Numero 4 del 2007
Al centro dell'attenzione
Testi pagina 36
aprile 2007 noidonne36
La pace che viene dal basso
Palestina
Giovanna Providenti
C'è una barzelletta che in terra di Pa-lestina tutti conoscono, sia ebrei che
arabi. Ce l'ha raccontata Shafiq Masal-
ha all'inizio del suo intervento all'incon-
tro tenutosi a Roma il 20 febbraio 2007
dal titolo "Semi di pace. Israeliani e pa-
lestinesi insieme in Italia per un dialogo
dal basso". Shafiq Masalha è uno psico-
terapeuta, esperto in traumi di guerra
su minori, e da anni lavora sui traumi
causati dalla guerra israelo-palestinese
aiutando entrambe le parti vittime del
conflitto.
La storiella spiritosa è questa: l'ar-
cangelo Gabriele va da un uomo che
abita a Gerusalemme e lo invita ad
esprimere un desiderio. L'uomo gli ri-
sponde chiedendogli di risolvere il con-
flitto arabo-israeliano. Ma l'arcangelo:
"Oh no, questo è davvero troppo diffici-
le, per favore chiedimi qualcos'altro".
L'uomo ci pensa un po' e poi dice: "allo-
ra voglio che tu faccia diventare mia
moglie obbediente". E Gabriele: "dammi
una cartina del Medio Oriente vediamo
quello che riesco a fare…".
Al di là del solito misoginismo e lin-
guaggio sessista, del resto riscontrabile
in moltissime facezie popolari racconta-
te nel pianeta terra, questa barzelletta
manda più messaggi e a vari livelli. In-
nanzitutto sta comunicando a chi vive
in Palestina che, nonostante il conflitto
che stanno vivendo sia un problema
molto grosso e quasi irrisolvibile, esisto-
no problemi più grossi, che possono toc-
care chiunque. A parte lo scopo conso-
latorio, una tale "verità" aiuta ad uscire
dalla gabbia della propria tragedia, del
proprio confine di guerra. Ma la barzel-
letta accostando una contesa tra popo-
li al conflitto privatissimo tra moglie e
marito, considerando quest'ultimo il più
complesso tra i due, ha anche la funzio-
ne di svelare altre "verità" normalmente
celate. Ci dice che nella relazione priva-
ta tra uomo e donna esistono dei con-
flitti talmente abnormi che persino l'ar-
cangelo Gabriele si rifiuta di provare a
gestirli o mediarli, e anche svela che se
non si riesce a risolvere i conflitti rela-
zionali intimi, si possono studiare map-
pe "del Medio Oriente" per provare a ri-
solvere conflitti tra popoli o tra Stati.
Ma soprattutto: c'è uno strettissimo
legame tra guerre "pubbliche" e contese
private. C'è una strettissima connessio-
ne tra la modalità usata da ciascuno di
noi per gestire i nostri conflitti privati e
la possibilità di trovare modalità alter-
native alla guerra. Per lo più i conflitti,
sia privati che pubblici, non sono 'gesti-
ti', bensì assecondati, tollerati o subiti:
si innalzano muri (o mariti e mogli, ex o
meno, che non dialogano più) squar-
ciando in due il comune territorio da
curare; si tende a negare il conflitto
dando più ragione-valore a una delle
due parti, negando la ragione-dolore
dell'altra.
L'alternativa a questo tipo di non-ge-
stione ci sarebbe: vivere diversamente
(separatamente se necessario) ma in pa-
ce, rispettando l'uno la vita dell'altro
pur popolando, e curando, lo stesso
"territorio" sia esso materiale o affettivo.
A questo proposito è interessante ri-
levare che uno scrittore israeliano della
statura di Amos Oz ha recentemente
chiesto a noi europei di astenerci dal
parteggiare e di iniziare a prendere una
chiara posizione a favore di un concre-
to processo di pace che gli abitanti di
quella terra, ebrei-musulmani-arabi-cri-
stiani-atei, anelano più di ogni altra co-
sa.
Un esempio di concreto processo di
pace esiste già. Anche se può sembrare
incredibile a noi ubriacati dalle notizie
solo negative tra giornalieri attacchi
dell'esercito e attentati kamikaze e trat-
tative fallite. Esiste nel quotidiano di
piccole azioni di pace sperimentate da
uomini e donne: ci sono arabi ed ebrei
che insieme curano il loro comune terri-
torio, formando scuole bilingui e bicul-
turali (come la scuola Galil a Gerusa-
lemme), cercando nuovi sistemi educa-
tivi e libri di testo che accolgano le esi-
genze dell'una e dell'altra cultura, e che
comprendano le tre religioni presenti nel
territorio. E quando sembra proprio im-
possibile trovare punti di accordo (ad
esempio sulla interpretazione della loro
storia dal quarantacinque ad oggi), c'è
sempre la possibilità di accostare le due
versioni. Come succede nei libri di testo
delle scuole biculturali di cui lo storico
Asher Salah, ci ha raccontato i retrosce-
na: l'idea era scrivere un libro "comune"
della storia della costituzione dello sta-
to ebraico e del conflitto israeliano-pae-
stinese, ma poiché non si è trovato ac-
cordo su una storia condivisa si è deci-
so, in accordo, di stampare un libro a
due colonne con uno spazio bianco in
mezzo. La scelta della "versione" non è
stata facile, dato che i palestinesi, fino
al 2001, hanno studiato su testi giorda-
ni e dato che non esiste un programma
scolastico unico in Israele, costellato da