi persino
peggiori di quelle dell’era di Mubarak. L’esercito e le for—
ze di sicurezza hanno violentemente soppresso le prote-
ste, causando almeno 84 morti negli ultimi tre mesi del
2011. Sono continuate le torture durante 1a detenzione
e le corti marziali hanno processato più civili in 12 mesi
che nei 30 anni precedenti. Alle donne sono stati inflitti
particolari trattamenti umilianti, con l’obiettivo di farle
desistere dalla protestaâ€.
In Tunisia la rivolta “ha prodotto significativi migliora-
menti sul piano dei diritti umani, ma un anno dopo sono
in molti a ritenere che il cambiamento stia procedendo
con troppa lentezzaâ€. Assai critica 1a situazione della Li-
bia, dove “nonostante le richieste del Consiglio nazionale
di transizione (Cnt) di evitare attacchi di rappresaglia, le
gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle forze osti-
li a Gheddafi sono state raramente oggetto di condannaâ€.
In Siria contro gli oppositori “l’esercito e i servizi segre-
ti si sono resi responsabili di uccisioni e torture che co-
stituiscono crimini contro l’umanità . Alla fine dell’anno
il totale dei morti in carcere era salito a oltre 200, ben più
di 40 volte 1a media annua per quel paeseâ€. Nello Yemen,
“lo stallo intorno alla presidenza del paese ha causato ul—
teriori sofferenze alla popolazione. Oltre 200 persone sono
state uccise nelle proteste e altre centinaia sono morte ne-
gli scontri armati. La violenza ha reso sfollate decine di
migliaia di persone, provocando una crisi umanitariaâ€.
Secondo Amnesty International “la risposta agli avveni-
menti de12011 da parte delle potenze internazionali e de—
gli organismi regionali quali l’Unione africana, la Lega ara-
ba e l’Unione europea, è stata incoerente e non ha sapu-
to cogliere la portata della sfida posta ai regimi repressi—
vi della regioneâ€. Philip Luther, direttore ad interim per
i1 Medio Oriente e l’Africa dei Nord di Amnesty Inter-
national ha dichiarato: “In tutta la regione i movimenti
di protesta, guidati in molti casi dai giovani e che hanno
visto le donne svolgere un ruolo centrale, hanno dimo-
strato di avere un’incredibile resistenza di fronte a una re-
pressione a volte furibonda e di non essere disposti a far-
si prendere in giro da riforme che modificherebbero poco
o nulla il modo in cui sono stati trattati dalla polizia e dai-
le forze di sicurezza. Questi movimenti vogliono cam-
biamenti concreti nel modo in cui sono governati e pre—
tendono che chi in passato ha commesso violazioni dei di-
ritti umani sia chiamato a renderne contoâ€. Purtroppo,
continua Luther, “il sostegno dei poteri mondiali alle po-
polazioni dei Medio Oriente e dell’Africa del Nord è sta-
to esemplarmente irregolare. Tuttavia, ciò che fa im-
pressione è che, con poche eccezioni, il cambiamento è
stato in larga parte ottenuto grazie agli sforzi delle per-
sone che sono scese in strada e non all’influenza e al coin—
volgimento delle potenze straniere. Le persone comuni
di tutta la regione non ci stanno a vedere fermata 1a loro
lotta per la dignità e la giustiziaâ€. Ecco, dunque, dove ri-
porre le speranze che il 2012 possa continuare il cammino
per l’autodeterminazione di quelle donne e quegli uomini.
E per democrazia in quella regione. I
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